Non avrebbero applicato le procedure tecniche corrette per trattare la frazione organica dei rifiuti conferiti che, al termine dell’intero processo di riciclo, manteneva le caratteristiche di rifiuto speciale non pericoloso e non di fertilizzante da destinare al mercato agrotecnico. È l’accusa nei confronti delle aziende e dei relativi titolari indagati nell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Bari che ha portato all’operazione ‘Bios’, condotta nel foggiano dalla Guardia di Finanza. Sette persone sono state sottoposte agli arresti domiciliari, altre nove devono rispettare l’obbligo dimora. Risiedono tutti nella provincia di Foggia. Eseguita anche una misura cautelare finalizzata alla confisca nei confronti di 4 società e di 22 persone fisiche, tutte della provincia di Foggia, per un ammontare di 26 milioni equivalenti al profitto illecito. Rispondono di reati ambientali inerenti al traffico di rifiuti.

Secondo l’accusa le società e le persone, a vario titolo, coinvolte avrebbero trattato abusivamente e in forma organizzata ingenti quantitativi di rifiuti speciali pari ad almeno 240mila tonnellate, conferiti da imprese campane, pugliesi e diversi enti locali, qualificandoli come ‘compost’ (ovvero un fertilizzante organico stabilizzato biologicamente, con buona dotazione di elementi nutritivi, ricco di sostanze umiche, di pezzatura definita, igienicamente sicuro, esente da semi vitali di infestanti) e smaltendoli illecitamente in terreni agricoli nella provincia di Foggia. Gli indagati avrebbero anche cercato di impedire o comunque intralciare l’attività di vigilanza e controllo ambientale con falsi documenti contabili e fiscali. Il profitto deriva dai compensi percepiti per la ricezione di rifiuti destinati al trattamento, nonché dal risparmio di spesa derivante dalla mancata attivazione delle corrette procedure di gestione dei rifiuti prescritte dalla legge.

Il giudice per le indagini preliminari ha accolto le tesi della Procura sui reati contestati e sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza che hanno reso necessarie le misure cautelari: arresti, obblighi di dimora e sequestri preventivi che hanno riguardato 255 terreni agricoli per una complessiva superficie di 353 ettari circa; 48 immobili; 4 complessi aziendali; quote societarie; conti correnti e depositi finanziari; beni mobili e beni mobili registrati. È stato infine disposto l’ulteriore sequestro ‘impeditivo’ dei beni impiegati per la realizzazione delle violazioni ambientali, consistenti in particolare in terreni e mezzi di trasporto e movimento, per un valore in corso di quantificazione e comunque non inferiore a 3 milioni di euro.

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