Siamo reduci dal 70esimo festival della canzone italiana. Un tripudio di testi su amori non corrisposti, drammi affettivi privati, intimismi sentimentali di ogni tipo. Metà della popolazione italiana attaccata allo schermo ha scelto di vedere Sanremo, eppure in nessuna di quelle canzoni è stato veicolato qualcosa che andasse contro il solito soggettivismo sfrenato.

Quell'”io”, “io”, “io” che nulla vede, che non realizza che il suo sé dipende dalle condizioni sociali, politiche e ambientali che lo rendono possibile, che si sente centro del mondo mentre tutti il resto non esiste. Tutto questo profluvio di sentimenti fine a se stesso l’ho sempre trovato soffocante, ma a maggior ragione mi è suonato grottesco in questi ultimi anni mentre il mondo intorno sta morendo (e noi con lui).

Per carità, non possiamo certo privarci dell’amore perché le temperature aumentano e i ghiacci si sciolgono, anzi ne abbiamo a maggior ragione bisogno. Ma c’è amore e amore. Perché senz’altro questa ossessione sul privato amoroso (e non), che poi è stata la caratteristica di alcuni decenni come gli anni Ottanta e Novanta (ma anche Sessanta e Settanta, se si intende l’affermazione dell’individuo sopra tutto), è proprio quello che ha causato la distruzione del pianeta.

Curvi sui nostri desideri, concentrati unicamente sulla ricerca delle nostre personali gratificazioni sentimentali e affettive, attenti solamente al nostro corpo fisico e ai suoi bisogni sessuali e di altro tipo, abbiamo del tutto dimenticato di far parte di un corpo più grande, al quale non abbiamo prestato nessuna attenzione. E che oggi è un malato cronico grave, probabilmente inguaribile.

Forse per questo la festa di San Valentino, peraltro puramente commerciale, ha perso ogni senso. Continua a celebrare stancamente l’amore trito e ritrito delle canzonette, appunto, senza sfiorare minimamente l’idea di un amore non egoistico che ricomprenda al suo interno anche l’attenzione al mondo e la sua cura. Eppure oggi questa festa si può rilanciare, come hanno fatto gli Extinction Rebellion, che proprio oggi a Roma si incontrano alle 16 in un evento dal nome “Love Your planet. Sei pronto a ribellarti per amore?”. “Ama il pianeta”: un bellissimo slogan per un San Valentino finalmente diverso, non consumista, non stereotipato, un San Valentino per tutti, ragazzini e anziani.

Amare il pianeta non è una cosa astratta, tutt’altro. In quest’epoca di passioni tristi, per citare un noto libro, non s’è mai vista tanta passione quanto quella dei ragazzi scesi in piazza a milioni nel mondo per manifestare il loro amore per quell’erba, quegli alberi, quei fiumi, quelle montagne che rendono possibile la loro stessa vita. Quanto sono lontani questi ragazzi dai baby boomers ripiegati su se stessi e sulla loro sessualità messa al centro del mondo. Quanto sono lontani dai nostri scrittori più noti, che ancora continuano a mettere al centro dei loro libri malinconiche storie d’amore chiuse nelle stanze, come se nulla ci fosse fuori, come se le condizioni fisiche di quegli amori fossero scontate. D’altronde, lo ha raccontato bene il film The Dreamers di Bertolucci: a un certo punto, il sesso chiuso in un appartamento non ha più senso, se fuori c’è la rivoluzione e le strade sono in fiamme.

E, allora, per questo San Valentino cambiamo prospettiva. Proviamo, appunto – è una provocazione, ovviamente – a spostare la nostra passione verso la cura del mondo, per nulla alternativa alla cura delle persone che amiamo. Trasformiamo l’ormai stanca festa degli innamorati in quella di chi prova sentimenti di amore verso la natura e tutto ciò che essa contiene e che va preservato contro il rischio tangibile della sua scomparsa, la meraviglia di un ruscello, di un bosco, della neve, cose che abbiamo dato per scontate e che purtroppo tali non sono.

Tanto più che solo così si capirà che in fondo amare il pianeta è davvero la forma più alta di amore verso se stessi e verso gli altri. E come potrebbe essere altrimenti visto che senza aria, acqua e cibo non potremmo vivere?

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