È del febbraio del 1979 la prima traccia lasciata dal flusso di denaro, circa 5 milioni di dollari, individuata dagli investigatori della Guardia di finanza delegata dalla procura generale di Bologna a indagare sui presunti finanziatori e mandanti della strage di Bologna, 85 morti e 200 feriti. L’analisi di documenti, anche a distanza di 40 anni dall’esplosione nella stazione, avrebbe portato a comprendere che i soldi sono indirettamente e a più riprese transitati da conti riconducibili a Licio Gelli e Umberto Ortolani, fino agli organizzatori e ai Nar, accusati in concorso con l’ex estremista di Avanguardia Nazionale Paolo Bellini.

Il filo nero che dal Maestro Venerabile della P2 passa dal cuore dello Stato e finisce agli estremisti di destra, passando da agenti dell’intelligence e faccendieri, assoldati per depistare le indagini, è stato rintracciato in una mole di atti e grazie anche alle indagini dei legali di parte civile. Ora non è più una suggestione ma una vera ipotesi investigativa: fu la loggia massonica Propaganda 2 a organizzare e finanziare la strage di Bologna. Se a “innescare” la bomba alla stazione ci sono state quattro menti: quelle Gelli, del banchiere e imprenditore suo braccio destro Ortolani, del potentissimo capo dell’ufficio Affari riservati del Viminale, Federico Umberto D’Amato, e del piduista senatore del Msi, Mario Tedeschi, per gli inquirenti era necessario individuare anche altri personaggi “ancora da identificare” come si legge nella chiusura indagine notificata ieri a quattro indagati. Un aiuto potrebbe arrivare dal video in Super 8, girato da un turista sul primo binario il 2 agosto 1980, poco dopo l’esplosione che ha già portato all’iscrizione nel registro degli indagati di Bellini, il cui proscioglimento era stato revocato e che adesso risponde di concorso con gli altri ex Nar condannati in via definitiva: Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini. Quest’ultimo condannato in primo grado il 9 gennaio scorso. In quei fotogrammi ci sono anche altri volti, di persone che potrebbero aver avuto un ruolo nel massacro. Tra gli accertamenti svolti su disposizione della Procura generale c’è stata l’analisi dalla Polizia Scientifica di Roma del filmato, con moderne tecniche di ripulitura e l’esito avrebbe confermato la somiglianza di Bellini con l’uomo che si vede nelle immagini. L’avviso di conclusione delle indagini è indirizzato anche all’ex generale del Sisde Quintino Spella e all’ex carabiniere Piergiorgio Segatel: sono accusati di depistaggio. L’amministratore del condominio di via Gradoli, a Roma, Domenico Catracchia risponde di false informazioni al pm.

“Secondo me la Procura generale di Bologna è stata tratta in inganno da un inquinamento che mi pare evidente: questa è una mia supposizione – dice l’avvocato Raffaello Giorgetti, storico legale di Licio Gelli, scomparso il 15 dicembre 2015 all’età di 94 anni – Premesso che non conosco gli atti ritengo che questa nuova ricostruzione sia frutto di grossi equivoci. Secondo me è impossibile arrivare a delle conclusioni e a una verità giudiziale dopo 40 anni. Ho molti dubbi. Secondo me la Procura generale di Bologna – dice all’AdnKronos – è stata tratta in inganno da un inquinamento che mi pare evidente: questa è una mia supposizione“.

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