Rischia di dovere lasciare il suo posto il procuratore generale di Catanzaro Otello Lupacchini per aver pesantemente criticato la procura guidata da Nicola Gratteri con riferimento all’operazione contro la ‘ndrangheta “Rinascita-Scott” che ha portato a 330 arresti. La Prima Commissione del Csm ha aperto nei suoi confronti la procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale. Secondo la Commissione avrebbe delegittimato pubblicamente l’operato di Gratteri. Lupacchini è stato convocato per lunedì prossimo al Csm.
“I nomi degli arrestati e le ragioni degli arresti – aveva detto Lupacchini – li abbiamo conosciuti soltanto a seguito della pubblicazione sulla stampa che evidentemente è molto più importante della procura generale contattare e informare. Al di là di quelle che sono poi, invece, le attività della procura generale, che quindi può rispondere soltanto sulla base di ciò che normalmente accade e cioè l’evanescenza come ombra lunatica di molte operazioni della procura distrettuale di Catanzaro stessa“. Dichiarazioni rilasciate a una emittente televisiva. Anche la parlamentare del Pd Enza Bruno Bossio, moglie di Nicola Adamo coinvolto nell’inchiesta, aveva usato parole durissime definendo uno “show” il blitz destinato a finire “in una bolla di sapone come il 90% delle sue indagini”, con un unico scopo: “colpire la possibilità di Oliverio di ricandidarsi”.In questo caso si trattava di un commento da cui aveva preso le distanze il Pd prima della sua cancellazione. A chiedere l’apertura della pratica a tutela di Gratteri erano stati i togati di Magistratura Indipendente e il laico del M5s Fulvio Gigliotti, quest’ultimo con riferimento solo al commento della parlamentare del Pd.
L’Anm aveva definito le dichiarazioni di Lupacchini “sconcertanti in sé e ancor più perché provenienti dal vertice della magistratura requirente del distretto“. Per l’Associazione Nazionale Magistrati ogni esternazione “che si risolva in una critica dei provvedimenti giudiziari, non argomentata e non fondata sulla conoscenza degli atti, rappresenta una lesione delle prerogative dell’autorita’ giudiziaria, una delegittimazione del suo operato, e può, nel caso di specie, implicare, in ragione del ruolo ricoperto da chi l’ha resa, un’inaccettabile forma di condizionamento dell’autonomia e indipendenza dei titolari delle indagini e incidere sulla serenita’ dei magistrati chiamati ad occuparsi dei relativi accertamenti nelle diverse fasi processuali”.