Invocata dai famigliari delle vittime e caldeggiata da più parti, è arrivata la costituzione di parte civile del ministero della Giustizia nel processo sulla valanga di Rigopiano, nella quale persero la vita 29 persone. Il dicastero guidato da Alfonso Bonafede ha deciso di prendere posizione nel procedimento sul depistaggio nei confronti dell’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo e altri 7 dirigenti pubblici.

Il ministero ritiene che la condotta dei dirigenti della Prefettura avrebbe leso l’immagine e il prestigio della giustizia, in quanto secondo i capi d’accusa “hanno pesantemente pregiudicato il funzionale e organico svolgimento dell’attività investigativa propria dell’autorità procedente”, come si legge sul’atto di citazione presentato al giudice per l’udienza preliminare Gianluca Sarandrea.

Il lavoro della magistratura sarebbe quindi stato ostacolato “costringendo gli uomini e i mezzi messi a disposizione dello Stato ai fini della ricerca della verità, ad un non previsto aggravio di impegno e di sforzo che ha finito con l’incidere gravemente sul raggiungimento da parte della Pubblica amministrazione degli altri obiettivi istituzionalmente curati dalla Pubblica amministrazione”.

Il depistaggio viene ipotizzato relativamente alla riunione effettuata al Centro operativo comunale di Penne il 24 gennaio 2017. Per quella vicenda sono indagati, insieme all’ex prefetto, Salvatore Angieri, Sergio Mazzia, Ida De Cesaris, Giancarlo Verzella, Giulia Pontrandolfo, Daniela Acquaviva. E sempre in relazione a quella riunione è stato ascoltato il giornalista del TgR Abruzzo Ezio Cerasi dal procuratore capo di Pescara, Massimiliano Serpi, e dal pm Andrea Papalia. Il cronista è stato sentito come persona informata dei fatti in relazione al servizio trasmesso dal telegiornale regionale della Rai il 20 novembre e poi acquisito dai carabinieri, insieme a un altro mandato in onda due giorni dopo.

Il servizio sulla tragedia di Rigopiano conteneva le rivelazioni dell’ex comandante provinciale dei vigili del fuoco, Vincenzo Palano, sulla riunione convocata dall’ex Prefetto di Pescara il 24 gennaio 2017, sei giorni dopo la tragedia. L’ex comandante, ora in pensione, aveva raccontato a Cerasi di un litigio avvenuto durante la riunione tra Provolo e Verna, di cui però non c’è traccia nel verbale. Nel servizio si faceva menzione di telefonate e brogliacci, ma al momento non è dato di sapere l’argomento della testimonianza del giornalista. Proprio Palano è stato ascoltato nei giorni scorsi dagli stessi procuratori sempre il relazione ai contenuti del servizio.

Cerasi da oltre un anno sta portando avanti un’inchiesta giornalistica che, in alcuni casi, ha anticipato gli accertamenti della magistratura. Già nell’ottobre 2018, come raccontò Ilfattoquotidiano.it, il TgR Abruzzo aveva rivelato dettagli sulla riunione nel Coc di Penne con una fonte anonima che raccontava: “Mi fanno entrare nel retrobottega del palazzetto, in un deposito con una catasta di acque minerali. C’era una segretaria che verbalizzava e stavano facendo un verbale su quello che era successo il 18. Insomma un vero e proprio tavolo tecnico operativo”.

Nel quale però di “tecnico” e “operativo” non c’è un bel niente, perché il briefing serve solo a ricostruire a posteriori una versione sulle ore precedenti la tragedia. E, raccontava la fonte alla Rai, c’era tensione, i toni sono accessi – come poi confermato da Palano – e “uno dei partecipanti a un certo punto si ribella e si rifiuta di sostenere una versione falsa dei fatti accaduti” nelle ore in cui scatta l’emergenza. Nei giorni successivi, sempre Cerasi, svelò come nei brogliacci del Posto di coordinamento avanzato di Penne, istituito dalla prefettura di Pescara per fronteggiare l’emergenza maltempo, c’era una richiesta di evacuazione dell’hotel Rigopiano avanzata da parte di Gabriele D’Angelo, una delle vittime. E proprio attorno a quelle telefonate ignorate continuano ad addensarsi le nubi.

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