Una domanda, come un pugno nello stomaco: “Vogliamo davvero restare nella storia come generazione di struzzi, che passeggiava mentre il mondo bruciava?”. All’apertura della Cop25, che si svolge a Madrid fino al 13 dicembre, parlando ai rappresentanti dei circa 200 Paesi firmatari dell’accordo di Parigi, tra cui circa 40 capi di stato e di governo, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres pone tutti davanti a un bivio, sottolineando che è tempo di scegliere di agire ore, mantenendo così la “speranza” di un mondo migliore o di rassegnarsi alla “capitolazione”. Il tempo è la parola chiave.

LE PAROLE DI GUTERRES – Guterres ha commentato i nuovi dati a disposizione, che mostrano come i gas serra hanno raggiunto livelli record. Se non si agisce subito contro il carbone “tutti i nostri sforzi per combattere i cambiamenti climatici – ha detto – sono destinati al fallimento”. Il segretario generale dell’Onu ha quindi esortato, in particolare, i grandi inquinatori a intensificare i loro sforzi altrimenti, ha spiegato, “l’impatto su tutte le forme di vita del pianeta, compresa la nostra, sarà catastrofico”.

GLI USA CONTRO IL RISCALDAMENTO, NONOSTANTE TRUMP – E a proposito di inquinatori, la leader della Camera degli Stati Uniti, Nancy Pelosi, intervenendo alla conferenza, ha dichiarato che il mondo può continuare a contare sul suo Paese contro il riscaldamento globale, nonostante la decisione del presidente Donald Trump di ritirarsi dall’accordo di Parigi. “Siamo qui per dire a tutti voi per conto della Camera e del Congresso degli Stati Uniti, che continuiamo a farne parte” ha annunciato. Pelosi e altri 14 membri del Congresso di Washington sono a Madrid, dunque, per spiegare che ampie parti degli Usa sono impegnate a perseguire gli obiettivi dell’accordo del 2015, così come lo è la maggior parte dei candidati democratici alla presidenza nelle elezioni del 2020. Le sue dichiarazioni hanno riscosso l’applauso dei presenti al forum. “Abbiamo una responsabilità morale verso le generazioni future, quella di lasciare loro questo pianeta in una situazione migliore” ha aggiunto, sottolineando di considerare “il cambiamento climatico come una questione di salute pubblica, una questione economica perché è la via alle nuove tecnologie verdi, e di sicurezza nazionale”.

IL RAPPORTO OXFAM – A Madrid è stato anche presentato il nuovo rapporto dell’Oxfam sulle catastrofi naturali alimentate dall’impatto del cambiamento climatico, che sono la prima causa al mondo di migrazioni forzate all’interno di Paesi spesso già poverissimi o dilaniati da conflitti. Negli ultimi dieci anni sono aumentate di 5 volte e hanno costretto oltre 20 milioni di persone ogni anno, una persona ogni 2 secondi, a lasciare le proprie case per trovare salvezza altrove. Il dossier rivela come cicloni, inondazioni e incendi hanno 7 volte più probabilità di causare migrazioni forzate rispetto a terremoti o eruzioni vulcaniche e 3 volte di più rispetto a guerre e conflitti. Un trend drammatico che pur non risparmiando nessun Paese – come dimostrano i recenti incendi in Australia o le inondazioni che nelle ultime settimane si sono riversate sull’Italia e su diversi stati europei – paradossalmente colpisce soprattutto i Paesi più poveri, che non hanno praticamente responsabilità sul livello di emissioni globali di CO2 in atmosfera. Tra i 10 Paesi più colpiti al mondo sette sono piccole isole. Basti pensare che, tra il 2008 e il 2018, il 5% della popolazione di Cuba, Dominica e isole Tuvalu – oltre 3 milioni di persone – ogni anno è stato sfollato a causa di eventi climatici estremi, anche se in media questi paesi producono solo un terzo delle emissioni inquinanti rispetto ad un qualsiasi Stato ad alto reddito. È come se una volta all’anno tre quarti della popolazione di Roma fosse costretta a lasciare le proprie case, per trovare scampo da uragani, cicloni, inondazioni o siccità durissime.

LE RESPONSABILITÀ – “Ue e Stati Uniti, secondo un recente studio promosso da oltre 100 organizzazioni tra cui Oxfam, sono responsabili da sole del 54% del costo danni causati dalla crisi climatica nel Sud del mondo” ha detto Elisa Bacciotti, direttrice delle campagne di Oxfam Italia. La conseguenza è che negli ultimi 10 anni i Paesi poveri hanno subito perdite economiche equivalenti al 2% del proprio reddito nazionale a causa del caos climatico, percentuale che può arrivare al 20% nei paesi più colpiti. “Per invertire questa tendenza è quindi essenziale che in occasione del summit di Madrid – ha continuato – i Governi si impegnino sul serio per fare la differenza, intervenendo in supporto dei paesi poveri, attraverso l’istituzione di un nuovo fondo per l’adattamento al cambiamento climatico”.

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