Dal controspionaggio per la sicurezza interna del Paese ad un incarico diplomatico a Mosca. Il primogenito del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, Mahmoud, è pronto a cambiare giacca e incarico, secondo quanto rivelato dal sito di notizie anti-regime Mada Masr. Il report pubblicato mercoledì rivela una serie di retroscena e ha il supporto di diverse conferme, tra cui quelle di alcuni funzionari del Gis, il Servizio centrale di Intelligence del Cairo. Il trasloco di Mahmoud al-Sisi dalle stanze segrete del principale pezzo del mukhabarat (il termine arabo per indicare i servizi segreti) egiziano a un prestigioso alloggio dell’ambasciata moscovita sarebbe previsto per i primi mesi del 2020 e potrebbe avere una durata piuttosto lunga, si parla addirittura di anni.

Nello specifico, al-Sisi junior dovrebbe essere nominato inviato speciale della missione diplomatica a Mosca. I rapporti tra Russia ed Egitto e tra gli stessi Putin e al-Sisi, non è un segreto, sono ottimi e prevedono la massima collaborazione, tra cui l’impegno univoco nel supporto al generale Khalifa Haftar sul fronte libico. Promozione o bocciatura per il prediletto del generale? I bene informati supportano con forza la seconda tesi, ossia la conferma di un fallimento durante il suo recente operato. Per la precisione, la sua presunta incapacità nell’affrontare e arginare le reazioni successive alla pubblicazione del video-denuncia dell’imprenditore/attore Mohamed Alì, esiliato a Barcellona e tra i principali oppositori del regime. In quei frame Alì attacca il sistema corruttivo creato da al-Sisi e dalla sua cricca e invita i suoi connazionali a ribellarsi, a scendere in piazza. Cosa poi puntualmente avvenuta il 20 settembre scorso, lo sprazzo di libertà che ha molti ha ricordato i venti rivoluzionari di piazza Tahrir nel gennaio 2011.

Quel venerdì sera – giorno della preghiera nell’Islam – una folla composta da migliaia di persone scese in strada nel cuore della capitale, con la polizia e i militari colti di sorpresa. La reazione è stata durissima, con oltre 4mila arresti ordinati dal governo, in larga parte attivisti, avvocati e giornalisti, e da allora le manifestazioni non si sono più ripetute. Quella macchia, tuttavia, il non aver saputo limitare i danni, potrebbe aver pesato nel curriculum di Mahmoud al-Sisi, al punto da spingere il padre a spostarlo ad altro incarico.

Non sarebbe il primo siluramento da parte del regime nei confronti dei suoi pezzi da novanta dell’intelligence. L’anno scorso al-Sisi ha rimpiazzato il capo del Gis, Khaled Fawzy, con Abbas Kamel e nel 2017 aveva rimosso Mahmoud Hegazy, il suo capo militare. Mahmoud è attivo nel Gis dal 2015 e con lui c’è anche il fratello minore, Hassan (al-Sisi ha anche un altro figlio, Mustafa, e una figlia, Aya). Sui due sarebbero state sollevate diverse voci a proposito di un loro coinvolgimento nel rapimento, nelle torture e nell’assassinio di Giulio Regeni, il cui cadavere fu ritrovato ai margini dell’autostrada Cairo-Alessandria la mattina del 3 febbraio 2016. Lo scontro tra pezzi degli apparati dell’intelligence egiziana sarebbe alla base dell’inchiesta avviata dalle procure di Roma e del Cairo, ma mai giunta a una conclusione. E tra poco più di due mesi sarà tempo dell’anniversario numero quattro dell’omicidio.

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