Ancora un’inchiesta Il boss latitante Matteo Messina Denaro, indicato semplicemente come “Iddu”, potrebbe essersi fatto accompagnare nella stazione di Trapani a bordo di una Mercedes da uno dei suoi favoreggiatori. Il particolare emerge dall’inchiesta della Dda di Palermo, dal Ros dei carabinieri e dal Gico della Guardia di Finanza, che ha portato all’arresto di tre presunti narcotrafficanti. Gli investigatori hanno intercettato l’ex avvocato Antonio Messina, anziano massone radiato dall’albo per i suoi precedenti, mentre parlava con Giuseppe Fidanzati, che risulta solo indagato. Si tratta di uno dei figli del boss dell’Acquasanta, Gaetano Fidanzati, oggi deceduto, che aveva fatto di Milano la base operativa dei traffici di droga. Anche il figlio del capo mafia ha scontato una condanna per traffico di droga. I due facevano riferimento ad un “ragazzo” di Castelvetrano, identificato in Francesco Guttadauro, nipote del cuore del padrino latitante, che era stato arrestato. In particolare Fidanzati ricordava di un incontro avvenuto alla stazione di Trapani con “Iddu” (lui ndr) che si era fatto accompagnare a bordo di una Mercedes da un certo “Mimmu”. Non è chiaro se “Iddu” sia riferito a Guttadauro o, come invece sospettano gli investigatori, al superlatitante Messina Denaro.

Gli arrestati sono appunto l’ex avvocato, 73 anni, che viveva ormai a Bologna, ai domiciliari per ragioni d’età; in carcere Giacomo Tamburello, di 59 anni, e Nicolò Mistretta, di 64. Sono tutti originari di Campobello di Mazara e con numerosi precedenti per traffico di droga. Secondo gli inquirenti avrebbero importato grosse quantità di hashish sulla rotta Marocco-Spagna-Italia. Mistretta percepiva dallo scorso aprile il reddito di cittadinanza, il sussidio era di 500 euro al mese. L’uomo non aveva un’occupazione ufficiale. Le vecchie sentenze di condanna del 1998 e del 2001 non precludono la concessione del reddito. Adesso i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria stanno indagando anche su quest’aspetto e verificare se alla luce della sua condizione patrimoniale avrebbe potuto fare richiesta del sussidio. Numerosi i sequestri effettuati a partire dal 2013: in particolare oltre 240 chilogrammi di droga, destinati alle piazze milanesi dello spaccio, furono intercettati a Carate Brianza; un’altra “partita” di 180 chili fu ceduta a clienti di origine calabrese, mentre un carico di 60 chili fu sequestrato nel 2015 in Toscana. La vendita della droga avrebbe fruttato sul mercato al dettaglio circa un milione e mezzo di euro.

Ai tre arrestati è contestata l’associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti che ha operato sotto l’egida di Cosa nostra siciliana e appunto all’ombra del boss. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere emesso dal gip è stata eseguita da carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani e da militari del Gico del nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Palermo. Agli atti dell’inchiesta una fuga di notizie, nel 2013, durante la trattativa per l’acquisto di una grossa partita di droga tra due degli arrestati. “La trattativa subiva tuttavia un arresto improvviso – scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare – e ciò a causa di una fuga di notizie a favore di Giacomo Tamburello (arrestato oggi ndr), messo in allarme circa l’esistenza di indagini nei confronti suoi e degli altri sodali” come emerge dalle intercettazioni registrate il 2 ottobre 2013. Emerge, dunque, come scrive il gip, che “Tommaso Saladino, appartenente alla Polizia di Stato in servizio presso un Commissariato della provincia milanese, avendo ricevuto una nota con cui la Guardia di Finanza di Palermo chiedeva informazioni sugli indagati, aveva tempestivamente informato Maurizio Sorrentino e Antonio Messina che immediatamente avevano informato Giacomo Tamburello”. Per questi fatti la Procura di Milano ha proceduto separatamente.

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