In meno di un anno è passato da avere solo pochi consiglieri regionali a 52 seggi in Parlamento. Vox, il partito di destra nazionalista spagnolo, guidato da Santiago Abascal ha compiuto quella che il fondatore definisce “l’impresa più veloce della democrazia spagnola“. Un partito nato dalla scissione dei più conservatori dal Partido Popular, quando la Spagna era ancora in piena epoca bipartitista e i voti si dividevano principalmente tra i socialisti del Psoe e il Pp: era il 2013 quando due deputati, il basco Abascal e il catalano Alejo Vidal-Quadras, lasciarono il partito in polemica per i casi di corruzione che stavano travolgendo il partito e per la posizione ritenuta troppo blanda verso la questione catalana del leader Mariano Rajoy, che definiva la crisi come un soufflé che si sarebbe smontato da solo. “La Spagna ha sempre avuto un elettorato di destra: prima il Partido Popular abbracciava le diverse anime della destra dai liberali ai post franchisti”, spiega Steven Forti, professore italiano di storia contemporanea dell’Università Autonoma di Barcellona.

L’auge della destra nazionalista è una tendenza in linea con gli altri Paesi europei, che non sembra destinata a smontarsi in fretta e ha beneficiato del crollo dei voti del partito di centrodestra Ciudadanos e in misura minore dei conservatori del Partido Popular. “E’ difficile che i votanti di Vox decidano di cambiare partito – sottolinea Forti – perché i fattori che hanno fatto crescere il loro elettorato non sono di facile soluzione, come la crisi catalana o la fine dell’instabilità politica, visto che la vittoria risicata del Psoe alle elezioni apre una stagione politica di profonda incertezza. Sembra che Vox sia entrato nel panorama politico per restare”.

Le ragioni che hanno portato al successo di Vox in pochi anni, continua il professor Forti, intrecciano la Catalogna con l’Andalusia. “Dopo vari tentativi elettorali erano dati per spacciati. Durante le regionali dello scorso anno in Andalusia le destre spagnole, Pp e Ciudadanos l’hanno legittimato, siglando un accordo di governo con Abascal a Siviglia. In questo modo Vox ha guadagnato visibilità e ha radicalizzato il discorso di tutta la destra”, spiega Forti, ripercorrendo la storia recente del partito. Si tratta di anni tormentati per la politica spagnola, tanto che secondo l’ultimo sondaggio del Centro di Investigazioni Sociologiche, la politica è la seconda maggior preoccupazione della cittadinanza, dopo la disoccupazione e davanti a temi come sanità e educazione.

Una sfiducia che ha pesato molto in queste elezioni e che s’intreccia con l’inasprimento della crisi catalana. L’autunno 2017 si è rivelato cruciale con il referendum che ha portato alla dichiarazione d’indipendenza, gli arresti dei leader politici catalani, fino alla sentenza che un mese fa li ha condannati a pene tra 9 e 13 anni di detenzione e le successive proteste. “Le immagini dei cassonetti bruciati a Barcellona hanno fatto il giro della Spagna e hanno favorito il partito con la posizione più intransigente“, spiega Forti, “Vox chiede la fine delle autonomie, il commissariamento della Catalogna e la detenzione anche degli attuali leader indipendentisti”.

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