Rossella ha due anni e non lo sa. Che l’ara di Spix, il pappagallo blu del film Rio, probabilmente non vola più nella foresta brasiliana già da 20 anni e che l’ultima speranza di vedere quell’esemplare in Amazzonia è riposta in una sessantina di uccelli in cattività. Gli hanno ridotto l’habitat, minacciato da disboscamento e agricoltura non sostenibile. Se Rossella e i suoi piccoli amici lo sapessero, non riuscirebbero a trattenere le emozioni. Troppo piccoli, i più giovani del terzo ‘Global strike’ la manifestazione sul clima organizzata dal movimento Fridays for Future, alla quale oggi partecipano centinaia di migliaia di persone. Due i cortei a Milano, la mattina quello degli studenti, liceali e universitari, nel pomeriggio quello aperto a tutta la cittadinanza. I ragazzi, che chiedono giustizia climatica e sociale, si sono ritrovati in largo Cairoli e poi hanno marciato alla volta di piazza Duomo.

Ed è proprio qui che i piccoli dell’asilo nido La Giocomotiva, insieme a quelli dell’associazione ‘Bambini e Natura’ hanno potuto, seguiti da mamme e papà, raggiungere educatrici ed educatori. Appuntamento già alle 10, ai piedi del monumento a Vittorio Emanuele II. E ce l’hanno fatta, nonostante lo sciopero dei mezzi Atm. Tanta emozione, per qualche bambino è stata comprensibilmente la prima volta, altri sono già veterani dello sciopero del venerdì. Circondati da migliaia di persone, molti giovanissimi come quella Greta, la biondina, che mamma e papà hanno visto alla tv. Mentre un gruppo di ragazzi, in attesa del corteo, ha intonato cori e mostrato striscioni chiedendo più attenzione per l’ambiente e ricordando che “non c’è un planet B”, i bambini hanno sventolato piccole bandiere preparate per l’occasione, disegnato fiori e animali con i gessetti e hanno fatto il girotondo intonando “salviamo la terra, salviamo la terra, tutti giù per terra”. Per loro è stata una festa. Ed è giusto sia così. Poi hanno raggiunto il corteo che, nel frattempo, è arrivato all’altezza di Piazza della Scala. Un tappeto di striscioni salutato con le piccole bandierine sventolanti. Da un lato gli adolescenti, pieni di domande e di accuse (“chissà come mai, i soldi per l’ambiente non ci sono mai”), dall’altro la leggerezza dell’infanzia.

La foresta in fiamme, i ghiacciai nell’Artico che si sciolgono e quello più vicino del Monte Bianco che scivola ogni giorno di decine di centimetri non possono essere già fonte di preoccupazione. Finché c’è Masha e Orso, a tutto c’è rimedio.

Forse questi bambini non sapranno cosa si intende per cambiamento climatico, né perché è così tanto importante che la temperatura media della terra non aumenti di più di 1,5 °C, però qualcosa lo hanno già imparato. Che la natura si rispetta, che lo smog fa venire la tosse e che gli alberi si piantano e non si abbattono. A due anni o giù di lì non è affatto poco. All’inizio dell’anno, davanti all’ennesimo disastro ambientale che la scorsa estate ha devastato ettari ed ettari di Amazzonia, la Giocomotiva ha deciso di aderire all’appello lanciato dal regista cileno Alejandro Jodorowsky e, in tutte le sedi, è stato piantato un albero per contribuire al riequilibrio della tragedia amazzonica. Ogni giorno uno dei pargoli indossa il camice e fa il giardiniere. Quello è il suo turno. C’è da chiedersi se, quando arriverà per davvero il loro turno, questi bambini faranno in tempo.

Ed è per questo che mamme e papà questa mattina hanno deciso di accompagnarli in questa battaglia, la prima e la più importante. Valentina ha accompagnato Pietro, 9 mesi: “Sono venuta per lui e per i bambini come lui, perché dobbiamo fare di tutto per invertire la rotta”. Valentina ha un altro bambino, di 7 anni. “Anche lui – racconta – ha già manifestato con la scuola. Sono felice che oggi ci sia un coinvolgimento maggiore su questi temi rispetto al passato. Si è fatto finta di nulla per troppo tempo”. Bianca ha due anni ed è alla manifestazione con la mamma Anna. “Credo sia importante sensibilizzare questi bambini fin da piccolissimi – dice – perché sono convinta che loro già stanno maturando un personale rapporto con la natura e questo li aiuterà nella vita a fare le scelte più giuste”. Diana ha raggiunto il corteo con mamma Lara e papà Alfio, che per lei vogliono solo una cosa: “Vorremmo che vivere in città non dovesse per forza significare fare i conti con lo smog”. Impossibile? “Non è vero – ribattono – si può, si può evitare di prendere l’auto e andare in giro, si possono concepire più spazi verdi, si può bere l’acqua nelle bottiglie di vetro, si possono comprare al supermercato i prodotti sfusi. Molte cose si possono fare e, per non sbagliare ancora, possiamo insegnarle già ai nostri figli”.

Di certo, il ‘Global strike’ guardato con i loro occhi ha un altro sapore. Perché questi sono i bambini a cui davvero potrebbe non rimanere più nulla. Eppure nessuno di loro sente di rischiare qualcosa. Nessuno può immaginare quanto sia immenso (e bello) il patrimonio in gioco. D’altro canto, il fatto che dal podio delle Nazioni Unite, nel corso del summit sul clima che si è appena concluso a New York, il leader brasiliano Jair Bolsonaro abbia ribadito il diritto sovrano a gestire la questione Amazzonia come meglio crede, perché “l’Amazzonia non è patrimonio dell’umanità” e gli incendi “non sono così pericolosi da temere il peggio” è segno che la piena consapevolezza è qualcosa che non manca solo a questi bambini. Solo che questa scomoda eredità è tutta loro. E, al contrario dei ragazzini più grandi che ancora potrebbero cambiare le sorti di questo pianeta malato, Rossella e i suoi piccoli amici rischiano di non avere neppure questa possibilità. Di vedere l’Amazzonia, i ghiacciai, molte aree tropicali, l’Indonesia così come le abbiamo conosciute noi. Di vedere l’incanto di Venezia. A loro potrebbe toccare un altro mondo. Lo scarto. Questo oggi, però, non lo sanno.

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