La Corte Suprema del Regno Unito ha dichiarato il caso della sospensione del Parlamento da parte del Primo Ministro “giurisdizionabile“, di sua competenza: la prorogation può dunque essere oggetto di una decisione giudiziaria. I giudici supremi hanno così bocciato la decisione della High Court inglese e accolto la decisione della Inner Court della Court of Session scozzese.

Il caso portato alla Corte Suprema, come ha sempre tenuto a sottolineare la Presidente, Lady Hale, riguardava la sospensione (prorogation) del Parlamento e non la Brexit. Nel Regno Unito i tribunali sono sempre molto restii ad occuparsi di casi con risvolti politici ma, scrivono i supremi giudici, “anche se le corti non possono giudicare questioni di carattere politico, il fatto che una una disputa legale riguardi la condotta dei politici o tragga origine da una controversia politica non è mai stata ragione sufficiente per impedire ai tribunali di prenderla in considerazione. Quasi tutte le decisioni importanti dell’esecutivo hanno una sfumatura politica, eppure, per secoli, le corti hanno esercitato la supervisione giurisdizionale sulle decisioni dell’esecutivo. In questo senso, molte delle dispute costituzionali della nostra storia hanno avuto aspetti politici”.

La supervisione della Corte, in quest’ultimo caso, riguardava i limiti del potere dell’esecutivo nel suggerire alla regina di sospendere il Parlamento e nella conseguente sospensione. Secondo la Corte, la sovranità del Parlamento, che è il principio su cui si basa la Costituzione, sarebbe messa in pericolo se l’esecutivo, tramite l’uso delle proprie prerogative, impedisse al Parlamento, per un tempo imprecisato, a suo piacimento, di esercitare il potere legislativo e il controllo sull’esecutivo.

La Corte non dice quanto debba durare una sospensione, dice solo che, in assenza di validi motivi, non deve durare tanto da impedire al Parlamento di svolgere le sue funzioni costituzionali. Nel caso preso in considerazione, non essendo stata presentata dal governo una sola buona ragione per sospendere il Parlamento per ben cinque settimane, i giudici erano tenuti a concludere che la decisione era illegale in quanto impediva i normali lavori del Parlamento senza una ragionevole giustificazione.

Ma se la “prorogation alla Johnson” è illegale, come si deve considerare il Parlamento in questo momento? Sospeso oppure no? Secondo il governo i giudici non possono dare una risposta a questa domanda e dichiarare la sospensione nulla e invalida perché farlo sarebbe contrario all’articolo 9 del Bill of Rights del 1688 secondo il quale “La libertà di parola e di discussione o le attività del Parlamento (proceedings in Parliament) non possono formare l’oggetto di accuse o contestazioni in nessun altro luogo o tribunale fuori dal Parlamento” e ricadono nella sua exclusive cognisance, cioè nella sua giurisdizione esclusiva. La prorogation, si dice, è un proceeding in Parliament, che non può essere messo in dubbio o contestato nei tribunali ordinari e non lo è di conseguenza neppure l’attività che l’ha originata, l’ordine dell’esecutivo.

Tuttavia l’espressione proceedings in Parliament è già stata oggetto delle attenzioni della Corte Suprema nel 2011, quando venne richiesta la sua interpretazione nel caso di alcuni parlamentari accusati di avere gonfiato le loro note spese per ottenere rimborsi non dovuti. I furboni sostenevano il loro diritto a non subire un processo nei tribunali ordinari e a venire invece giudicati dalle rispettive Camere di appartenenza, in quanto la presentazione delle note spese si sarebbe dovuta considerare proceeding in Parliament, attività parlamentare protetta dall’immunità. La Corte Suprema all’unanimità decise che non lo era, stabilendo che i limiti dell’immunità parlamentare vanno interpretati dalle corti e non dal Parlamento e che l’articolo 9 riguarda solo “la libertà di parola e di discussione nelle Camere e nelle commissioni parlamentari dove si svolge la funzione essenziale del Parlamento”.

Dunque, neppure la prorogation, hanno scritto ieri i giudici, può essere ragionevolmente definita un proceeding in Parliament. Non è certo una decisione delle Camere. Al contrario: è qualcosa che viene loro imposto dall’esterno. Non è qualcosa che i membri del Parlamento possono discutere o votare. Non rappresenta una funzione essenziale del Parlamento. Al contrario: pone provvisoriamente fine alle sue funzioni essenziali. L’articolo 9 non preclude quindi alla Corte di valutare la validità della prorogation e la Corte ritiene che essa non sia valida perché, se il consiglio alla Regina era illegale, se eccedeva i poteri del Primo Ministro fornire quel consiglio, allora il consiglio era nullo e privo di effetti e, di conseguenza, anche l’ordine di sospensione, basandosi su un presupposto nullo, andava considerato illegale e privo di effetti.

Saggiamente la Corte si è fermata a queste dichiarazioni, non ha firmato nessun ordine o ingiunzione per riconvocare il Parlamento: “Per noi il Parlamento non è mai stato sospeso ed è compito del Parlamento decidere i prossimi passi… A meno che non esista un regolamento parlamentare che dica il contrario e di cui noi non siamo a conoscenza, gli speaker delle Camere possono attivarsi immediatamente per far sì che queste si riuniscano al più presto e decidano come procedere nel prossimo futuro. Questa sì sarebbe un’attività parlamentare che non potrebbe essere contestata in nessuna Corte”.

Così i giudici hanno dichiarato concluso il loro lavoro (almeno per ora): il pallino torna adesso nelle mani della politica.

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