Per trovare la materia prima per gli ordigni da piazzare davanti agli esercizi commerciali da taglieggiare usavano anche i ragazzini: la cosca li mandava a comprare giochi pirotecnici da cui prendere la polvere da sparo. E’ uno degli aspetti emersi dall’operazione della Dda di Catanzaro, coordinata dal procuratore Nicola Gratteri, che ha portato all’arresto di 28 persone tra affiliati e contigui alla cosca Cerra-Torcasio-Gualtieri.

Sono stati usati anche minorenni che avevano il compito di acquistare giochi pirotecnici da cui prendere la polvere da sparo che poi doveva essere usata per la confezione di ordigni da piazzare davanti agli esercizi commerciali da taglieggiare. I reati contestati sono associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di droga ed estorsioni ai danni di commercianti e imprenditori di Lamezia Terme.

Tutti sono stati destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Francesca Pizzini su richiesta del procuratore Gratteri, dell’aggiunto Vincenzo Capomola e del sostituto Elio Romano. I pm hanno iscritto nel registro degli indagati 50 persone. I vertici della consorteria mafiosa si trovavano già in carcere perché coinvolti in altre due inchieste che hanno gemmato l’indagine che ha portato all’operazione di oggi.

Ma anche dal carcere i boss comandavano il territorio di Lamezia. Secondo il gip, infatti, “hanno proseguito nella perpetrazione dei propri scopi criminali anche e soprattutto impartendo direttive dall’interno del luogo di reclusione così dimostrando tutta la loro pervicacia delinquenziale e descrivendo altresì un ambiente soggettivo di riferimento vasto e solidale”.

L’indagine “Crisalide 3” è stata la continuazione duell’attività investigativa iniziata con “Crisalide 1” e “Crisalide 2”. Per Gratteri, i Cerra-Torcasio-Gualtieri sono una “cosca agguerrita”. “L’indagine – ha aggiunto – ha riguardato famiglie storiche di mafia di serie A“.

Tra gli arrestati c’è anche Antonio Grande, di 37 anni, già condannato per detenzione di armi e fino a ieri sottoposto all’obbligo di firma. Dopo l’arresto dei boss nelle precedenti inchieste aveva il compito di “raccogliere a titolo estorsivo, presso alcuni commercianti del Lametino, il denaro necessario per sostenere la vita carceraria di Ottorino Raineri”. Quest’ultimo, indagato, viene definito nell’ordinanza di custodia cautelare come il “soggetto posto al vertice della consorteria”. In carcere è finita anche la sua fidanzata Francesca Falvo che si occupava di “mantenere ‘vivi’ e ‘operativi’ i rapporti tra Ottorino e gli altri affiliati rimasti liberi”. In sostanza la donna era “l’anello di congiunzione” che provvedeva pure “al sostentamento della vita carceraria di Ottorino Raineri ricevendo da quest’ultimo precise imbasciate estorsive che la donna veicolava all’esterno delle case circondariali recapitandole ai commercianti vessati”. I pizzini, infatti, uscivano dal carcere nascosti all’interno di borsoni di biancheria da lavare che la Falvo ritirava prima di recapitare i messaggi agli altri associati.

Come sottolinea il procuratore aggiunto Capomolla “le cosche colpite oggi sono già state destinatarie di altre indagini e varie condanne. La cosca Cerra-Torcasio-Gualtieri, nonostante diversi arresti subiti al vertice, ha perpetuato un controllo illecito del territorio. Sono sopraggiunte nuove leve, impiegate in una massiccia attività estorsiva e intimidatoria”.

Fondamentale, come ha spiegato il colonnello dei carabinieri Massimo Ribaudo, il contributo delle parti offese. Pure a Lamezia Terme, insistono gli inquirenti, “si può fare impresa in maniera libera e senza l’oppressione che per anni ha caratterizzato buona parte della città nell’esercizio dell’attività economica”.

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