LE BUGIE – Intanto i minuti passavano. La Leosini, attenendosi alla versione di Ciontoli (che gli inquirenti non escludono possa mentire ancora, ndr) ricorda il presunto ruolo di Federico che, entrato nel bagno, avrebbe trovato il bossolo. Ciontoli racconta: “Mi ha imposto di chiamare il 118”. Cosa avvenuta dopo 51 minuti dal colpo, ma agli operatori Ciontoli ha continuato a mentire, dicendo che il ragazzo si era ferito cadendo dalla vasca e bucandosi con un pettine a punta. Una telefonata drammatica, durante la quale si sentivano la voce di Marco e le sue urla di dolore. “Lei al 118 dà informazioni devianti, sbagliate. Quando parla di stupidate – commenta la Leosini – io mi permetto di correggerla, altro che stupidate”. “Io mi vergogno per quello che ho fatto – è la risposta – non riesco a perdonarmi, come posso chiedere agli altri di farlo. Sto aspettando di pagare anche legalmente”. Si torna al racconto, per ricordare che quelle bugie hanno fatto sì che sul posto arrivasse un’ambulanza con codice verde, con a bordo infermiera e autista barelliere. Ossia senza un medico che potesse rendersi conto di ciò che era davvero accaduto a Marco. “Anche all’infermiera – ammette Ciontoli – ho detto questa cosa orrenda del pettine”. Nel frattempo i genitori di Marco non sono mai stati chiamati, se non quando il figlio era già in ospedale. Non solo: al medico del Pronto soccorso Ciontoli ha sì spiegato che gli era partito un colpo, ma ha anche chiesto invano di “non far uscire la cosa”, visto che lavorava alla presidenza del Consiglio. Marco morirà alle 3.10, a 4 ore dallo sparo. Quattro ore di bugie.

 

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