Per le Nazioni Unite sono “una serie di passi avanti per promuovere la trasparenza generale a livello governativo”. Il Consiglio d’Europa parla di “progressi nella prevenzione e nel sistema giudiziario“. Transparency International, invece, si esprime con numeri e classifiche: 53esimo posto nel mondo per indice di percezione, due punti in più guadagnati in un anno e diciannove posizioni scalate dal 2012. Tre indizi che fanno una prova: nella lotta alla corruzione l’Italia non è più la Cenerentola del mondo. Attenzione: non siamo ancora ai livelli di Danimarca e Nuova Zelanda, tutt’altro. Ma i giudizi espressi negli ultimi sei mesi dalle più autorevoli organizzazione internazionali del settore sono molto diversi dalle sonore bocciature precedenti. Una sorta di maglia nera della lotta alla corruzione alla quale Roma era praticamente abbonata. Prima di analizzare gli ultimi dossier va, però, fatta una precisazione: le promozioni non devono essere confuse con la “scomparsa della corruzione” in Italia, sempre saldamente presente come dimostrano arresti e inchieste. I rapporti di Onu, Greco e Transparency, al contrario, misurano l’efficacia delle leggi varate dai nostri governi per combattere la corruzione.

La promozione dell’Onu: “Passi avanti sulla trasparenza” – L’ultimo report in materia è quello della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione. Si tratta del secondo rapporto periodico sul nostro Paese: dodici pagine in cui si riconoscono “una serie di passi avanti” intrapresi “per promuovere la trasparenza generale a livello governativo e l’uso di dati aperti per esempio sulla trasparenza delle informazioni sugli appalti”. L’organizzazione con sede a New York dedica ampie parti del suo rapporto all’Anac che oltre ad “avere responsabilità significative riguardo trasparenza, integrità, piani anticorruzione e sviluppo di codici di condotta integrati per le singole amministrazioni pubbliche amministrazione, è responsabile della supervisione degli appalti pubblici e contratti”. Positiva è dunque la gestione degli appalti pubblici, ma anche la legge Severino varata dal governo di Mario Monti, che però non è mai citata direttamente dal rapporto. “Pur non influenzando la candidatura o l’elezione, l’Italia ha stabilito casi di ineleggibilità, incompatibilità  su un mandato parlamentare”. Disco verde anche “al sistema per fornire maggiore trasparenza nel finanziamento di candidati e dei partiti politici”. Su quest’ultimo punto, però, l’Onu avverte: “L’Italia è recentemente passata da finanziamenti pubblici a finanziamenti puramente privati ​​per elezioni e partiti. Ciò metterà più a dura prova il corretto funzionamento dei sistemi di trasparenza”. In questo senso le Nazioni Unite invitano il nostro Paese a “monitorare l’impatto della transizione dal finanziamento pubblico a quello privato a partiti e candidati. E se li rende più vulnerabili al lobbismo e influenzare e intraprendere azioni correttive secondo necessità”. 

La lista: cosa va bene per l’Onu – Alla fine del suo report, l’Onu stila una sorta di lista dei promossi e bocciati: e cioè i “successi e le buone pratiche” del nostro Paese nella lotta alla corruzione e le raccomandazioni per il futuro. Tra le prime, viene menzionato l’obbligo per ogni ente di “designare un responsabile della prevenzione della corruzione” e  “sviluppare un piano triennale per la prevenzione della corruzione in conformità con il piano nazionale anticorruzione”. Positivo è il giudizio sul “Tavolo interistituzionale di Coordinamento Anticorruzione, che collabora anche con la società civile e il settore privato”, i rapporti con “l’Ocse, attraverso le esperienze con Expo 2015“, definito “un modello per gestire gli appalti di grandi dimensioni” e “un solido quadro per l’accesso alle informazioni e l’attuazione della legge sulla libertà di informazione”.

Cosa non va: Conflitti d’interesse e toghe in politica –  Tra i suggerimenti, invece, si suggerisce di “scaglionare la nomina dei membri dell’Anac per evitare la sostituzione completa del Consiglio ogni sei anni”, “adottare la dichiarazione di conflitto d’interesse e incompatibilità vincolante per i funzionari pubblici”, “stabilire codici di condotta generali applicabili a tutti i funzionari pubblici, compresi i membri del Parlamento”,  “continuare a garantire che la legislazione fornisca misure efficaci, proporzionate e sanzioni dissuasive per tutti i casi di falso in bilancio, e che tali periodi di prescrizione siano sufficientemente lunghi”. Su quest’ultimo punto, seppur mai citato direttamente va segnalato lo stop alla prescrizione dopo il primo grado di giudizio, introdotto dalla cosiddetta riforma Spazzacorrotti ma che entrerà in vigore dall’1 gennaio del 2020.  Un capitolo a parte meritano due raccomandazioni finali: “Considerare ulteriormente il problema dei magistrati che vengono eletti a cariche pubbliche o nominati in ruoli di governo, tenendo conto dei principi fondamentali di indipendenza e imparzialità della magistratura” ed “espandere le restrizioni occupazionali per i membri del Parlamento”. Su questi due temi, infatti, esiste una bozza di legge del Movimento 5 stelle mai però calendarizzata in Parlamento. In definitiva, quindi, il secondo rapporto periodico sulla lotta alla corruzione in Italia ha toni molto diversi dal primo, che risale al novembre del 2017. Si chiedeva di creare delle leggi per dare “immunità alle confessioni spontanee“, “armonizzare le pene secondo il gravità dei reati e attraverso diversi leggi sulla corruzione” e “adottare misure per incoraggiare la cooperazione dei trasgressori in indagini e azioni penali, anche offrendo il possibilità di punizione mitigata”. Tutti spunti tradotti recentemente in legge con il ddl Spazzacorrotti e con la creazione della figura del whistleblower

La classifica di Transparency –  Plaudiva alla legge Severino e all’istituzione dell’Anac anche l’ultimo rapporto di Transparency International del gennaio 2019, che però aveva focalizzato la sua analisi sul 2018: rimaneva dunque fuori dal periodo l’ultima riforma della normativa anticorruzione. Citata espressamente, invece, dal Greco, cioè il Gruppo di Stato contro la corruzione, l’organo del Consiglio d’Europa che si occupa di lotta alla corruzione nell’Unione europea. A dicembre l’organismo ha diffuso un dossier di 15 pagine in cui riconosce che il nostro Paese “ha fatto progressi nella prevenzione della corruzione nel sistema giudiziario ma molto resta ancora da fare per mettere in opera tutte le raccomandazioni che le sono state rivolte, in particolare per quanto riguarda i parlamentari. Greco ha quindi sottolineato anche che “è necessario dimostrare che un livello accettabile di conformità con le raccomandazioni può essere raggiunto entro i prossimi 18 mesi”. Sullo Spazzacorrotti, gli esperti del Consiglio d’Europa scrivevano che: “Potrebbe rivelarsi fondamentale per fa avanzare ulteriormente la lotta contro la corruzione“. “La sua prima parte contiene importanti modifiche a entrambi i codici (penale e di procedura penale), volti a rafforzare la prevenzione, la persecuzione e la punizione della corruzione nei settori pubblico e privato. Ad esempio, vengono proposte pene più severe per il reato di corruzione nell’esercizio delle funzioni ufficiali aumentando la pena minima di tre anni reclusione fino a otto anni di reclusione. Le sanzioni accessorie sono state significativamente rafforzate. Allo stesso modo, per quanto riguarda la prescrizione, si propone di interromperla al giudizio di prima grado. Diverse disposizioni sono state anche introdotte per meglio avvicinarsi alle raccomandazioni emesse dal Greco”. 

La promozione (con riserva) di Strasburgo – Anche gli esperti di Strasburgo avevano stilano una lista di “promossi” e “bocciati”. Su quest’ultimi, il Greco insisteva molto sulla “carenze nella legislazione sui conflitti di interesse” e “sollecitava la nuova legislatura a fare tutto il possibile per assicurare chiarezza ed efficacia in merito a ineleggibilità e regole di incompatibilità“. In questo senso l’organismo ripone “fiducia” nel fatto che “la nuova legislatura porrà la prevenzione della corruzione nella lista delle sue priorità”. “In relazione alla notevole azione già intrapresa dalle autorità nel settore della giustizia e con la consapevolezza che le autorità italiane proseguiranno ulteriormente i loro sforzi per  soddisfare le straordinarie raccomandazioni del Greco nella nuova legislatura”, l’organismo “conclude che l’attuale basso livello di conformità con le raccomandazioni non è globalmente insoddisfacente“. Insomma da Strasburgo arrivava una specie di “sei meno”. Cinque mesi dopo dall’Onu ecco arrivare una sufficienza piena. Se fossimo in Danimarca non sarebbe una notizia. Ma per il Paese che ha inventato Tangentopoli è uno storico cambio di passo.

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