Qualche tempo fa gli organi di informazione hanno esultato alla notizia che il prosecco aveva superato nelle esportazioni lo champagne. La solita visione miope/parziale dei fenomeni che ci circondano. Potremmo esultare ugualmente se fossimo il primo Paese al mondo nella produzione di armi o di cemento. Ma cosa c’è dopo? Nel caso del prosecco potremmo invece domandarci cosa c’è prima, nella produzione del vino più venduto al mondo. E non ci sarebbe molto da esultare. Inquinamento da pesticidi e distruzione della biodiversità, ecco quello che c’è.

Ma andiamo con ordine e partiamo dalla bocciatura che le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, che si erano candidate a sito Patrimonio dell’Umanità, hanno ricevuto lo scorso luglio dall’Unesco. O meglio, più che bocciate sono state rimandate. Infatti la prassi vuole che quando si presenta una candidatura l’Icomos (acronimo della Ong International Council on Monuments and Sites) svolga, per conto dell’Unesco, una relazione per verificare se tale candidatura sia meritevole di approvazione immediata oppure necessiti di approfondimenti, oppure ancora debba essere cassata. Nel caso delle Colline del Prosecco, la relazione si concludeva con una sonora bocciatura, ma poi in sede di votazione c’è stata una rimandatura (perdonatemi il brutto termine) a quest’anno. I motivi sarebbero diversi e ci sarebbero almeno questi:

1. non sarebbe un paesaggio unico;
2. la coltivazione del prosecco avrebbe una data troppo recente.

Ma ci sarebbero anche altri e ben fondati motivi per cui le Colline del Prosecco non dovrebbero diventare Patrimonio dell’Umanità. E almeno due sono ambientali. Il primo: il massiccio uso di pesticidi di sintesi (circa 200 nell’intera area Docg, senza contare che il Veneto detiene il triste primato di quantità di pesticidi, 11,7 kg per ettaro, a fronte di una media nazionale di 4,9 kg). Il secondo: l’alterazione del paesaggio a favore di una maggiore estensione della coltivazione del Prosecco. Ambedue i motivi sono stati sottolineati dall’associazione European Consumers, che riunisce le associazioni europee dei consumatori.

Nel dossier l’associazione ha elencato i casi patenti di inquinamento dovuto ai pesticidi – tanto che a Conegliano 2552 cittadini hanno richiesto lo svolgimento di un referendum consultivo per l’abolizione dell’uso di pesticidi nel territorio comunale – ed evidenziato l’alterazione dello stesso paesaggio naturale a favore di quella che io chiamo “pettinatura” a vite.

A Baku, nella riunione annuale Unesco che si terrà dal 30 giugno al 10 luglio, si deciderà in via definitiva se le Colline del Prosecco debbano entrare a fare parte del Patrimonio dell’Umanità. Qualora l’esito fosse positivo, significherebbe in qualche modo che sono Patrimonio dell’Umanità anche pesticidi e sbancamenti. Nel frattempo, fra le altre iniziative, si terrà il prossimo 19 maggio la marcia annuale contro i pesticidi di sintesi da Cison a Follina, sui colli del Prosecco.

Ma le bollicine non si limitano a far danno in Veneto. Pinot Nero e Chardonnay stanno spopolando anche altrove. Ad esempio, in Piemonte la denominazione Alta Langa di spumante secco include ormai una vastissima area che abbraccia tre province, formando una lunga fascia collinare nelle province meridionali del Piemonte alla destra del fiume Tanaro. Quando mi sono recato in questo splendido angolo del Piemonte per raccogliere le interviste che sarebbero confluite in Lontano da Farinetti, molti degli intervistati hanno denunciato i danni che le bollicine stanno producendo: intere colline spogliate di vegetazione per far posto al profitto facile garantito da questo vino. Una bottiglia costa almeno 15 euro, nel 2018 ne sono state prodotte ben 1.300.000. Dal sito Alta Langa Docg: “Intanto prosegue la crescita del vigneto di Alta Langa, che raggiungerà i 350 ettari nel prossimo biennio rispetto agli attuali 280 ettari, tra la provincia di Asti (130), quella di Cuneo (130) e quella di Alessandria (20)”.

Il paesaggio dell’Alta Langa sembra proprio destinato a mutare. Del resto, il riconoscimento Unesco che le Langhe (con Roero e Monferrato) già posseggono tutela le colline coltivate a vigneto della Bassa Langa. Non ne fanno parte né gli orribili capannoni dei fondovalle, né i bei boschi dell’Alta Langa. Quindi, chissenefrega: avanti col business.

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