La mafia Casalese aveva trovato il sistema per convertire circa 20 miliardi di lire frutto di attività illecite in euro. Lo hanno scoperto gli investigatori della Guardia di Finanza di Roma e Napoli e gli inquirenti della Procura di Napoli Nord, coordinata dal procuratore Francesco Greco. Il clan teneva nascosta una considerevole quantità di denaro in lire e il meccanismo avrebbe consentito di ottenere mediamente, il 32% del valore trasformato in euro incassando oltre 3,3 milioni di euro.
Tra gli arrestati (tre in carcere e uno ai domiciliari), rispettivamente di 64, 61, 55 e 60 anni, c’è anche Gaetano Mungiguerra, ritenuto legato al clan dei casalesi.

Il meccanismo prevedeva che la riconversione della somma avvenisse in piccole tranche e per attribuire all’operazione una parvenza di legalità venivano predisposti anche documenti che attestavano una normale vendita di valuta storica. In uno dei casi finiti sotto la lente degli investigatori la conversione si sarebbe dovuta concludere in una banca svizzera.

La scadenza per la riconversione delle lire in euro venne fissata per il 28 febbraio 2012, poi un decreto legge del governo Monti ha anticipato la scadenza al novembre 2011 ma la Corte Costituzionale il 7 ottobre del 2015 lo ha dichiarato illegittimo. A seguito di questa decisione la Banca d’Italia ha deciso di agevolare tutti coloro che avevano presentato domanda di riconversione della valuta tra novembre 2011 e febbraio 2012. Lo stratagemma della criminalità organizzata, che si basa di documentazione falsa, si fondava proprio su questo particolare che favorisce chiunque dal 22 gennaio 2016 è in grado di documentare di aver richiesto di convertire le lire tra il 6 dicembre 2011 e il 28 febbraio 2012. E, in quei mesi, la Banca d’Italia ha ricevuto 254 domande, per 5.099.693.710 convertiti 2.633.772 euro.

Dalle intercettazioni è anche emerso che le lire, grazie a un altro sistema, andavano a finire in Svizzera. Su questa informazione raccolta dagli investigatori si è aperto un altro filone di indagini.

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