Ancora il giorno dopo l’arresto ai domiciliari Tiziano Renzi in un post su Facebook scriveva: “Non abbiamo lavoratori in nero“. Un’accusa che il padre dell’ex premier ha sempre rigettato: “Non ho dipendenti in nero”, si vantava sempre in un post a fine novembre scorso, prendendo le distanze dal paragone con Antonio Di Maio. Poi sono arrivate le carte dell’ordinanza del gip di Firenze, Angela Fantechi, che per Tiziano e la moglie Laura Bovoli ha disposto gli arresti domiciliari con l’accusa di bancarotta fraudolenta e false fatture. Nelle 96 pagine compaiono anche le dichiarazioni di Luigi Corcione, un ex lavoratore della coop Delivery Service, di cui secondo l’accusa i genitori di Renzi sono considerati gli amministratori di fatto: “Ero a nero e il mio compenso lo prendevo in contanti”. Oggi, nel giorno dell’interrogatorio di garanzia davanti al gip di Tiziano Renzi e Laura Bovoli, a parlare a La Verità è Antonello Gabelli, ex collaboratore di Tiziano e già sentito dai pm: “Il padre di Renzi mi dava i soldi per pagare i lavoratori in nero“, racconta.

Già pochi giorni dopo la prima uscita di Tiziano Renzi su Facebook ilfattoquotidiano.it aveva raccontato la storia di Evans Omoigui: nel 2011 una società della galassia Renzi (Arturo Srl, poi liquidata) era stata condannata a risarcirlo con 90mila euro: soldi che Omoigui non ha mai ricevuto, prendendosi del “faccia di m..” dallo stesso Tiziano Renzi quando a gennaio si è presentato insieme alle Iene sotto casa sua. Senza dimenticare le testimonianze di due ex distributori di quotidiani, raccolte dal quotidiano La Verità, che hanno sottolineato di aver lavorato per la società Speedy Florence senza firmare contratti, venendo pagati cash.

Circostanza raccontata anche da Corcione il 9 maggio scorso di fronte alla guardia di Finanza: “Ero a nero e il mio compenso lo prendevo in contanti. Rendicontavo i pagamenti e l’attività settimanale alla Delivery Service. Preciso che l’interlocutrice della casella di posta elettronica della Delivery Service Italia alla quale inviavo tale rendiconto era tale ‘Lalla‘”. “Lalla”, ovvero Laura Bovoli, la moglie di Tiziano Renzi.

Nella sua intervista a La Verità, Gabelli torna a un periodo ancora antecedente: “Con Tiziano abbiamo iniziato a operare quando la Delivery non era ancora attiva e quindi non era pronta per le assunzioni. I portalettere lavoravano su strada in nero. Ma dovevano essere pagati e allora come facevamo? Il padre di Matteo Renzi mi diceva: ‘Antonello, ti spedisco i soldi sul contavo”. Secondo la versione del suo ex collaboratore, Tiziano Renzi “ha fatto girare sul mio conto 40-50mila euro ogni 30 giorni”. Soldi che sono serviti “per pagare in nero i postini?”, chiede il giornalista Giacomo Amadori. “È proprio così”, risponde Gabelli.

Il testimone, interrogato il 14 marzo di un anno fa, aveva già raccontato di come i genitori di Matteo Renzi e i coniugi Massone “creavano società cooperative al fine di svolgere il lavoro operativo, concentrando tutte le criticità su queste e lasciando ‘pulite‘ le menzionate società capofila“. Gabelli, coinvolto nell’inchiesta sulla bancarotta della Chil Post, ha già raccontato in una prima intervista in edicola domenica la sua versione su quella vicenda. Sulla vecchia società della famiglia Renzi ora anche la procura di Genova, vuole fare ulteriori approfondimenti e ha chiesto a Firenze gli atti dell’inchiesta che coinvolge i genitori dell’ex premier e l’imprenditore ligure Mariano Massone, anche lui arrestato.

In questa seconda intervista Gabelli si sofferma invece sul mondo del volantinaggio: “Il sistema del ‘volantino’ in Italia è sporco, ma nessuno fa niente”. In questo mercato lavorano “solo cittadini extracomunitari: pachistani, turchi, africani, per lo più senza contratto o con il contratto non in regola”. Secondo l’ex collaboratore, Tiziano Renzi aveva bisogno di “appoggiarsi a qualcuno” per muoversi nel mondo dei volantini e “ha usato come stampella Massone“, quello che lui considera “il vero diavolo“. “Lavoro nero, macero, sovrafatturazioni. E poi magari si va a cena a Natale a mangiare il tartufo, tanto si inserisce come spesa a bilancio”: un racconto, quello fatto da Gabelli a La Verità, in cui si inserisce anche il giallo dei volantini Esselunga finiti al macero che però le cooperative fatturavano alla società di famiglia dei Renzi, Eventi6, come se fossero realmente distribuiti.

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