“Non ho mai firmato nulla e non ho dovuto presentare alcun documento. Era tutto in nero. Ai Renzi andava bene così e anche a me”. A parlare è Andrea Santoni, chef italiano residente a Londra ma a fine anni Novanta strillone per la società Speedy Florence, di proprietà della famiglia Renzi. Questo è quello che ha raccontato al quotidiano La Verità, diretto da Maurizio Belpietro. Santoni ha spiegato che prendeva un fisso e poi provvigioni a seconda del numero di giornali venduti: “In azienda girava solo cash e andava bene a tutti” ha specificato, sottolineando che la sua giornata lavorativa si apriva all’alba, quando Matteo Renzi gli consegnava le copie dei quotidiani da vendere. “Io prendevo i giornali, raggiungevo la mia postazione e li vendevo – ha detto Santoni – A casa facevo i conti e preparavo la busta con il denaro per i Renzi. La mattina dopo mi presentavo con il plico e con la resa del giorno prima. Matteo prendeva le buste con i nostri nomi, ma non le apriva davanti a noi”. Un racconto, quello di Santoni, condiviso anche da un altro strillone al soldo dei Renzi, che però ha deciso di restare anonimo. La pratica descritta è identica, tranne che per un particolare: “Ho lavorato con i Renzi per un paio d’anni, il primo mese ho preso circa 700mila lire, più 100 lire per ogni giornale venduto. Poi Tiziano ha scoperto che gli conveniva annullare il fisso e darci tutto in nero. In quel modo – ha detto l’ex strillone dei Renzi – prendevo 500 lire per ogni copia di giornale. E la cosa conveniva anche a noi”. La Verità poi racconta di una visita dell’Inps datata 1998, con i Renzi che presentarono un modulo-contratto che avevano fatto sottoscrivere a tutti i loro collaboratori, la cui prestazione era definita di “massima autonomia”. Per l’Inps la situazione era diversa e il 25 maggio 1998 multò la Chil per 35 milioni di lire e la Speedy Florence per uno. Il motivo? “Non aver pagato i contributi ai distributori di giornali” ha scritto La Verità, secondo cui la somma è stata versata in parte solo dopo una sentenza della Cassazione.

Alla luce degli attacchi subiti da Luigi Di Maio per i lavoratori in nero scoperti da Le Iene nella ditta del padre e per i rifiuti inerti trovati dai carabinieri in alcuni terreni della famiglia, la storia raccontata da La Verità ha subito suscitato forti polemiche. Il Movimento 5 Stelle ha diffuso una nota durissima: “Siamo curiosi di sapere come adesso il Pd commenterà la vicenda venuta fuori sui lavoratori senza contratto gestiti da Matteo Renzi e suo padre, quando li mandavano a distribuire giornali a nero nella loro Firenze – si legge nel comunicato – Per giorni gli esponenti del Pd, Renzi in testa, nascondendo i propri scheletri nell’armadio, hanno dispensato lezioni di morale. Dall’alto della propria ipocrisia hanno tentato di infangare il nome di Luigi per un bidone, una carriola e qualche calcinaccio abbandonati nella proprietà del padre, coprendosi di ridicolo perché Luigi era totalmente estraneo alla vicenda. Al contrario – hanno accusato – Matteo Renzi era coinvolto in prima persona negli affari del padre, ne era persino complice. È questa la fotografia di ciò che rimane delle opposizioni – ha concluso il M5s – il nulla mischiato con il grottesco. Renzi e il suo partito adesso chiedano scusa e diano spiegazioni sulla vicenda“.

Di tutt’altro avviso uno dei protagonisti della vicenda raccontata dal quotidiano milanese. “Anche questa mattina La Verità, con il direttore Belpietro e il giornalista Amadori, insistono nella loro campagna diffamatoria contro di me, la mia famiglia, le mie aziende – ha fatto sapere Tiziano Renzi – Sostenere che il lavoro degli strilloni fosse un ‘lavoro in nero per i Renzi e alle paghe ci pensava Matteo’ è l’ennesima diffamazione. E dire che basterebbe conoscere le leggi per capire”. Su Facebook, il padre dell’ex premier ha fornito la sua versione dei fatti: “I ragazzi che distribuivano i quotidiani erano pagati cash perché trattenevano il loro compenso da ciò che incassavano con la vendita dei quotidiani ma poi ovviamente l’azienda provvedeva al pagamento delle tasse come previsto dalla legge – ha spiegato – Era pagamento in contanti, non in nero: una semplice differenza che in sede di tribunale sarà facilmente dimostrabile”. Renzi senior, poi, ha annunciato che querelerà La Verità e il suo direttore.

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