Sul Venezuela stiamo assistendo, ancora una volta, alle fasi preparatorie di un regime change, in barba alle consuetudini del diritto internazionale. Questa è una realtà che prescinde da un giudizio sul governo di Nicolas Maduro, che ovviamente spetta ai venezuelani. Dobbiamo però prendere atto di una serie di fatti concreti che le diplomazie europee allo stato attuale non possono cambiare con le loro risoluzioni, i loro ultimatum e le loro crociate a favore di una delle due parti.

Il primo fatto è che esistono almeno due parti politiche in Venezuela e per noi del M5S è fondamentale ascoltare tutti, perché non può esserci dialogo senza ascolto. C’è molta disinformazione sulla crisi nel Paese e riteniamo doveroso sentire entrambe le versioni, sia quella del governo di Maduro che dell’opposizione di Juan Guaidò. Come capogruppo del Movimento 5 Stelle alla Commissione Esteri di Palazzo Madama, ho partecipato all’audizione dell’Ambasciatore del Venezuela in Italia, Julian Isaias Rodriguez Diaz e abbiamo incontrato insieme ad altri colleghi il viceministro venezuelano Yvan Gil, così come sono stati ascoltati esponenti di Guaidò, come il deputato Francisco Sucre. Devo registrare che sia l’ambasciatore che il viceministro si sono resi disponibili al dialogo tra le parti; purtroppo non ho constatato la stessa apertura da parte dell’opposizione.

Nelle audizioni ho sentito diverse verità e bugie, ma reputo importante che siano state ascoltate entrambe le versioni a differenza di chi, dall’opposizione, desiderava sentire un solo punto di vista. In questi ultimi 30 anni, come ho spiegato in aula, abbiamo subito un’unica versione e purtroppo tante menzogne che hanno causato milioni tra morti e feriti. Guaidò, in base alla costituzione venezuelana (in particolare l’art. 233), è un golpista? È quello che ho chiesto all’ambasciatore Diaz che è stato un noto docente di diritto. Ecco la sua risposta:

Alla controparte ho domandato delle sanzioni e degli aiuti umanitari. Circa i famigerati “aiuti umanitari” è singolare la concomitanza tra le sanzioni degli Usa, che mettono in ginocchio il settore petrolifero, e l’arrivo di qualche camion pieno di medicinali al confine con la Colombia. Se da un lato si intende colpire il regime di Maduro, causando ulteriori enormi problemi alla popolazione, dall’altro si urla a una crisi umanitaria che dovrebbe essere risolta con qualche camion. Il governo italiano distribuisce già i medicinali con la propria rete diplomatica, senza bisogno di tutto questo.

Se calcoliamo il peso delle singole azioni, gli aiuti umanitari sono circa 20 milioni di dollari, rispetto ai 10 miliardi di dollari bloccati dalle sanzioni che consentirebbero due anni e mezzo di forniture alimentari complete al Paese. Non sfugge all’attenzione di chi segue le questioni internazionali l’uso strumentale di questi aiuti, come non sfugge all’Onu, tanto che la portavoce Stephane Dujarric ha dichiarato che “gli aiuti umanitari devono essere indipendenti da obiettivi politici e militari”.

E non sfugge nemmeno alla Croce Rossa Internazionale, il cui portavoce Christoph Harnisch ha dichiarato “non parteciperemo a quello che per noi non è aiuto umanitario”. A rincarare la dose Dominik Stillhart, direttore delle operazioni globali dell’Icrc, che ha affermato che la Commissione prenderà parte a tali sforzi coordinati solo se saranno eseguiti “con l’accordo delle autorità, chiunque siano le autorità”.

A complicare ulteriormente il quadro irrigidendo le posizioni una notizia di qualche giorno fa, ovvero il sequestro di armi da guerra spedite da Miami e arrivate all’aeroporto venezuelano di Valencia, che ha dato un ulteriore buon motivo a Maduro per rifiutare qualsiasi aiuto “umanitario”.

L’ultimo relatore per le Nazioni Unite, il professore di diritto internazionale Alfred-Maurice de Zayas che è stato in Venezuela nel dicembre 2017 ha recentemente dichiarato come “l’opposizione venezuelana rifiuta il dialogo, perché vogliono prendere il potere attraverso un colpo di Stato. La storia dell’America Latina è piena di golpe di destra e nulla è più antidemocratico e corrosivo dello Stato di diritto di un colpo di Stato.” E sulle sanzioni: “Chi è morto per la malnutrizione o per mancanza di dialisi o altre medicine è morto per colpa delle sanzioni. Questo solleva questioni di responsabilità civile e penale da parte dei Paesi che impongono le sanzioni, perché sanno che causeranno morte. È un omicidio premeditato. Non è solo un danno collaterale.”

Chi a parole appoggia il popolo venezuelano, riconoscendo un leader che si è autoproclamato, non è d’aiuto alla diplomazia e nemmeno alle azioni pratiche per alleviare le sofferenze della nostra comunità. Per questo dobbiamo continuare a lavorare, come auspicato da Onu e papa Francesco, per il dialogo che possa concorrere a ristabilire una condizione minima di concordia nazionale che permetta al paese di uscire dall’impasse. Il popolo venezuelano ha bisogno di sostegno, non di guerra.

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