“Noi stiamo lavorando con la Procura. Stiamo lavorando intensamente per risolvere la questione con l’impresa che ha truffato Anas. Ovviamente questo non implica nessuna limitazione del traffico, semplicemente è un problema di risoluzione, di miglioramento, di riassegnazione dei lavori di sistemazione dell’alveo. Su questo stiamo lavorando”. Era il 22 dicembre 2016 quando il presidente dell’Anas, Gianni Armani, aveva assicurato che presto si sarebbe risolto il problema degli otto chilometri della Salerno-Reggio Calabria che la Procura di Vibo Valentia aveva sequestrato otto mesi prima perché costruiti con materiale scadente e senza i necessari studi idraulici nel tratto che comprende i viadotti del torrente Mesima. Oggi, a circa due anni e mezzo dal sequestro, su quel tratto di strada le auto continuano a circolare.

Non siamo a livello degli allarmi lanciati per anni sulla stabilità del Ponte Morandi di Genova e rimasti inascoltati fino al crollo che, ad agosto, ha provocato una quarantina di morti. Ma rileggendo i provvedimenti della Procura e le perizie dei suoi consulenti, i toni sono comunque inquietanti. Nel decreto di sequestro, emesso nell’aprile 2016, infatti, c’è scritto che il percorso del torrente Mesima “oggi è pericolosamente incidente sulle pile in alveo”. Perizie che fanno il paio con la testimonianza dell’ingegnere Giuseppe Pasinetti, consulente esterno della ditta Cavalleri che aveva realizzato i lavori. Le sue dichiarazioni sono agli atti del processo che inizierà il 26 ottobre. Siamo ancora alla fase dell’udienza preliminare e i pm hanno chiesto il rinvio a giudizio di 25 soggetti e 3 società. Tra questi anche alcuni funzionari dell’Anas che dovevano controllare, e non l’hanno fatto, i lavori della ditta che aveva vinto l’appalto. “Tutti i viadotti – aveva messo a verbale Pasinetti interrogato dalla Guardia di Finanza – devono essere urgentemente messi in sicurezza… in considerazione del fatto che la rilevante portata dell’alveo del fiume Mesima può provocare lo scalzamento dei piloni, in altre parole portare via la base della fondazione delle pile”.

Ecco perché i pm hanno sequestrato gli otto chilometri auspicando “uno studio idraulico per la definizione di strutture necessarie per la difesa e messa in sicurezza delle opere autostradali in alveo, in quanto già in atto un fenomeno di scalzamento delle pile ivi collocate”. Armani aveva promesso una soluzione il giorno dell’inaugurazione dell’A3 (ribattezzata A2), decisa dal governo Renzi e poi, con le sue dimissioni dopo la sconfitta al referendum del 4 dicembre, realizzata in pompa magna dall’ex presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, e dall’ex ministro alle infrastrutture, Graziano Delrio.

A distanza di due anni da quelle dichiarazioni pubbliche del presidente di Anas, il tratto autostradale è ancora sotto sequestro anche se non è mai stato chiuso al traffico. L’unica limitazione riguarda la velocità degli automobilisti che non può superare gli 80 chilometri orari. “Per evitare i rischi, ci è stata prospettata la diminuzione dei limiti di velocità – spiega il sostituto procuratore Benedetta Callea che ha coordinato le indagini – e l’ufficio di Procura ha ritenuto che per quella situazione specifica la viabilità potesse essere consentita. Diversamente, se ci fosse stata prospettata dai tecnici una situazione differente, indipendentemente dal disagio, il transito andava chiuso, inibito”.

Ma cosa è stato fatto finora per superare le criticità di quel tratto autostradale? Il pm Callea non si sbilancia: “C’è stata un’indagine. Abbiamo preso dei provvedimenti che sono stati imposti a determinati organi che dovevano intervenire. Il sequestro è stato fatto per consentire di ripristinare l’opera. Gli amministratori giudiziari hanno un’interlocuzione costante con la Procura che ha sempre autorizzato tutti gli interventi”. Di fatto, però, gli otto chilometri e i viadotti sul Mesima sono nelle stesse condizioni di quando la Procura di Vibo ha messo i sigilli. All’epoca, l’ufficio requirente era guidato dal magistrato Mario Spagnuolo, oggi procuratore di Cosenza: “Dopo che abbiamo eseguito il sequestro, non se n’è saputo più niente – ha dichiarato – È vero che il principale imputato è il soggetto che ha costruito l’opera, ma insieme con lui ci sono i funzionari dell’Anas che hanno firmato collaudi parziali. Si trattava di collaudi solo sulla carta perché risultava che questi viadotti non stavano dentro il Mesima”.

Che ancora le ruspe debbano entrare in funzione, lo conferma anche Giuseppe Ferrara, amministratore del tratto sotto sequestro e allo stesso tempo coordinatore territoriale Anas Calabria: “Per quanto riguarda l’aspetto giudiziario ci sarà un processo dove ci siamo costituiti parte civile – dice – Il rischio di scalzamento è molto remoto. Noi faremo comunque degli interventi in alveo a difesa delle pile. La prossima settimana presenteremo il progetto all’Autorità di bacino calabrese. Comunque in questo momento non c’è un rischio così elevato come è stato prospettato. Abbiamo fatto dei lavori minimali sulle recinzioni, però quelli più importanti verranno fatti tra un paio di settimane, quando andremo a rifare la pavimentazione. Abbiamo dovuto attendere il lavoro dei periti. Adesso abbiamo fatto la gara che sarà aggiudicata entro la prossima settimana, per cui i primi di ottobre inizieremo a rifare la pavimentazione drenante, rispettando l’ordinanza del giudice. I lavori successivi saranno quelli relativi alla regimentazione delle acque del Mesima in modo tale da allungare la vita delle opere realizzate”.

 

Riceviamo e pubblichiamo

In relazione all’articolo “Salerno-Reggio Calabria, 8 chilometri sotto sequestro per motivi di sicurezza. Ma il traffico non è mai stato chiuso” pubblicato in data 15 settembre, si precisa che Anas è stata nominata dalla Procura custode del tratto autostradale dell’A2 “Autostrada del Mediterraneo” che attraversa il fiume Mesima a testimonianza della fiducia nella nostra azienda. In questo quadro ogni attività riguardante il tratto è costantemente condivisa con la Procura e la sicurezza degli automobilisti è sempre stata l’unica priorità con cui sono state prese decisioni. I viadotti non sono a rischio crollo e sono stati progettati interventi volti alla protezione delle pile ed alla mitigazione del rischio esondazione. Al riguardo è stato fatto uno approfondito studio idraulico, in collaborazione con la Protezione Civile, per attuare il monitoraggio costante del fiume Mesima e stabilito un protocollo di chiusura in caso di allerta. Partiranno ad ottobre i lavori di rifacimento del tappeto drenante, in danno all’impresa, per ripristinare la qualità in linea con quella prevista dal contratto. Si precisa inoltre che Anas è parte lesa nel procedimento e che ha risolto il contratto con la Cavalleri, ditta esecutrice dei lavori oggetto di indagine, e provvederà ad ogni azione risarcitoria nei confronti della stessa ditta.

Ufficio stampa Anas

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