Un sorriso solare e due occhi che brillano quando ti parla dei suoi sogni e del suo lavoro. Questa è Lilian, 35 anni, camerunense, dal 1999 in Italia. Poco prima della fine del millennio arriva in Italia con un comune volo di linea, è sempre stata incuriosita dal Bel paese e quindi ha pensato di trasferirsi qui per costruire il suo futuro. “Avrei dovuto cominciare subito l’università” mi spiega mentre sorseggia dell’acqua nel suo locale “ma c’erano dei problemi con il sistema scolastico italiano. Quindi in attesa di definire una soluzione di equipollenza ho studiato italiano, qui se non parli la lingua non lavori” mi dice sorridendo.

“In Italia abitava già il mio fratellastro, quindi è stato più facile ambientarmi in questo bellissimo Paese. Avrei voluto subito studiare in Bocconi, ma con lo scarto tra i nostri licei e quelli italiani ho frequentato una scuola privata per mettermi in pari con gli anni di differenza”. Lavorare per Lilian non era solo una necessità ma anche un modo per integrarsi nel sistema Italia. “Ho fatto un po’ di tutto: la commessa, l’impiegata, la modella. È grazie a quest’ultima attività che ho trovato l’ispirazione ad aprire la mia creperia. Quando ero a Parigi per le sfilate c’era questa creperia bretone a Montparnasse, la adoravo. Quindi mi sono domandata perché non portare questa tradizione culinaria in Italia. C’era un piccolo locale sfitto e l’ho preso al volo. Quando parlavo di portare qui una creperia bretone la gente mi guardava strana”. Ad un anno dell’apertura di Cocotte jolie, Lilian scopre che sarebbe diventata presto mamma del piccolo David.

La sua esperienza imprenditoriale ha successo: da tre dipendenti ora ne ha nove, dal piccolo locale ora ne ha uno grande il doppio, con annesso laboratorio. “Facciamo tutto qui: dai croissaint ai dolci francesi come le eclat. Ho seguito un corso di pasticceria con Massimo Pica e Iginio Massari dai quali ho imparato i trucchi dei dolci. Ho aggiunto una ristorazione dove unisco la cucina italiana, che adoro, a spezie e cibi del Camerun. Facciamo anche servizio di catering alle aziende vicine, molti uffici ci usano al posto delle loro mense aziendali. I miei risotti al curry rosso e gamberoni sono i migliori della zona”. Mi sorride.

Da appassionato di cibo ammetto che è coinvolgente discutere di cibo con Lilian. Mi mostra un libro sulla lievitazione del pane, cosa che anche a me è sempre risultata ostica (premetto non sono un cuoco ma mi rilassa cucinare). Sul razzismo, tema che in questi giorni i media riportano spesso, “Se vuoi lavorare con gli italiani devi capire come sono. Da immigrata economica è importante per me far capire a chi mi parla che, molti che arrivano qui, si portano tutte le loro tradizioni. A volte sono anche ignoranti di come sia la cultura italiana. Io come primo passo ho imparato subito la lingua, poi avendo un partner italiano ho avuto modo di comprendere meglio la mentalità di questa nazione che è tutto fuorché razzista”.

Lilian è una donna imprenditrice, diventata single, con un bimbo non si è mai lamentata. “Non ho mai chiesto nulla al padre di mio figlio” mi dice orgogliosa “ho un locale che rende bene, posso mantenere me e mio figlio senza problema.” Da imprenditrice non manca di avere sogni e progetti. “Mi piacerebbe crescere ancora. Questa esperienza sta andando molto bene ma vorrei aprire una locale in centro a Milano. Devo comprendere bene quale zona potrebbe essere adatta, Milano ha molte sfaccettature e capire quale sia il quartiere migliore per il mio progetto è importante. Non penso a una copia di questo bar ma una soluzione polifunzionale, che permetta di avere modo di far conoscere non solo il cibo della mia nazione di origine ma anche stili, cultura“.

“Purtroppo il fenomeno dell’immigrazione negli ultimi anni ha esacerbato le relazioni tra migranti economici e italiani. Io che ho passato in Italia metà della mia vita, dopo oltre 20 anni comprendo che gli italiani sono un popolo socievole e ospitale, molto curiosi di stili e tradizioni straniere. Ovviamente si deve parlare la loro lingua e comprendere che sono una nazione con una tradizione millenaria non mi riferisco al solo cibo, che è parte della tradizione di questa nazione, ma anche i modi di vedere e ragionare”. Come per Katerina, anche in questo caso una donna forte che ha deciso di sposare l’Italia con tutti i suoi pregi e i difetti, per crescere e i suoi figli. Quando si parla di migranti questi sono i casi di integrazione cui mi piace parlare.

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