Auspico che il lettore avrà la bontà di leggere fino in fondo e non commentare il titolo. In questo periodo parlare di migranti economici (non profughi di guerra) è come parlare di comunisti durante il maccartismo. Ho scritto spesso su queste pagine e su altre testate di migranti. Sinceramente non ho nulla contro di loro, ma trovo che sia importante chiarire un aspetto, squisitamente economico. A mio parere ci sono migranti utili per l’economia italiana e altri meno utili.

In un’economia sofisticata (o che ambisce ad essere tale) come quella italiana, parte del G8, serviranno sempre di più ingegneri, scienziati, o anche semplici esperti digitali. La lista di professioni e competenze, in vero, è molto più lunga ma di base, se osserviamo le statistiche di scolarizzazione del Brooking Institute sui migranti economici africani (che hanno, in media, una bassa scolarizzazione) diventa difficile immaginare la loro utilità, in un lasso di tempo medio-breve.

Una discussione ben differente si può fare per i migranti economici che provengono dall’est Europa o dalla stessa Russia. Grazie a un approccio strutturato l’unione sovietica ha sempre investito molto nella formazione e nell’educazione. Già nel 2013 Ibtimes tracciava la Russia come una delle nazioni con il più alto tasso di scolarizzazione (e, in proporzione alla popolazione, di diplomati e laureati).

Lo studio è rimasto valore fondante tra i russi: l’ultimo rapporto dell’Oecd (Education at a Glance 2017) conferma che la Russia resta una delle nazioni “grandi” che investe maggiormente nell’educazione. Ho quindi pensato di andare a scovare un’emigrata russa (sì, donna: come per Samia mi piace tracciare storie positive femminili, una categoria che sempre più spesso sta guadagnando terreno nella lotta per la parità di stipendio nei Cda delle aziende).

Kateryna Fedorova, di nazionalità russa, nata nel nord della Siberia, successivamente trasferitasi in Ucraina, a Kiev, da dove poi arriva a Milano a 19 anni. Bionda, alta magra, occhi verdi, nell’immaginario collettivo italiano “la tipica russa”. Si mantiene agli studi di legge lavorando ma, sorprendentemente, non fa la modella “ho sempre lavorato da quando sono arrivata qui. Provengo da una famiglia di operai, ma non volevo che fossero i miei genitori a dovermi mantenere, così appena iscritta all’università ho cominciato a lavorare come traduttrice ed interprete durante le fiere come il salone del mobile, mifur, etc” mi spiega Kateryna sorridente mentre prendiamo un caffè in un bar nel centro di Milano.

“Non è stato facile lavorare e studiare contemporaneamente. All’inizio anche psicologicamente non è stata una passeggiata: cambiare all’improvviso il proprio ambiente, il paese, parlare ogni giorno una lingua straniera, pensare in una lingua straniera, cambiare completamente le proprie abitudini, il cerchio di amici. Ciononostante, con tutte le difficoltà del caso, trasferirsi è stato da sempre il mio desiderio, la mia scelta che rifarei cento volte”. Dice in modo deciso.

Parla italiano, ovviamente. “Avevo deciso di partire per l’Italia all’improvviso: all’inizio pensavo di trasferirmi in Francia, ma all’ultimo ho cambiato idea” spiega “ho preso circa 20 lezioni d’italiano, e studiavo giorno e notte prima di partire, anche perché per poter studiare in Italia, uno straniero, per essere ammesso, deve dimostrare ad una commissione di tre professori che ha una conoscenza sufficiente per poter studiare. Ma siccome sapevo già il francese, non è stato molto difficile”.

Kateryna si laurea in giurisprudenza all’Università statale di Milano. Comincia a mandare curriculum a vari studi milanesi. “Ho fatto la pratica forense in un piccolo studio che si occupava di diritto penale, poi, cambiando totalmente il genere, sono entrata in una realtà più grande e strutturata”. Diventa associata ad uno dei top 15 studi milanesi, dove segue il settore immobiliare e si occupa del russian desk dello studio. “Penso che la Russia abbia molto da poter offrire, come opportunità di business”.

A soli 28 anni Kateryna è legal advisor presso uno studio legale, lecturer (in quanto cultrice della materia presso la propria alma mater) e di recente ha cominciato anche a pubblicare analisi su Econopoly24 del Sole 24 Ore. Parla russo, ucraino, inglese, francese e italiano Questo sono i tipi di migranti che servono all’Italia per compensare il crescente (purtroppo) esodo di cervelli italiani verso l’estero.

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