Avvicinare le montagne. Si chiama così l’Accordo territoriale tra la Provincia del Verbano Cusio Ossola, i Comuni di Baceno, Crodo, Trasquera e Varzo, per la razionalizzazione e l’integrazione del sistema delle valli Divedro e Antigorio per lasciar realizzare da parte di una società italiana con capitali svizzeri alle spalle il comprensorio sciistico San Domenico di VarzoAlpe Devero, di cui mi sono già occupato l’anno scorso.

Perché oramai funziona così, in qualsiasi campo: la mano pubblica si ritira a favore della mano privata che fa quello che più le aggrada, pur di ottenere un profitto, a breve, s’intende. Il privato propone e il pubblico dà l’assenso. Guardate le nostre città che obbrobrio sono diventate a seguito della mancanza di pianificazione da parte dei Comuni e del trionfo dell’urbanistica contrattata. E in questo caso è lo stesso. Un privato un bel giorno si sveglia e decide di realizzare il più grosso e impattante progetto sciistico (multistagionale) delle Alpi e il pubblico gli dice “si accomodi”.

Mano pubblica – nello specifico –  targata Partito democratico, sia in Regione, sia nella Provincia del Verbano-Cusio-Ossola. Da una parte Sergio Chiamparino (quello che “prima di bloccare la Tav dovranno passare sul mio corpo”)e dall’altra Stefano Costa, sindaco di Baceno (“lotteremo con tutte le attenzioni del caso, ma non rinunceremo molto facilmente a questa opportunità che crediamo irripetibile”).

Ma torniamo al progetto, presentato nello scorso mese di febbraio. Già il nome Avvicinare le montagne dovrebbe mettere in allarme. Le montagne non si avvicinano. Sono lì da milioni di anni e ci saranno ancora quando non ci saremo più noi. L’unico modo che l’uomo – ultimo arrivato sulla Terra – ha per “avvicinarle” consiste nel realizzare impattanti infrastrutture come strade, buchi, impianti. Poi non tragga in inganno “l’accordo territoriale”. È solo, come dicevo prima, la benedizione di un progetto del tutto insostenibile presentato da privati. Perché – a onta di quello che afferma la Corte costituzionale, che l’ambiente, il paesaggio (tutelato dall’articolo 9 della Costituzione) viene prima di qualsiasi interesse economico, poi in pratica noi ci ritroviamo con un Paese sempre più costellato di opere private che il territorio le devastano: dai porti turistici ai parchi eolici, dalle lottizzazioni ai comprensori sciistici, appunto.

E poi, santo dio, sempre le solite, oramai fruste locuzioni in stile vetero politichese che non ingannano più nessuno per coprire la realtà dei disastri: “Sperimentare un modello di sviluppo territoriale non solo sostenibile ma soprattutto durevole”; “proporre un modello di sviluppo territoriale che accolga le istanze degli abitanti dei luoghi e non tenga soltanto conto del presente, ma anche del futuro delle comunità locali”; “realizzare un comprensorio integrato che raccolga le esigenze e le aspettative di sviluppo delle quattro comunità di Trasquera, Varzo, Crodo e Baceno”; “promuovere l’immagine di un territorio accessibile in modo innovativo”. Tradotto: nuova seggiovia a sei posti con stazione intermedia e bar; nuova funivia con cabine da 60 posti (da realizzare in una fase successiva); impianto di innevamento artificiale con bacino di accumulo (perché se l’uomo la neve non la fabbrica i progetti neppure partono); centro polifunzionale di 2mila 500 mq; nuove piste da sci ma anche piste per downhill (così si garantisce la multistagionalità); parcheggio multipiano per più di mille posti auto.

Ma la novità di questi giorni è che, a seguito di una interrogazione presentata dal M5s in Regione, “è emerso che il piano strategico della Provincia è stato scritto proprio dal soggetto privato intenzionato a devastare la montagna, il tutto su suggerimento della Regione Piemonte. Un piano scritto da un privato, ad uso e consumo di interessi privati, divenuto atto ufficiale su indicazione proprio della Regione Piemonte”.

Se così fosse, la gravità del fatto sarebbe enorme, visto che il progetto di collegamento sciistico contrasta palesemente con le norme di tutela ambientale dettate dalla stessa Regione Piemonte! Quindi da una parte l’ente pubblico detterebbe regole per tutelare l’ambiente, dall’altra si renderebbe complice della loro violazione. Che poi, tra l’altro c’è da dubitare che il progetto sia circondato da tutto questo entusiasmo da parte delle popolazioni locali, visto che nel Comitato tutela Devero ci sono anche degli imprenditori locali, oltre che le maggiori associazioni ambientaliste; che lo stesso Club alpino italiano si è espresso contro l’operazione; che la petizione online ha raggiunto e superato i 40mila (!) firmatari, che sicuramente non hanno capito nulla delle magnifiche sorti e progressive del Devero…

Concludo ricordando che l’Ispra ha presentato il rapporto 2018 sul consumo di suolo in Italia: “È un consumo di suolo ad oltranza quello che in Italia continua ad aumentare anche nel 2017, nonostante la crisi economica. Tra nuove infrastrutture e cantieri (che da soli coprono più di tremila ettari), si invadono aree protette e a pericolosità idrogeologica sconfinando anche all’interno di aree vincolate per la tutela del paesaggio – coste, fiumi, laghi, vulcani e montagne – soprattutto lungo la fascia costiera e i corpi idrici, dove il cemento ricopre ormai più di 350 mila ettari, circa l’8% della loro estensione totale (dato superiore a quello nazionale di 7,65%). La superficie naturale si assottiglia di altri 52 km2 negli ultimi 365 giorni. In altre parole, costruiamo ogni due ore un’intera piazza Navona.”

Il progetto sciiistico proposto contribuirebbe a consumare ettari del già Belpaese e a far perdere a tutti noi lembi di natura rimasta fino ad oggi intatta.

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