L’intesa che per ora salva il governo tedesco si chiama “zone di transito per i respingimenti dei migranti”. La cancelliera tedesca Angela Merkel ha ricucito lo strappo con il ministro dell’Interno Horst Seehofer accettando l’istituzione di queste aree al confine per identificazione ed espulsione più rapida degli stranieri. Si tratta di zone riservata a chi è già stato registrato in altri Paesi, per contrastare gli ingressi illegali in Germania. È una soluzione “per salvaguardare lo spirito europeo” e “mettere ordine” sui movimenti secondari, ha detto la cancelliera tedesca. In realtà proprio lei si era sempre detta fortemente contraria all’istituzione di queste aree. L’intesa è arrivata dopo una giornata di confronto serrato e ultimatum, con il presidente del Bundestag Wolfgang Schäuble a fare da mediatore. Il terzo partito della coalizione di governo, il socialdemocratico Spd, deve ancora far sapere se accetterà i termini dell’intesa.

Citando fonti a conoscenza della discussione alla Konrad-Adenauer-Haus, la Bild ha riferito che si tratterebbe di centri chiusi, da allestire in Baviera, dove le domande dei richiedenti asilo verrebbero esaminate con procedure rapide. Di fronte ad un eventuale rifiuto, si procederebbe immediatamente ai respingimenti, come nelle procedure aeroportuali. Si tratta di un’idea già esaminata nel 2015, all’apice della crisi dei migranti, ma che venne all’epoca scartata per le resistenze della Spd.

Il vertice è stato l’ultimo atto della crisi di governo tedesca cominciata a metà giugno. Uno strappo tra i due storici alleati democristiani che nella notte tra domenica e lunedì ha conosciuto un nuovo capitolo, con la riunione a Monaco dei vertici della Csu e l’ultimatum dato da Seehofer alla cancelliera. Dopo aver minacciato due volte le dimissioni, il ministro degli Interni si è appellato a un ultimo disperato tentativo di trovare un accordo. Ma, aveva detto, se “entro tre giorni” non otterrà da Merkel una svolta soddisfacente sulla questione migranti, allora lascerà “tutte le poltrone“. “L’Unione è sull’orlo dell’abisso“, aveva commentato in mattinata Schäuble chiedendo ai due protagonisti della crisi di trovare un compromesso. La Csu, dopo quanto successo domenica notte, ha cercato invece di minimizzare, dichiarandosi aperta a una possibile soluzione. “La stabilità del governo per noi non è in discussione, e neppure la fine del gruppo parlamentare comune è la strada giusta”, ha addirittura detto il presidente della Baviera, Markus Soeder, secondo il quale “in un governo si può raggiungere molto, ma fuori no”. “Noi riteniamo che ci sia bisogno di maggiore sicurezza alle frontiere”, ha continuato parlando a margine di un evento a Passau, e sottolineando che il partito sia comunque disponibile al compromesso.

Cosa rischiava (e rischia) la Merkel – Una rottura tra Cdu e Csu non succede dal 1976. Merkel ha poche opzioni davanti a sé. Se l’intesa con Seehofer non dura dovrebbe accettare le dimissioni del suo ministro. Seehofer potrebbe essere sostituito da un altro esponente della Csu, per esempio il capogruppo Alexander Dobrindt. L’altro scenario sarebbe la fine della coalizione. A quel punto la cancelliera si presenterebbe in Parlamento a chiedere la fiducia, per certificare la mancanza di una maggioranza. Da quel momento dovrebbero passare 60 giorni prima di tornare al voto. Per evitare le urne Merkel potrebbe tentare due strade: un governo di minoranza con i socialdemocratici, oppure una nuova coalizione con Spd e Verdi. In caso di accordo last minute invece, la cancelliera si presenterebbe comunque davanti al Bundestag per una fiducia che servirebbe semplicemente a sancire la fine della crisi.

La riunione di domenica – Per due volte nel corso della serata di domenica Seehofer aveva minacciato le dimissioni. Le prime sono state respinte dal suo stesso partito, per mano del capogruppo Alexander Dobrindt, che le ha definite inaccettabili. Le secondo le ha ritirate il ministro stesso, spiegando che avrebbe cercato un nuovo accordo con la sua cancelliera. Un balletto che è lo specchio della fragilità degli equilibri politici tedeschi. Che la situazione sia “molto seria“, lo aveva ammesso anche la stessa Merkel in un’intervista alla Zdf rilasciata domenica alle 14, prima che a Monaco si compiesse il dramma Seehofer. Ha dichiarato che farà “tutto il possibile per raggiungere risultati e continuare a tutelare la responsabilità per il nostro Paese”. Ma sul casus belli della crisi non è arretrata di un centimetro: nessuna apertura, al momento, ai respingimenti al confine tedesco dei richiedenti asilo già registrati in un altro Paese Ue. “La considererei una mossa unilaterale di uno Stato”, ha più volte spiegato.

Seehofer: “Ci parleremo ancora” – I controlli alla frontiera sono invece il punto cardine del masterplan sull’immigrazione redatto da Seehofer: un testo su cui la Csu si gioca la faccia, anche in vista delle elezioni del prossimo ottobre nella sua Baviera. “Dico di sì, che mi dimetterò da ministro e da capo del partito e che lo farò entro tre giorni”, ha confermato Seehofer nella notte, parlando fuori dalla sede del partito a Monaco e anticipando un incontro in giornata con la Cdu, “nella speranza che si possa arrivare ad un accordo”. “Ci parleremo ancora – ha detto il ministro degli Interni – Nell’interesse di questo paese e della capacità della nostra coalizione e dell’esecutivo di governo, cosa che vogliamo preservare. Vogliamo raggiungere un accordo sulle questioni chiave del controllo dei confini e dei respingimenti alle frontiere, e solo su questi punti”. “Spero che ci riusciremo”, ha concluso.

La crisi dopo il Consiglio Ue – L’Asylstreit, così come i quotidiani tedeschi chiamano la crisi di governo sull’immigrazione, sembrava essere giunta a una svolta in positivo dopo il Consiglio europeo di settimana scorsa. Il partito del ministro Seehofer chiedeva di ottenere a Bruxelles “qualcosa di peso equivalente” ai respingimenti. Per Merkel il risultato delle trattative era stato “anche più di qualcosa che abbia peso equivalente”. Credeva che i fratelli bavaresi potessero essere soddisfatti quando ha indirizzato loro la lettera di otto pagine dal titolo Più ordine e controllo nella politica migratoria in cui annunciava tra l’altro di aver stretto accordi con 14 Stati Ue per velocizzare i respingimenti.

Il vertice Csu a Monaco – Invece la giornata di domenica ha ribaltato ogni paradigma. Seehofer ha detto ai vertici della sua Unione Cristiano-Sociale, riuniti a Monaco, di non essere soddisfatto dei risultati ottenuti. E’ stata la prima doccia fredda del leader Csu, che secondo fonti della Dpa, ha affermato che nessuna delle proposte di Merkel è efficace quanto il respingimento unilaterale da parte della Germania dei migranti già registrati in altri Paesi. Inutile dunque il vertice tra i due che si è tenuto tra i due sabato sera – la cancelliera “si è mossa di uno zero virgola zero“, il suo commento riportato dalla Bild. Dopo al riunione fiume della Csu, ora ci si appella a un nuovo incontro per trovare una soluzione.

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