Definisce la magistratura di Palermo “infiltrata“, addirittura “deviata“, “oggi come quaranta anni fa“. Il motivo? La scarcerazione dei Giovanni Codraro e Carlo Mancuso, i due attivisti dei centri sociali accusati del pestaggio del segretario provinciale di Forza Nuova, Massimiliano Ursino. È un attacco frontale alle toghe siciliane quello di Roberto Fiore, il leader della formazione di estrema destra arrivato sabato a Palermo per un comizio elettorale che ha surriscaldato il clima in città. Le accuse lanciate contro i giudici, però, non sembrano legate solo dalla decisione presa dal gip che ha liberato i presunti aggressori di Ursino. Il leader di Forza Nuova, infatti, definendo la magistratura di Palermo come “deviata” fa un riferimento esplicito. Parla di “quarant’anni fa“. E lo fa nella stessa giornata in cui riemergono dal passato i rapporti che lo legano proprio alla procura di Palermo negli anni ’80.

Le domande di Falcone e la strage di Bologna – Il giudice Giovanni Falcone, come ha raccontato il giornalista Salvo Palazzolo su Repubblica, voleva interrogare Fiore. Il motivo? L’omicidio di Piersanti Mattarella, il governatore della Regione Siciliana e fratello dell’attuale capo dello Stato, ucciso da Cosa nostra il 6 gennaio del 1980, 38 anni fa esatti. “È a conoscenza di qualche fatto o circostanza che potrebbe far luce sull’uccisione di Mattarella?”, è la domanda che il giudice ammazzato nella strage di Capaci voleva rivolgere a Fiore, all’epoca latitante a Londra. L’uomo che oggi definisce la magistratura deviata, infatti, è condannato in via definitiva a cinque anni e mezzo di reclusione per banda armata e associazione sovversiva. Fiore, però, non ha mai trascorso neanche mezza giornata in carcere. Nel 1980, infatti, scappa all’estero proprio alla vigilia di una retata che decapita Terza Posizione, il gruppo armato di estrema destra da lui fondato negli anni Settanta e di cui facevano parte una serie di terroristi neri poi confluiti nei Nuclei armati rivoluzionari. Sono nomi noti degli anni di piombo come Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, gli autori della strage di Bologna. Fioravanti e Mambro sono stati condannati anche per l’omicidio di Francesco Mangiameli, dirigente siciliano di Terza Posizione, ucciso il 9 settembre del 1980. Si è spesso ipotizzato come Mangiameli fosse stato ammazzato perché sapeva la verità sulla strage della stazione bolognese. La corte di Cassazione, nella sentenza definitiva sull’eccidio del 2 agosto del 1980, ha scritto che Fiore e altri dirigenti di Terza Posizione si sono dati alla latitanza proprio per evitare di fare la stessa fine di Mangiameli.

L’omicidio Mattarella e lo scambio neri – Cosa nostra – Giovanni Falcone, invece, la pensava in modo diverso. Il giudice palermitano collegava l’omicidio Mangiameli a quello di Mattarella. Per Falcone, infatti, poteva esserci stato uno “scambio di favori” tra i terroristi neri e Cosa nostra. I Nar di Fioravanti, processato e assolto per il delitto Mattarella, avrebbero ucciso il fratello del presidente della Repubblica. I boss di Cosa nostra, invece, avrebbero aiutato il nero Pierluigi Concutelli a evadere dal carcere Ucciardone. Siamo alla fine del 1979 e proprio di quell’evasione si sarebbe interessato Fiore, insieme allo stesso Mangiameli, poi ucciso da Mambro e Fioravanti. È per questo che muore Mangiameli? Perché sapeva del patto tra neri e Cosa nostra sullo sfondo dell’omidicio Mattarella? O perché era a conoscenza dei segreti della strage di Bologna? Ed è questo il motivo che spinge Fiore a fuggire all’estero? Domande senza risposta. O meglio domande alle quali può rispondere solo l’attuale leader di Forza Nuova. Difficile che lo faccia oggi l’uomo rimasto latitante fino al 1999, quando la sua condanna viene prescritta: pena non eseguibile per scadenza dei termini. A quel punto Fiore torna in Italia ma ha una faccia diversa da quella dell’estremista nero: partito ventenne da latitante, rientra da Londra con un profilo più moderato e un conto in banca molto più florido. Fonda dunque il suo nuovo movimento e comincia a comportarsi da leader che non si sporca mai le mani. Quasi due decenni nel Regno Unito, infatti, gli hanno cambiato la vita. Anche grazie a una serie di colpi di fortuna.

Servizi segreti inglesi e mafiosi siciliani- Come nel 1982 quando un giudice di Sua Maestrà respinge la richiesta di estradizione inviata dall’Italia. O come il 22 dicembre del 1987, quando le autorità inglesi ammettono la richiesta di rogatoria inviata 17 mesi prima da Falcone, ma non concedono al giudice palermitano di andare a Londra per interrogare Fiore. Sarebbe stata la corte londinese di Bow Street a porre al futuro leader di Forza Nuova le cinque domande inviate da Palermo. Per l’ex esponente di Terza Posizione, dunque, rispondere ai giudici inglesi è molto più semplice rispetto a quanto possa essere un incontro faccia a faccia con Falcone. Prima domanda: ha mai incontrato Mangiameli? Risposta: “Fra il 1978 e il 1979“. Ha mai incontrato Valerio e Cristiano Fioravanti? “Poche volte, casualmente, in strada o al bar” . È vero che presentò Mangiameli a Valerio Fioravanti? “Non ricordo“. Era a conoscenza di un piano per l’evasione di Concutelli? “Ne ho letto sui giornali”. E l’omicidio Mattarella? “Non so nulla dell’ uccisione di Mattarella”. “Le risposte sono state estremamente generiche, ma purtroppo l’assenza del giudice istruttore non ha potuto colmare le evidenti lacune“, annota Falcone nelle carte dell’inchiesta. In cui ricorda che a Fiore avrebbe voluto contestare le parole di Mauro Ansaldi, uno dei collaboratori di giustizia di Terza Posizione. “Roberto – mette a verbale il pentito – mi confidò che dietro Fioravanti c’erano la P2 e Gelli“. È vero quello che dice Ansaldi, ex camerata di Fiore? E che ne pensa l’attuale leader di Forza Nuova di quanto messo a verbale nel 2000 dal deputato di Alleanza Nazionale, Enzo Fragalà, davanti alla commissione d’inchiesta sulle stragi? Il presidente chiede: “Ritiene che Fiore e Morsello (altro leader di Terza Posizione) fossero agenti del servizio inglese? “Non ritengo, c’è scritto, è un dato obiettivo, mai smentito da nessuno. D’altro canto, altrimenti come si fa a immaginare che due latitanti italiani, segnalati come pericolosi, possano costruire lì in Inghilterra un impero economico con 1.300 appartamenti?”, risponde Fragalà. Che oggi non puà più argomentare quelle accuse a Fiore: sarà ucciso da Cosa nostra a Palermo nel 2010. Per i pm fu una punizione perché aveva convinto alcuni suoi clienti mafiosi a collaborare con la magistratura, ma non esiste ancora una sentenza definitiva che certifichi questa ricostruzione.

L’impero economico e i donatori anonimi – Anche il riferimento di Fragalà all’impero economico di Fiore, però, merita un approfondimento. Il leader di Forza Nuova, infatti, da latitante, riesce a mettere insieme una serie di proprietà che lo fanno tornare in Italia da uomo ricco. Oggi si tratta soprattutto di alcune società specializzate in viaggi studio a Londra, che possiedono centinaia di immobili. Come racconta l’Espresso, in un’inchiesta dedicata al politico di estrema destra,  si incrociano con il nome di Fiore anche tre trust, cioè società fiduciarie in cui i titolari possono rimanere anonimi. Come anonimi rimangono i donatori che hanno letteralmente inondato i conti dei tre trust. Negli ultimi quattro anni, per esempio, alla società fiduciaria intitolata all’Arcangelo Michele sono arrivati 475mila euro di elargizioni liberali. Gran parte di quei soldi sono stati poi girati a tre aziende controllate dalla famiglia Fiore. Da chi arriva tanta generosità? Chi è che devolve tanto denaro poi finito nelle dispobilità del leader di Forza Nuova? Non si sa. Come non si conosce il motivo per cui fino al 2016 Fiore è stato azionista della Vis Ecologia. È una società che dovrebbe occuparsi di “riciclo di materiali” ma non ha dipendenti né alcun sito internet. È stata registrata a Cipro per “scopi fiscali” ma è impossibile sapere quanto denaro abbia amministrato: non ha mai depositato un bilancio.

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