A più di un anno dall’entrata in vigore della legge sugli ecoreati, il rapporto “Ecomafia 2016, le storie e i numeri della criminalità ambientale in Italia” è quello della ‘scossa elettrica’. Così lo ha definito il direttore generale di Legambiente Stefano Ciafano, presentando in Senato i dati raccolti dall’Osservatorio nazionale ambiente e legalità dell’associazione, grazie al contributo delle forze dell’ordine e raccolti nel volume edito da Edizioni Ambiente con il sostegno di Cobat. Il primo dato è che il fatturato delle ecomafie è sceso di quasi 3 miliardi di euro, assestandosi sui 19,1 miliardi. I reati ambientali sono in leggera flessione e crescono gli arresti, “primi segnali di una inversione di tendenza dopo l’introduzione dei delitti contro l’ambiente nel Codice penale”. Nel 2015 sono stati accertati 27.745 reati ambientali (più di 76 al giorno), arrestate 188 persone, 24.623 quelle denunciate. Più di 7mila i sequestri. Si tratta di un fenomeno nazionale, ma spiccano i numeri negativi che riguardano le quattro regioni con una presenza tradizionalmente radicata della criminalità organizzata: Campania, Puglia, Sicilia e Calabria. E se la Campania è maglia nera per numero di reati, sul fronte della corruzione legata a illeciti ambientali (302 inchieste in 5 anni in Italia, con 2.666 arresti) al primo posto per più alto numero di indagini c’è la Lombardia, seguita da Campania, Lazio, Sicilia e Calabria. “La prevenzione è la moneta buona che scaccia quella cattiva – ha dichiarato Rossella Muroni, presidente nazionale di Legambiente – è necessario creare lavoro, filoni di sviluppo economico e produttivo nei territori più a rischio, sostenere le centinaia e centinaia di cooperative e di imprese, che anche nel sud stanno cercando di invertire la rotta, puntando su qualità ambientale e legalità”.

LA PRESENZA DEI CLAN – Nei primi otto mesi dall’entrata in vigore della legge sono stati contestati 947 ecoreati, con 1.185 denunce dalle forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto e il sequestro di 229 beni per un valore di 24 milioni di euro. Sono 118 i casi di inquinamento e 30 le contestazioni del nuovo delitto di disastro ambientale. Nonostante il calo complessivo dei reati, ne cresce l’incidenza in Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Se ne sono contati 13.388, il 48,3% sul totale nazionale, mentre nel 2014 l’incidenza era del 44,6%. E soprattutto in queste aree che si registrano anche ritorsioni da parte della criminalità organizzata ai danni degli amministratori che si impegnano contro i reati ambientali. L’Osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente ha censito in Italia dal 1994 ad oggi 326 clan, con un volume di affari pari a 19,1 miliardi di euro solo del 2015 con un calo di quasi 3 miliardi rispetto all’anno precedente (22 miliardi) “dovuto principalmente – spiega Legambiente – alla netta contrazione degli investimenti a rischio nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, che hanno visto nell’ultimo anno prosciugare la spesa per opere pubbliche e per la gestione dei rifiuti urbani sotto la soglia dei 7 miliardi, a fronte dei 13 dell’anno precedente”.

LA CAMPANIA TORNA MAGLIA NERA – Mentre l’anno scorso il rapporto metteva in evidenza il calo dei reati in Campania e un aumento degli illeciti in Puglia (maglia nera con il 15,4% dei reati accertati in Italia), nel 2015 la Campania (con 4.277 reati, più del 15% sul dato complessivo nazionale), è la regione con il maggior numero di illeciti ambientali seguita da Sicilia (4.001), Calabria (2.673), Puglia (2.437) e Lazio (2.431). “L’anno scorso – ha commentato Ciafano – si sono visti i risultati di una forte azione di contrasto e di controlli serrati della terra dei fuochi, mentre quest’anno anche la classifica delle province italiane rispecchia la nuova situazione, con Napoli e Salerno ai primi posti tra quelle con il maggior numero di reati, seguiti da Roma”. Anche su base provinciale i dati confermano il primato non lusinghiero della Campania: le province di Napoli e Salerno sono tra le due più colpite, rispettivamente con 1.579 e 1.303 reati, seguite da Roma (1.161), Catania (1.027) e Sassari (861).

GRASSO: RAFFORZARE GLI INTERVENTI CONTRO LA CORRUZIONE – L’altra faccia delle ecomafie è rappresentata dalla corruzione, fenomeno sempre più dilagante. Dal 1 gennaio 2010 al 31 maggio 2016 Legambiente ha contato 302 inchieste sulla corruzione in materia ambientale, con 2.666 persone arrestate e 2.776 denunciate. La Lombardia è la regione con il numero più alto di indagini (40), seguita da Campania (39), Lazio (38), Sicilia (32) e Calabria (27).  Al riguardo, secondo il presidente del Senato Piero Grasso, per completare il quadro della difesa penale è necessario rafforzare anche gli interventi contro la corruzione “uno dei peggiori nemici dell’ambiente – ha sottolineato – a causa di quelle collusioni nelle pubbliche amministrazioni e negli enti di controllo che fanno prevalere gli interessi privati delle imprese e dei corrotti su quelli generali”. Per Grasso “è sulla politica che grava la principale responsabilità”.

IL CICLO DEL CEMENTO – Per quanto riguarda il ciclo del cemento, in Italia sono stati accertati 4926 reati, 13 al giorno. Le infrazioni sono in calo, ma il fenomeno non si ferma neppure davanti alla crisi del settore edilizio. Nel 2015 sono stati costruiti 18mila immobili abusivi: in Campania si registra il 18% degli illeciti. Seguono la Calabria (12%), il Lazio e la Sicilia (entrambe al 10%). Emblematico quanto è accaduto nell’isola, dove il sindaco di Licata Angelo Cambiano ha avviato le demolizioni di alcune ville abusive a Torre di Gaffe (Agrigento). Nei mesi scorsi, nel corso della trasmissione ‘L’Arena’ ha confermato il pugno di ferro e, il giorno dopo, per tutta risposta, qualcuno ha appiccato il fuoco nella sua casa di campagna. Esperienze positive, invece, nella lotta all’abusivismo edilizio si registrano in provincia di Lecce.

DAL TRAFFICO DEI RIFIUTI ALL’AGROALIMENTARE – Per quanto riguarda il traffico illecito dei rifiuti, al 31 maggio 2016 le inchieste sono 314, con 1.602 arresti, 7.437 denunce e 871 aziende coinvolte in tutte le regioni d’Italia, a cui sia aggiungono 35 Stati esteri, per un totale di oltre 47,5 milioni di tonnellate di rifiuti finiti sotto i sigilli. Solo nelle ultime 12 inchieste di quest’ultimo anno e mezzo (gennaio 2015-maggio 2016) le tonnellate sequestrate sono state 3,5 milioni, più o meno l’equivalente di 141mila tir. Legambiente sottolinea i rischi degli illeciti legati alla filiera dell’agroalimentare: nel corso del 2015 sono stati accertati 20.706 reati e 4.214 sequestri. “Il valore complessivo dei sequestri effettuati – rileva il rapporto – ammonta a più di 586 milioni di euro. Tra le tipologie specifiche di crimini agroalimentari la contraffazione è tra le più diffuse e colpisce principalmente i prodotti a marchio protetto, come l’olio extravergine di oliva, il vino, il parmigiano reggiano e così via. In espansione il fenomeno del caporalato: sono circa 80 i distretti agricoli, indistintamente da Nord a Sud, nel quale sono stati registrati fenomeni di caporalato.

Le Ecomafie, inoltre, continuano i loro affari anche nel racket degli animali con 8.358 reati commessi nel 2015. A rischio anche i beni culturali: lo scorso anno ne sono stati recuperati o sequestrati dalle forze dell’ordine per un valore che supera abbondantemente i 3,3 miliardi. Un valore 6 volte superiore a quello registrato nell’anno precedente, quando si era “fermato” intorno ai 530 milioni. Per quanto riguarda i roghi, hanno mandato in fumo più di 37mila ettari e più del 56% si è concentrato nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso. Alla Campania va un’altra maglia nera per il numero più alto di infrazioni, 894 (quasi il 20% sul totale nazionale), seguita da Calabria (692), Puglia (502), Sicilia (462) e Lazio (440).

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