“Il governo è pronto a reagire adottando misure immediate e proporzionate”, tuonava contro l’Egitto il 5 aprile scorso il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni al Senato. Mettendo sotto accusa la collaborazione “generica e insufficiente” fornita dalle autorità de Il Cairo nelle indagini sull’omicidio di Giulio Regeni, il giovane ricercatore friulano scomparso il 25 gennaio scorso e ritrovato cadavere il 3 febbraio con evidenti segni di tortura lungo la strada che collega la capitale egiziana ad Alessandria. Tre giorni dopo, l’8 aprile, Gentiloni era passato addirittura ai fatti, richiamando a Roma l’ambasciatore Maurizio Massari. Una decisione presa con il pieno sostegno del premier Matteo Renzi. “L’Italia si fermerà solo davanti alla verità”, assicurò su Facebook il presidente del Consiglio.

INDIETRO TUTTA – Ma qualcosa, negli ultimi due mesi, deve essere evidentemente cambiato nella posizione del governo italiano. Stando ai documenti che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare, infatti, il 13 giugno la Direzione generale per la politica commerciale internazionale (Autorità per l’esportazione beni a duplice uso), che fa capo al ministero dello Sviluppo economico (Mise), guidato da Carlo Calenda, ha concesso alla società Area spa un’autorizzazione specifica (valida per una singola operazione) ad esportare, proprio in Egitto, un “sistema di monitoraggio delle comunicazioni su rete funzionante con protocollo internet”. Dopo che, il 31 marzo scorso, la stessa Autorità del Mise aveva disposto la revoca alla società milanese Hacking Team (HT) dell’autorizzazione globale all’export del software Rcs Galileo Per le “mutate situazioni politiche” in alcuni dei 46 Stati, tra i quali proprio l’Egitto, destinatari del suo prodotto. Un sofisticato sistema che consente di spiare a distanza dati e informazioni che transitano su computer e smartphone.

STOP AND GO – Il via libera all’export per Area spa è arrivato dopo la “sospensione dei termini di conclusione del procedimento” di 30 giorni, decisa il 14 maggio dopo ben quattro rinvii del Comitato consultivo per l’esportazione dei beni a duplice uso (utilizzabili cioè sia in applicazioni civili che militari), chiamato ad esprimere un parere sull’istanza presentata il 16 novembre 2015 dall’azienda lombarda, con sede a Vizzola Ticino (Varese), guidata da Andrea Formenti. Sospensione che, secondo quanto risulta a ilfattoquotidiano.it, si era resa necessaria per consentire ai componenti del Comitato stesso (tra i quali i rappresentanti del ministero degli Esteri, che lo presiede, della Difesa, dell’Interno, dell’Economia, dell’Istruzione e della Salute, oltre che dello stesso Mise) un’ulteriore valutazione dello stato dei rapporti bilaterali tra Italia ed Egitto e dei possibili sviluppi eventualmente intervenuti. Una pausa di riflessione cui è seguita l’autorizzazione dal Mise ad Area spa ad esportare la sua tecnologia nel Paese guidato da Abd al-Fattah al-Sisi. Insomma, due mesi e mezzo dopo il blocco dell’export imposto ad HT, con il caso Regeni alla base delle tensioni tra Roma e Il Cairo tutt’altro che risolto, l’Autorità del Mise ha autorizzato un’altra società, Area spa, a vendere all’Egitto una tecnologia diversa ma assimilabile per funzioni.

NON SOLO REGENI – Utilizzatore finale del prodotto venduto dalla società varesina (valore 3,1 milioni di dollari), peraltro, è lo stesso di HT. Si tratta del “National Defense Council”, il Consiglio nazionale di difesa egiziano, istituito per decreto nel 2012 all’indomani della “primavera araba” che portò alla destituzione dell’ex presidente Hosni Mubarak, dall’allora capo del Consiglio militare, il generale Hussein Tantawi. In base all’autorizzazione ottenuta, Area spa dovrà presentare, “entro 15 giorni dal completamento della fornitura, una dichiarazione di presa in carico, dettagliata, da parte dell’utilizzatore finale dei beni autorizzati”. Contattato per un commento sul rilascio dell’autorizzazione, il responsabile relazioni istituzionali di Area spa, Eduart Biasizzo (la cui firma per ricevuta compare nell’autorizzazione), già consulente diplomatico della Presidenza del Consiglio dei ministri, ha preferito non rilasciare dichiarazioni. Ma come si spiega questo radicale cambio di indirizzo dell’Autorità, dalla revoca ad HT al via libera ad Area, in un lasso di tempo così ristretto e senza che siano intervenute nel frattempo sostanziali novità sul caso Regeni? Fonti del Mise precisano che alla base della revoca dell’autorizzazione globale precedentemente concessa ad HT ci sono anche altri fattori, oltre alla mutata situazione politica in Egitto, come l’hackeraggio subito dalla società milanese nel 2015. Peraltro, aggiungono dal ministero, nulla impedisce ad HT di richiedere autorizzazioni specifiche per i singoli Paesi con i quali ha in corso rapporti commerciali.

BOTTA E RISPOSTA – Una versione che, però, si scontra con quella fornita dalla stessa HT. “Siamo esterrefatti – commenta un portavoce dell’azienda milanese –. Nel corso di un incontro avuto a maggio tra il ceo David Vincenzetti, assistito dai legali dell’azienda, e alcuni dirigenti competenti del ministero, è stato spiegato chiaramente che la revoca dell’autorizzazione globale ad HT era stata decisa in seguito ai noti fatti legati all’omicidio di Giulio Regeni e alle conseguenti tensioni nate tra il governo italiano e quello egiziano”. Nessun accenno sarebbe stato fatto alla violazione dei sistemi informatici subita da HT. “Tra l’altro, se questa fosse la reale motivazione, dal momento che l’episodio risale al luglio 2015 e la revoca è stata disposta il 31 marzo 2016 – fa notare in proposito il portavoce di Hacking Team – non si spiegherebbe come mai il Mise avrebbe atteso oltre otto mesi prima di decidere il blocco dell’export di Galileo”. Quanto alla possibilità di richiedere un’autorizzazione specifica per ciascuno dei Paesi (46 in tutto quelli autorizzati) interessati dalla revoca, conclude il portavoce di Vincenzetti, “l’azienda ha preferito impugnare il provvedimento del Mise dinanzi al Tar del Lazio, dove la prima udienza si terrà il prossimo 30 giugno, puntando piuttosto a ripristinare l’autorizzazione globale revocata con esclusione dell’Egitto, vista la carenza di motivazioni dello stesso e visti i tempi lunghi che le singole procedure di autorizzazione richiederebbero”.

DIRITTI NEGATI – Tornando all’autorizzazione concessa ad Area spa, spiegano ancora dal Mise mettendo le mani avanti per le critiche che potrebbero arrivare per il caso Regeni ancora irrisolto, la decisione è stata presa in conformità al parere espresso dal Comitato consultivo. Un parere, per legge, “obbligatorio ma non vincolante”. L’ultima parola per il rilascio delle autorizzazioni spetta infatti sempre ai competenti organi del ministero dello Sviluppo economico. Con la massima attenzione, ecco il punto critico, per il rispetto dei diritti umani, come anche il sito ministeriale sottolinea. Un problema aperto in Egitto. Dove, stando ai dati di Amnesty International, solo nel 2015, sono stati riscontati 1.176 casi di tortura, 500 dei quali con esito mortale.

SCANDALO INTERNAZIONALE – Poco più di dieci giorni fa, a Bruxelles, Paola e Claudio Regeni, i genitori del ricercatore friulano ritrovato cadavere nei pressi de Il Cairo, avevano rivolto un appello al Parlamento europeo. “Finora abbiamo solo carta straccia, false testimonianze, chiediamo una forte pressione dell’Europa nei confronti de Il Cairo – aveva detto il padre –. Non ho ancora capito se l’Italia è amica o no dell’Egitto ma so che gli amici non uccidono i figli degli amici”. Un dubbio ancor più legittimo alla luce del via libera concesso ad Area spa. Di certo, il duro intervento di Claudio Regeni aveva spinto lo stesso Renzi ad intervenire. “Massima attenzione e sostegno – aveva promesso il premier ai genitori di Giulio –. Verificherò lo stato dell’arte e vi faremo sapere”. Nel frattempo, di nuovo autorizzate le vendite dei software-spia.

 Twitter: @Antonio_Pitoni

 

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