La sorte dell’Isola del Giglio dipende molto dalle sue scuole. “Lo Stato non garantisce il diritto allo studio ai nostri abitanti come sulla terraferma. Ogni anno lasciano l’isola dalle cinque alle dieci famiglie. Avanti di questo passo qui rimarranno solo gli anziani” denuncia il sindaco Sergio Ortelli. Da tre giorni i genitori e i ragazzi delle medie (la secondaria di primo grado, ndr) protestano davanti al porto. “Se muore la scuola, muore l’isola” c’è scritto sullo striscione sbandierato da alcuni di loro.

La manifestazione continuerà a oltranza, finché non sarà ricostituito tutto l’organico. Al primo giorno di scuola, il 16 settembre, infatti si è presentato in classe un solo docente. Che ha dovuto vestire anche i panni del bidello (quello vero non è pervenuto) aprendo e chiudendo l’edificio scolastico. La classe è unica per tutti e tre gli anni: “In totale gli allievi sono una decina. Ma è inimmaginabile che nella stessa stanza, lo stesso insegnante, faccia tre lezioni diverse con tre programmi diversi. È roba da terzo mondo” chiosa il primo cittadino.

Il Miur, interpellato dal fattoquotidiano.it, ha assicurato che “a breve si affiancheranno, via via che verranno completate le supplenze, gli altri insegnanti”. E ha chiarito il motivo del ritardo: “La difficoltà nel reperimento dei supplenti è data dallo spostamento dalla terraferma all’isola. Stiamo cercando di velocizzare il più possibile le operazioni”.

Al corteo si sono aggiunte le famiglie dei 44 bambini delle scuole elementari (le primarie di primo grado, ndr) e quelle dei 26 bambini della scuola dell’infanzia. Perché in ballo c’è pure il loro futuro. L’anno scorso la situazione non era ancora precipitata, ma non sono mancate le rimostranze. A maggio gli studenti delle medie si erano incatenati davanti allo sbarco dei traghetti e si erano rifiutati di andare a scuola per una settimana. “Erano in undici, divisi in due classi, una per quelli di prima e seconda, l’altra per quelli di terza. Dieci anni fa invece era tutta un’altra storia, le sezioni erano tre” ricorda Ortelli.

L’isola toscana è doppiamente discriminata. Perché l’obbligo scolastico qui è riconosciuto fino ai 14 anni, mentre la legge dal 2007 lo prevede fino ai 16. Lì, in mezzo al mare, non esistono istituti superiori e gli adolescenti sono costretti a emigrare, almeno per cinque anni, sul “continente”. Insieme a loro se ne vanno le madri e i fratelli più piccoli. I padri di solito rimangono sull’isola per lavoro. Se hanno un impiego stagionale invece salpano pure loro e rientrano nel periodo di Pasqua. Il sindaco sottolinea il disagio: “Così le nostre famiglie hanno due case da mantenere e un conto che sale di mille euro al mese. Chiediamo al Miur che ci garantisca le condizioni minime di insegnamento”.

Stante la carenza di istruzione, lo spopolamento è uno dei rischi maggiori del Giglio, un granello di roccia che si estende per 24 chilometri quadrati, ospita neanche 1500 abitanti, e dista dalla penisola un’ora di traghetto. Il Comune in questi anni ha teso le mani alla scuola e si è dato da fare come poteva. “Abbiamo investito 15mila euro in progetti formativi per implementare le ore di lezione di matematica, inglese e altre materie. Con il budget abbiamo realizzato anche un laboratorio di biologia marina” spiega Ortelli.

Barbara Galeotti, 38 anni e un figlio di 11 iscritto alla prima media, è la rappresentata dei genitori dell’istituto. “Siamo stanchi di essere penalizzati. Rivendichiamo il diritto allo studio per i nostri figli. Il mio quando dovrà iniziare le superiori lo manderò a Grosseto in una famiglia senza di noi, io faccio la geometra sull’isola, mio marito ha un’impresa di impianti, nessuno di noi due può permettersi di lasciare il lavoro”.

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