Ad abbattere il Dc 9 dell’Itavia la notte del 27 giugno del 1980 fu un missile, o un aereo militare: la strage di Ustica, quindi, è maturata in uno scenario di guerra, e non fu provocata da alcun cedimento strutturale e neanche dalla presenza di una bomba a bordo del velivolo. È una bacchettata all‘ultimo governo di Silvio Berlusconi la sentenza della corte di Appello civile di Palermo: il ricorso dei ministeri della Difesa e dei Trasporti è stato infatti respinto.

L’ultimo pezzo di puzzle di una verità giuridica in continuo aggiornamento condanna ancora una volta lo Stato italiano: la responsabilità della strage di Ustica è dei ministeri della Difesa e dei Trasporti, competenti della sicurezza aerea dei cittadini. Il presidente della corte d’appello civile di Palermo Rocco Camerata Scovazzo ha infatti avallato la sentenza del giudice Paola Protopisani, che ne settembre 2011 condannò i due dicasteri a risarcire con 100 milioni di euro 42 familiari di 17 vittime: in totale quella notte a bordo dell’Itavia c’erano 81 passeggeri. “La causa dell’abbattimento fu un missile o collisione in una scena militare”, scriveva il giudice Protopisani, scatenando le ire di Ignazio La Russa e Carlo Giovanardi, all’epoca ministro e sottosegretario della Difesa. “Il governo impugnerà una sentenza ideologica firmata da un giudice monocratico che butta a mare 31 anni di processi e perizie, ribaltando decisioni prese da una ventina di magistrati”, era stato l’annuncio di Giovanardi, che per l’occasione aveva addirittura convocato una conferenza stampa a Palazzo Chigi. Oggi, dopo quasi quattro anni, anche la corte d’appello ha dato torto allo Stato.

Una sentenza che conferma la decisione del giudice di primo grado, ma che dichiara prescritto il “diritto al risarcimento dei danni connesso all’illecito consistito nel aver ostacolato o impedito l’accertamento della verità sulle cause del disastro”. In pratica i familiari delle vittime non potranno chiedere un risarcimento a chi si è adoperato per insabbiare le indagini, depistando le ricostruzioni investigative: un tentativo andato a segno dato che a trentacinque anni di distanza, ancora sfocate appaiono le responsabilità sulla strage. Non è infatti un caso che, per avere un brandello di verità, si è dovuto aspettare il febbraio del 2007, quando Francesco Cossiga raccontò della presenza di missile a “risonanza e non ad impatto” nei pressi di Ustica, la notte del 27 giugno 1980. Secondo il presidente della Repubblica emerito, quel missile era stato lanciato da un aereo decollato dalla portaerei Clemenceau: l’obbiettivo era abbattere il leader libico Muammar Gheddafi, in volo nella stessa zona. Una testimonianza di prima mano quella di Cossiga, dato che il picconatore era presidente del consiglio in carica all’epoca della strage. Nonostante tutto, nello stesso anno la corte di Cassazione penale aveva assolto i generali Lamberto Bartolucci e Franco Ferri dall’accusa di alto tradimento.

Diverso l’esito delle sentenze civili. Se il giudice Camerata Scovazzo ha confermato la responsabilità civile dei ministeri, rimane sospesa comunque la decisione sull’esatta quantificazione economica del danno. Aggiornando la causa al prossimo 7 ottobre, infatti, il giudice ha spiegato di essere in attesa della sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione. Gli ermellini dovranno pronunciarsi sul contrasto sorto tra la risarcibilità del danno da morte immediata: se viene configurata la perdita del diritto alla vita come autonomo bene supremo della persona, sarà quindi possibile elargire un ristoro monetario in favore degli eredi del defunto. Dopo la sentenza della Cassazione, sarà quindi più chiaro il modo per quantificare i risarcimenti monetari. Le motivazioni della corte d’appello di Palermo, attese per i prossimi mesi, potrebbero poi essere utili anche ad un’altra causa: quella che nell’ottobre scorso ha condannato i ministeri della Difesa e dei Trasporti a risarcire con cinque milioni e 637 mila euro altri 14 familiari di vittime. Poche settimane fa, infatti, l’avvocato dello Stato Maurilio Mango ha depositato la sua citazione d’appello, chiedendo l’annullamento di quella condanna. Il motivo? Per l’avvocato dello Stato non ci fu alcun missile e neanche alcuna collisione. Il dc 9 sarebbe precipitato nel mare di Ustica senza un perché: un salto indietro nel tempo di vent’anni.

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