Nuovo blitz contro le infiltrazioni della criminalità organizzata nella riviera romagnola, un fenomeno ormai consolidato e sotto gli occhi di tutti. La procura della Repubblica di Rimini ha ordinato un sequestro d’urgenza, finalizzato alla confisca, da 2,5 milioni di euro di beni contro una famiglia camorrista che da vent’anni gestiva in riviera alberghi e attività economiche varie. Si tratta della famiglia Lanna affiliata al clan Abate di San Giorgio a Cremano.

Complessivamente, sono stati sequestrati un hotel a Miramare e una sua dipendenza, un appartamento a Montecolombo, una gastronomia in pieno centro a Riccione e cinque imprese che gestiscono altrettanti hotel tra Rimini e Riccione. Dando applicazione per la prima volta nella riviera romagnola al sequestro anticipato previsto dal nuovo codice antimafia, finalizzato alla confisca dei beni ritenuti di valore sproporzionato rispetto al reddito o all’attività economica di chi li detiene, il blitz è stato compiuto dai finanzieri del nucleo di polizia tributaria e dai poliziotti dell’ufficio criminalità della questura, tutti coordinati dal procuratore Paolo Giovagnoli e dal sostituto Luca Bertuzzi.

L’attenzione delle forze dell’ordine è stata per Ciro, Francesco e Giovanni Battista Lanna: tutti pregiudicati per delitti in materia di stupefacenti ed altri reati, hanno dunque tradito discrepanze tra reddito dichiarato e patrimonio immobiliare (posseduto direttamente e attraverso intestatari fittizi). Pur dichiarando un reddito di 15 mila euro l’anno, infatti, sostenevano spese per almeno 800 mila euro nell’esercizio delle loro imprese alberghiere.

Tutti e tre i pregiudicati, hanno rilevato le indagini, sono rimasti in questi anni “in costante contatto con gli zii materni”, indiziati di appartenere al clan Abate. I beni sequestrati loro sono attualmente gestiti da un custode ed amministratore giudiziario nominato dal tribunale. L’attività di contrasto di guardia di finanza e questura si inserisce nell’ambito del progetto “EmmePi”, finalizzato all’aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati dalla criminalità organizzata sulla costa romagnola attraverso mirate indagini economico-patrimoniali. Il progetto, da tempo, è stato anche portato all’attenzione e approvato dal comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica provinciale nel contesto delle iniziative intraprese da Autorità giudiziaria, forze dell’ordine e enti locali.

In particolare, il 14 maggio dell’anno scorso è stato approvato il protocollo per “lo sviluppo della legalità e lo sviluppo del settore ricettivo-alberghiero” tra prefettura, Provincia, Comuni di Rimini, Riccione, Bellaria Igea Marina, Cattolica e Misano Adriatico, associazione degli Albergatori, Camera di commercio, Ordine dei notai e dei commercialisti. Il documento affida allo sportello unico della attività produttive dei Comuni un ruolo centrale: al suo interno prendono il via le segnalazioni relative alle situazioni sospette.

Orgoglioso il sindaco di Rimini, Andrea Gnassi (Pd), commentando l’esito del sequestro della procura: “Qua non si passa. Via camorra, ‘ndrangheta, mafia dalle nostre terre. E’ la dimostrazione che dallo scambio di informazioni, segnalazioni e attività sospette tra Comune, prefettura, forze dell’ordine possono partire azioni e indagini straordinarie”.

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