Non è la prima volta che l’Italia salta un giro, o anche due, al concorso della Berlinale. Succede anche quest’anno come è accaduto lo scorso e nessuno – francamente – deve scandalizzarsi. A due edizioni dal glorioso Orso d’oro ai fratelli Taviani con Cesare deve morire, il tricolore si è preso un biennio forzato di pausa dalle gare sui cine-territori di Frau Merkel, che aprono oggi il 64° Internationale Filmfestspiele Berlin per chiuderlo il 16 febbraio.

Circa 400 film nel ricco programma diviso in numerose sezioni puntualmente sorvegliate da patron Dieter Kosslick, rinominato alla direzione artistica che guida dal 2001 e che edizione dopo edizione ha caratterizzato da perfetto stratega, abile equilibrista tra le esigenze artistiche degli europei e il mercato di Hollywood. Pertanto è bello, ed assai “berlinese”, accostare un classico restaurato come Il gabinetto del dottor Caligari girato da Robert Wiene nel 1920 (sarà presentato il 9/2 alla Berliner Philarmonie che musicherà dal vivo l’opera) all’eccentrico corale The Turning composto da 17 corti di altrettanti registi australiani, anche “esordienti” come la diva Cate Blanchett. E se non mancano le star da copertina, traghettate dal film d’apertura previsto stasera come The Grand Budapest Hotel di Wes Anderson (tra le star in ordine sparso… Ralph Fiennes, Mathieu Amalric, Adrien Brody, Willem Dafoe, Harvey Keitel, Jude Law, Bill Murray, Edward Norton, Léa Seydoux, Tilda Swinton, Owen Wilson…) o da The Monuments Men di e con George Clooney giusto per fare alcuni nomi, ugualmente si può dire di autentici “giganti” della Settima Arte in cartellone rispettivamente con un extra-long (Lars von Trier porta l’attesa versione integrale del Vol I di Nymphomaniac) ed un extra-short (il taiwanese Tsai Ming-Liang porta il corto girato in Francia Jorney to the West).

L’Orso d’Oro alla carriera 2014 porterà il nome di Ken Loach (nella foto premiato a Cannes nel 2012, ndr), mentre doverosi e purtroppo improvvisati omaggi saranno dedicati a recenti scomparsi: Maximilian Schell, Miklòs Jancsò e naturalmente Philip Seymour Hoffman che fu a Berlino in diverse occasioni tra cui l’annus mirabilis 2000 quando partecipò con la doppietta Il talento di Mr. Ripley e Magnolia, vincendo l’Orso d’oro per quest’ultimo.

Quanto all’Italia, seppur assente dal concorso principe, troverà il suo momento d’attenzione grazie al documentario di Gianni Amelio, Felice chi è diverso (il 10/2 in Panorama Dokumente), al film di Edoardo Winspeare, In grazia di Dio, (l’11/2 in Panorama) e a Valeria Golino, nella giuria internazionale che premierà la miglior opera prima.

Articolo Precedente

Smetto quando voglio, la banda degli onesti ai tempi di Breaking bad – il trailer

next
Articolo Successivo

Papa Francesco, l’incontro con Philomena per aiutare altre madri e i loro figli perduti

next