Vi sono momenti che da cronista ti sembra di aver già vissuto. Il caso Cancellieri appare uno di quelli. Soprattutto sono le cronologie che, il cronista attento segue, perché solo da esse si può trarre qualche scampolo di verità. Della serie il tempo, come categoria, non può fisiologicamente mentire, mentre le parole e lo spazio possono rendere verosimile tutto. E’ l’oggettività del timing a rendere “un fatto” in tutta la sua evidenza. Così è per il caso Cancellieri, così lo è stato per i tanti casi italiani che rendono possibile che in un cartone dei Simpson si lanci la metafora “corrotto come il Parlamento italiano”. Le telefonate hanno una sequenza temporale che rende il caso inquietante e le rassicurazioni fornite dalla Ministra si infrangono contro il calendario di un agosto terribile durante il quale si percepisce il peso del lobbismo italiano che non ha eguali nel mondo.

Fu così, con il tempo protagonista nel gennaio 2008, quando imperversò il caso Mastella. Il giorno della sua relazione in Parlamento alle 8.35 apparve una notizia apcom sull’arresto della moglie; alle 10.50 Mastella Guardasigilli strappa l’applauso in aula (sulla moglie) e si dimette; alle 12.00 Mastella si intrattiene con Casini e Cesa prima di entrare da Prodi che ha respinto le sue dimissioni. Ore 14.30 arriva il mandato per sua moglie a Ceppaloni e la notizia dell’avviso a lui e di altri 23 arresti nell’Udeur. Mastella risponde a Prodi che sulle dimissioni ci penserà e a mezzanotte da Mentana comunica che riconferma le sue dimissioni perché così avrà più tempo per difendere i cittadini dalle anomalie della Giustizia.

Perché ricordare questa sequenza? Perché dimostra a chi conosce i tempi dei Palazzi romani, che Mastella leggendo il suo discorso in aula dico leggendo (quindi si trattava di cartelle scritte predisposte e non certamente scritte mezz’ora prima per strada o sul Porsche Cayenne utilizzato dal ministro per i suoi spostamenti), dimostrò di sapere già dalla sera prima quello che sarebbe accaduto e che l’andamento della giornata fatidica in cui si decise la fine del governo Prodi, era solo una messa in ordine del teatrino mediatico della politica che negli ultimi minuti decide solo cosa dare in pasto all’opinione pubblica mentre i fatti sono già avvenuti ed hanno altri tempi.

Così nel caso Cancellieri nulla è come appare, mentre inconfondibili e netti sono i tempi della vicenda, supportati da tabulati, intercettazioni e toni inusuali nel linguaggio di un Guardasigilli: “Non è giusto, non è giusto”. Tutto può dire un Ministro di Grazia e Giustizia fuorché non è giusto in riferimento ad una vicenda giudiziaria. Possono dirlo i cittadini, può dirlo la politica, ma se lo dice un ministro della Giustizia deve avere il coraggio di dimettersi immediatamente perché scatta la cosiddetta “decadenza etica” che ancorché non codificata nei codici deve essere impressa a fuoco nelle anime di coloro i quali possono essere definiti “Servitori dello Stato”. Questo lo capì finanche Mastella: quando si diventa Guardasigilli, non ci sono famiglie che tengano; l’unica famiglia è lo Stato ed i suoi cittadini.

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