Ringrazio Elena Monticelli per il contributo dato nella scrittura dell’articolo

“L’ultimo che esce spenga la luce”, è questa l’immagine che mi viene in mente pensando al ministro Profumo che, a pochi giorni dalla fine del suo mandato, prima di lasciare il suo ufficio di Viale Trastevere, si affretta a far approvare il nuovo decreto sul diritto allo studio, che verrà discusso nel corso della prossima Conferenza Stato Regioni del 7 febbraio.

Il decreto rimodula i livelli essenziali delle prestazioni, ovvero i criteri attraverso i quali gli studenti e le studentesse possono accedere a borse di studio, alloggi ed altri servizi, determinando di fatto una restrizione delle possibilità, per chi appartiene a famiglie con redditi medio-bassi, di accedere all’università.

La denuncia arriva dalle associazioni studentesche. Una notizia inaspettata: perché presentare un decreto che incide in maniera così determinante sul futuro di migliaia di studenti e studentesse e, più in generale, delle nostre università, proprio negli ultimi giorni di Governo, in piena campagna elettore, con i tempi così ristretti da rendere impossibile ogni possibilità di discussione dei contenuti del decreto stesso? Ma soprattutto, come è possibile pensare di affrontare in questa maniera un tema che dovrebbe essere centrale nel dibattito pubblico del Paese, quale quello di come garantire realmente a tutti la possibilità di accedere ai livelli più alti d’istruzione (articolo per altro sancito dalla nostra Costituzione)?

La questione assume una rilevanza ancora più centrale dopo la denuncia del Cun rispetto al calo delle iscrizioni universitarie del 17% (si parla di 58mila studenti in meno, come se fosse scomparsa l’intera Statale di Milano), che conferma quello che da tempo denunciamo nelle piazze: l’espulsione di massa di migliaia di studenti e di studentesse dall’università a causa dei reali problemi di accesso (innalzamento delle tasse, riduzione delle borse di studio, aumento dei costi dei servizi, inesistenza di un welfare studentesco, proliferazione dei numeri chiusi) e la trasformazione del sistema pubblico di istruzione in modo sempre più classista ed elitario.

Il Ministro si è affrettato subito a smentire un possibile taglio delle borse di studio, ma Profumo mente sapendo di mentire: se è vero che nel decreto non si menzionano le risorse economiche stanziate per le borse di studio, la ridefinizione dei criteri di Isee e di merito di fatto ne riduce la platea degli aventi diritto.

Ci dica, signor ministro, ad esempio, come spiegherà ad uno studente di Lecce con un Isee pari a 16.000 euro, che per lui non vi è alcuna possibilità di rimanere a studiare nella propria regione e che l’unica soluzione dovrebbe essere quella di trasferirsi a Milano, in quanto il limite per presentare la domanda di borsa di studio nelle regioni del Nord nel decreto è fissato a 20.000 euro, mentre per le regioni del sud è fissato a 14.300? Come è possibile pensare che di fronte allo scandalo tutto italiano dello studente idoneo non vincitore (45.000 nel 2010-2011, quando ancora non erano entrati in vigore gli ulteriori tagli, che, pur avendone diritto non hanno ricevuto la borsa di studio) il decreto da far approvare d’urgenza invece che a risolvere questa situazione, vada ulteriormente a peggiorarla?

E’ necessario che Profumo faccia un passo indietro e lasci il suo ufficio di Viale Trastevere senza spegnere la luce sul futuro di molti miei coetanei che il prossimo anno dovranno decidere se lasciare l’università e abbandonare la possibilità di scegliere cosa fare del proprio futuro.

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