Le sagome di cartone del poliziotto pugnalato alle spalle sono divenute il simbolo delle rivendicazioni degli agenti di polizia del sindacato Coisp. Hanno fatto il giro di mezza Italia in manifestazioni e presidi. Ora a quelle sagome si sono aggiunte quelle dei carabinieri. Un messaggio forte e uno smacco troppo grande per l‘Arma dei carabinieri, abituata da sempre a nascondere i disagi dei suoi appartenenti. Così ieri oltre un centinaio di persone tra poliziotti, carabinieri, militari, finanzieri ma anche semplici civili si sono presentati di fronte al ministero della Difesa di via XX settembre a Roma. Riuniti sotto la neonata sigla politica del Psd, un partito nato da appena un anno e che sta per ‘Partito degli operatori della sicurezza e della difesa’. E’ il primo formato da appartenenti delle forze dell’ordine.

Non accadeva dagli anni ’70 che i militari organizzassero una protesta di piazza per denunciare le loro condizioni di vita e di lavoro. Non accadeva, soprattutto, che i carabinieri si esponessero in questo modo. Arrivando fin sotto il Comando Generale dell’Arma con cartelli e striscioni. Una esposizione che alcuni di loro stanno pagando a caro prezzo: con la consegna di rigore. Tre parole che significano per un carabiniere la fine o la seria compromissione di una carriera. Anni di fedeltà all’Arma che vanno a farsi benedire in un colpo solo. Di fatto su tratta di una punizione che è l’equivalente degli arresti domiciliari da scontare nel proprio alloggio o in caserma. Confinato in un locale apposito. Una ‘macchia’ che viene riportata sullo stato di servizio.

Dura da digerire poi se l’unica colpa è quella di essere iscritti ad un partito. “La contestazione è quella di essere iscritti in uno specifico partito: il nostro”. Giorgio Carta, avvocato ed ex ufficiale dei carabinieri, è il fondatore insieme a Giuseppe Paradiso, elicotterista della Marina militare, del Psd: il partito per gli operatori  della sicurezza e della difesa, duemila iscritti tra civili, appartenenti delle forze dell’ordine, militari e vigili del fuoco; 13 segreterie regionali in tutta Italia. Il partito è nato alla fine del 2009, da poco meno di un anno, ma da pochi mesi succede che i provvedimenti assunti nei confronti dei suoi appartenenti siano durissimi. “In un caso si è arrivati già alla definizione della sanzione: 5 giorni di consegna di rigore per un carabiniere dell’Umbria, Guido Lanzo. Carriera finita – dice Carta – e la minaccia seria di essere estromesso dall’Arma”. E i casi fioccano, sono già 5 i carabinieri sotto procedimento disciplinare perché iscritti al Psd. L’avvocato spiega che l’idea di formare un partito è il frutto di un’anomalia giuridica: “Militari e carabinieri non possono formare un sindacato ma possono formare un partito. Per questo è nato il movimento politico, anche per ovviare al divieto di costituirci in sindacato”. Ma nessuno ci aveva mai provato tra gli appartenenti delle forze dell’ordine.

“E’ evidente che chi è iscritto al Psd – continua Carta – stia subendo i procedimenti solo perché appartenente ad un movimento politico che per la prima volta si occupa in modo specifico di tutelare i diritti e gli interessi degli appartenenti alle forze dell’ordine”. Ma fa di più l’ex ufficiale, sostiene che per i carabinieri iscritti in altri partiti politici, come ad esempio quelli tesserati nel Pdl, dove carabinieri e militari ricoprono cariche politiche pubbliche significative: assessori, consiglieri comunali, a carico loro non sia mai stato aperto alcun procedimento disciplinare. Ma, soprattutto, agli iscritti di altri partiti non è stata mai riservata la procedura che è riservata a loro: e cioè che i generali dell’Arma dopo aver dimostrato di conoscere la legittimità dell’iscrizione dei carabinieri al partito si consultino poi con il Gabinetto del ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che di colpo pone un veto. “Ecco i documenti che provano come sei generali dei Cc hanno aderito – afferma Carta – ad una direttiva superiore volta a vietare ad alcuni carabinieri l’iscrizione al nostro partito”.

Il legale mostra i documenti del Gabinetto del ministro della Difesa: “Non potendo vietare per legge il ministro usa un gioco di parole che ha dell’incredibile e dice che: “L’iscrizione ai partiti politici, ancorché – in sé – non vietata, è da intendersi assorbita dal divieto di esercizio di attività politica”. E da qui i comandi interregionali dei Carabinieri aggiungono: “La sola presenza di un certo numero di militari tra i tesserati di un partito potrebbe consentire di argomentare in ordine all’espressione di preferenza politica della Compagine militare; è, dunque, comportamento suscettibile di assumere – si legge ancora in un documento dei Carabinieri – rilievo sotto il profilo disciplinare”. I comandi non vietano perché non possono farlo per legge ma a pensarci c’è il Gabinetto del ministro. Una procedura che, però, viene riservata solo al Psd. Un partito che da mesi interagisce con l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro. “Di Pietro è un ex poliziotto, capisce le nostre problematiche – osserva Carta – e il suo partito ha risposto sempre positivamente alle nostre richieste”.

L’avvocato in questi mesi ha spulciato le liste di carabinieri, poliziotti, finanzieri, iscritti ai vari partiti: “Questa corrispondenza tra ministero della Difesa e comandi interregionali dei Carabinieri avviene solo per i nostri iscritti”. Tira fuori le schede di diversi carabinieri che, in aspettativa e non, ricoprono cariche politiche pubbliche. Ilfattoquotidiano.it ha voluto, però, sentire alcuni di questi che fanno anche politica attiva. Remo Paniccia è da 10 anni nella politica, prima in Forza Italia e ora nel Pdl, è presidente del Consiglio comunale di Colleferro, in provincia di Roma: “Mai avuto problemi con il mio Comando” e, aggiunge, “mai chiesto nessun permesso al ministero della Difesa. E perché mai? C’è una legge che ci permette di fare attività politica fuori dall’orario di servizio”. Identica risposta da altri carabinieri iscritti nelle liste del Pdl.

“Ci saranno probabilmente anche carabinieri iscritti a partiti di centrosinistra“, dichiara Giuseppe Paradiso. “Ma quello che denunciamo è che il ministero della Difesa sta tappando la bocca solo a noi. Teme la costituzione di un sindacato di militari e carabinieri, figurarsi un partito organizzato”. E per di più che strizzi l’occhio alla sinistra. “Ad un nostro tesserato è stato intimato: ‘O ti cancelli da questo partito o ti buttiamo fuori dall’Arma’ e parliamo – dichiara ancora Carta – di un padre di famiglia che ha esercitato solo un suo diritto”. Ma non emerge solo il caso dei carabinieri, c’è anche quello di due poliziotti, anche loro sottoposti a procedimento disciplinare. “E qui c’è un’anomalia ancora più forte, perché il ministero è quello dell’Interno – osserva Carta – retto dal leghista Roberto Maroni, e non si era mai visto nella storia della polizia, che è soggetta ad ordinamento civile, infliggere procedimenti disciplinari solo perché si è iscritti a un partito”.

Paradiso e Carta hanno presentato 4 denunce, rispettivamente alle Procure della Repubblica di Roma e Padova e alle Procure militari sempre delle due città. Nelle denunce nei confronti di sei generali dell’Arma si chiede la persecuzione del reato di associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei reati di minaccia (militare e semplice) e per attentato ai diritti politici dei cittadini. Il ministro La Russa, interpellato al telefono da ilfattoquotidiano.it sulla vicenda ha detto di non saperne nulla: “Non mi interesso di queste cose. Non mi interesso, soprattutto, di un partito che non conosco”. E ha riattaccato bruscamente.

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