“La Lega non c’entra”, ha ripetuto per giorni Oscar Lancini, il sindaco di Adro. Ma il primo cittadino in 48 ore è riuscito a contraddire se stesso. Dopo l’invito del ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini a rimuovere il simbolo, Lancini è uscito allo scoperto: “Lo rimuoverò solo se me lo ordina Bossi”. E adesso che la questione del Sole delle Alpi sembra essere risolta, spunta un altro guaio per il sindaco leghista: l’intitolazione della scuola a Gianfranco Miglio, l’ideologo del Carroccio e mentore del senatùr morto nove anni fa, il 10 agosto 2001. L’ordinamento prevede infatti che debbano essere trascorsi almeno dieci anni dal decesso prima di poter intitolare una struttura pubblica a una personalità.

Lo stabilisce la legge 1188 del 23 giugno 1927 all’articolo 3: “Nessun monumento, lapide od altro ricordo permanente può essere dedicato in luogo pubblico od aperto al pubblico, a persone che non siano decedute da almeno dieci anni. Rispetto al luogo deve sentirsi il parere della Regia Commissione provinciale per la conservazione dei monumenti”. Disposizioni che, precisa l’articolo 4, “non si applicano alle persone della famiglia reale, né ai caduti in guerra e per la causa nazionale”. Ma, come ricorda la circolare ministeriale 313 del novembre 1980, è “facoltà del Ministero per l’Interno di consentire la deroga alle suindicate disposizioni in casi eccezionali, quando si tratti di persone che abbiano benemeritato della nazione”. Ora, escludendo con certezza assoluta che Gianfranco Miglio non è caduto in guerra né per la causa nazionale e che non dovrebbe essere discendente di qualche famiglia reale, o il sindaco di Adro aveva chiesto al ministro Roberto Maroni una deroga, ottenendola, oppure anche il nome Miglio è da togliere dalla scuola. Come Il Sole delle Alpi.

La stessa legge spiega l’iter da seguire per l’intitolazione di persone decedute da meno di 10 anni. “Il provveditore agli studi, acquisita la valutazione della Giunta comunale, interessa il Prefetto (inviandogli la documentazione completa) che riferisce al Ministero dell’Interno – Direzione Generale dell’Amministrazione civile. Il Ministero dell’Interno, valutata la fattispecie, comunica al Prefetto le proprie determinazioni. Il Prefetto provvede a comunicare le decisioni del Ministero dell’Interno al Provveditore agli studi, che ne dà a sua volta comunicazione alla scuola interessata”.

Lo ha fatto? Non è chiaro, anche se il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, due giorni fa ha dichiarato: “Intitolare la scuola a Miglio è stata una grande idea ma io mi sarei fermato lì. Miglio vuol dire tutto: è stato l’inventore delle tre macroregioni e quindi anche della padania”.

Ma chi secondo la legge deve proporre il nome della scuola? Secondo la circolare del 1980 spetta al consiglio di istituto, sentito il collegio dei docenti. E tra i professori di Adro il nome di Miglio non era molto popolare. “C’era stata una decisione diversa”, racconta Pier Paolo Begni, segretario provinciale della Flc Cgil di Brescia. “Su proposta degli insegnanti era prevalsa l’idea di mantenere la vecchia intitolazione ai Fratelli Dandolo, patrioti bresciani del Risorgimento che si misero in vista anche alla Cinque giornate di Milano. Evidentemente anche qui abbiamo avuto un altro colpo di mano”. E che le norme sulle intitolazioni delle scuole non vadano prese sotto gamba lo dimostra quanto accaduto alle porte di Roma. Il consiglio di istituto della scuola di Cesana avrebbe voluto intitolarla a Marco Biagi, il giuslavorista ucciso dalle brigate rosse. Ma dall’omicidio erano trascorsi solamente otto anni e non lo ha potuto fare.

Ad Adro, intanto, nonostante l’intervento del direttore scolastico regionale Giuseppe Colosio a nome del ministro Maria Stella Gelmini, i 700 simboli col sole delle Alpi restano ancora al loro posto. Una situazione imbarazzante soprattutto per lo stesso ministro e per il suo direttore Colosio che, dopo giorni di silenzio, nonostante sapessero tutto direttamente (la Gelmini lo scorso 11 settembre aveva inaugurato il nuovo polo scolastico), non hanno ancora assunto una posizione inequivocabile. Non a caso nessuno ha ancora avuto tra le mani la lettera inviata dal direttore scolastico regionale.

In attesa dell’esito delle censure ministeriali, si stanno preparando altre iniziative. “Stiamo preparando un ricorso all’autorità giudiziaria – spiega Pier Paolo Begni, segretario provinciale della Flc Cgil di Brescia – per chiedere la rimozione dei simboli a tutela delle condizioni di lavoro degli operatori scolastici che in questo modo si sentono discriminati. Altri ricorsi sono peraltro in preparazione da parte del Pd locale. Siamo di fronte a una colpo di mano inaccettabile”.

In effetti fino al giorno prima dell’inaugurazione della struttura scolastica gli insegnanti sono rimasti all’oscuro dei simboli leghisti. “Ci ha telefonato una maestra – dicono alla Camera del lavoro di Brescia – per segnalarci con sorpresa questa novità che era sfuggita a tutti”.

Ma il sindaco non ci sta e alle polemiche reagisce attaccando. “Lo Stato italiano dovrebbe vergognarsi perché questa scuola non gli è costata un centesimo”, ha detto. “Per rinnovare l’arredamento della scuola determinante è stato il contributo volontario della comunità: i cittadini hanno liberamente versato 300 mila euro”. E al ministro Gelmini ripete: “Prima di essere sindaco di Adro sono un militante della Lega. Sto aspettando che il mio segretario federale mi dica che cosa devo fare. Dopodiché io obbedisco”. Ma Bossi oggi in via Bellerio non l’ha ricevuto.

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