“Farò più rumore da morto che da vivo”. Era l’auspicio ottimistico dell’ex assessore ai Lavori pubblici della regione Campania, il Dc, Ciro Cirillo. A meno di un mese dalla sua scomparsa avvenuta a 96 anni, invece, è calato ancora una volta un silenzio ‘controllato’ e impenetrabile attorno alla sua storia che in tanti vorrebbero definitivamente archiviata o meglio i suoi segreti sotterrati con lui nella tomba. Nel 1981, il potente uomo politico rimase 89 giorni nelle mani delle Brigate rosse.

Giorni difficili, dove i big del partito della Dc e i servizi segreti si rivolsero alla Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo per indurre le Br a rilasciare l’ostaggio. ‘O Professore, da 51 anni detenuto, offrì ai terroristi una “piattaforma politica” concordata con i vertici dello Stato e il pagamento di un riscatto (3 miliardi di lire di cui 1, 5 miliari nelle tasche della camorra). Soldi sborsati da industriali, imprenditori e aziende, in parte, riconducibili agli stessi clan. La contropartita incassata è stata la gestione di vantaggiosi appalti del post-terremoto, il programma di infrastrutture finanziate dalla Cassa del Mezzogiorno e altri business. Tre anni prima, le Br rapirono il segretario della Dc Aldo Moro.

In quel caso, i vertici dello Stato adottarono ipocritamente la linea della fermezza. Moro fu ammazzato. Lo statista, in un’ultima lettera alla famiglia, e rivolta al mondo politico ammonì: “Il mio sangue ricadrà su di voi”. C’è chi dopo 50 anni, continua a sostenere che per liberare l’ex assessore non ci fu trattativa. Illuminanti le parole dell’ex ministro adreottiano Paolo Cirino Pomicino, che riscrive la storia a modo suo. Mentre inquietante è il mutismo dell’attuale sindaco di Nusco, Ciriaco De Mita, all’epoca dei fatti presidente del Consiglio. Il leader irpino osteggiò e contrastò con ogni mezzo le indagini del giudice Carlo Alemi. Addirittura, nel 1988, De Mita parlò di Alemi come di un giudice che si era messo “fuori dal circuito costituzionale”.

Le sentenze definitive hanno, invece, consegnato pagine di verità: ci fu trattativa tra pezzi di Stato, apparati deviati, camorra e Br per garantire la vita di Cirillo. Restano i silenzi, i segreti, i misteri che se svelati potrebbero avere ripercussioni sulla storia recente, politica, istituzionale e industriale del nostro paese. E’ solo un caso se tutti gli attori legati alle verità inconfessabili della vicenda Cirillo sono stati barbaramente uccisi o vittime di “strani” incidenti. Cito il massacro del vice questore Antonio Ammaturo e del suo autista Pasquale Paola.

Il capo della Squadra mobile di Napoli era vicino alla verità. Il suo rapporto investigativo inviato al Viminale non giunse mai presso quegli uffici. Allo stesso modo, anche la copia di quei documenti trasmessa al fratello Grazio, morto in un incidente, non è stata più ritrovata. Misteri che si aggiungono ad altri misteri. Lo stesso Cirillo parlò dell’esistenza di un suo memoriale, una vera polizza sulla vita, di cui ne custodiva l’originale un notaio mentre un’altra copia era depositata presso una cassetta di sicurezza. Trascorrono pochi giorni e Cirillo si affretta a ribadire che non è vero nulla. Era solo una bugia per togliersi dai piedi i giornalisti. In un’altra intervista riconosce meriti ad Alemi per poi attaccarlo da un Tv svizzera. C’è un altro mistero emerso dai processi e ricordato da Alemi: la clamorosa manomissione dei nastri delle conversazioni registrate dalle Br negli interrogatori a cui era sottoposto Cirillo nel corso della prigionia.

Stesso mistero riguarda gli scritti di Cirillo, a cui la colonna delle Br, lo sottoponevano assegnandogli temi da sviluppare. Sempre Alemi, in una recente intervista concessa a Antonio Manzo sulle pagine de Il Mattino, ricorda che in occasione dell’arresto di Cutolo nel blitz di Albanella, nel salernitano, fu trovata nel covo e sequestrata un’agenda del padrino però mai più ritrovata. Insomma, stessa trama per la scomparsa delle relazioni di Ammaturo, per la borsa di Moro, per il Pc di Giovanni Falcone, per l’agenda di Paolo Borsellino. Furti di Stato.

Resta da scrivere il capitolo inesplorato dei vantaggi che una certa imprenditoria ottenne dalla trattativa, diventando con quel credito classe dirigente del nostro Paese. E tanto potrebbe conoscere l’ex boss Pasquale Scotti, alla macchia per oltre 30 anni in Brasile, estradato e ora collaboratore di giustizia. I suoi verbali sono segretati. Scotti è l’unico sopravvissuto e potrebbe sapere cose di cui erano a conoscenza i vice di Cutolo: Vincenzo Casillo e Corrado Iacolare. Il primo fatto saltare in aria con un’autobomba nei pressi della sede dei servizi segreti a Roma, il secondo “protetto” in Paraguay e deceduto pochi anni fa.

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