E così, dopo i Verdi, anche i Liberali hanno respinto l’adesione del Movimento Cinque stelle al loro Gruppo al Parlamento europeo.
Sarebbe un errore pensare che queste decisioni siano state prese in modo superficiale o per partito preso. Almeno per quanto riguarda i Verdi, i quali hanno seguito un metodo diverso da quello di Guy Verhofstadt, organizzando senza clamore una discussione interna e un voto prima di iniziare a definire i termini concreti di un possibile accordo di adesione al gruppo dei Verdi-alleanza Libera europea dei deputati del M5Stelle.

Siamo sempre stati interessati a un dialogo con il Movimento. Al Parlamento europeo si lavora insieme su molte cose importanti: dal cambiamento climatico, alla tutela dell’ambiente, dall’energia alla battaglia contro la grande coalizione PSE-PPE – che soffoca l’azione del Parlamento a favore di un’Europa diversa -, fino a quella contro l’elusione e l’evasione fiscale; nonostante il gruppo con Farage e le posizioni del fondatore sull’immigrazione, anche su diritti civili e rifugiati ci sono state molte convergenze con gli eletti 5 Stelle a Bruxelles.

Nei Verdi, il dibattito interno è stato acceso e non sono mancate voci favorevoli all’inizio di conversazioni più concrete. Ma un gruppo politico non è un autobus, dal quale si sale e si scende a volontà. Per gli eurodeputati Verdi, i motivi per i quali, dopo una discussione circostanziata, è stata rifiutata la proposta di aprire un negoziato con il M5S sono sostanzialmente tre.
Il primo è la fondamentale ambiguità (per usare un eufemismo) del Movimento rispetto alla costruzione europea; i Verdi, pur con accenti diversi, sono profondamente europeisti e rifiutano ogni tentazione nazionalista o di delegittimazione delle istituzioni europee. Il nazionalismo è guerra. Senza Commissione, Parlamento e Corte di Giustizia, senza leggi e regole sovranazionali, restano solo i rapporti di forza fra gli Stati.

L’Unione europea ha limiti politici e istituzionali contro i quali ci siamo sempre battuti con coerenza, spesso in solitudine, da molto prima che nascesse il M5S. Ma non crediamo che ristabilire le frontiere, fomentare la divisione e l’ostilità fra le persone e i popoli, chiacchierare di una presunta riconquistata sovranità, perdere tempo a sognare il ritorno alla lira, ci faccia avanzare. Anzi. Saranno proprio quelli che oggi soffrono di più a causa delle folli politiche di austerità a essere le prime vittime della fine del sogno europeo.

Non sono belle parole. Per battere i cambiamenti climatici, fermare gli evasori piccoli e grandi, chiudere i paradisi fiscali, battere le forze della finanza predatrice, promuovere la partecipazione e il coinvolgimento dei cittadini, preparare la grande trasformazione ecologica, avviare un’economia diversa – temi che Grillo e i suoi da sempre sostengono – c’è assoluto bisogno di una struttura sovranazionale che funzioni, e non di chiudersi in piccole patrie irrilevanti nel grande gioco mondiale. Su questo tema, il Movimento è ambiguo, dà un colpo al cerchio – cercando di rubare voti ai leghisti – e uno alla botte – cercando l’accordo con Verhofstadt a Bruxelles.

Ci sono poi le posizioni sempre più estreme di Grillo e di alcuni importanti esponenti del Movimento sul tema dell’immigrazione e delle politiche di accoglienza: chi non ha diritto di asilo fuori subito: un’inaccettabile semplificazione e una dimostrazione di un cinico opportunismo che gioca con la vita delle persone senza tenere in conto della realtà concreta di un fenomeno difficile e strutturale, che può essere gestito solo evitando di fomentare paura e risentimento.

Infine, c’è la mancanza di democrazia interna e di autonomia degli eletti del M5S e la strana relazione con un’impresa privata, la Casaleggio Associati: elementi che appaiono agli occhi dei Verdi europei come l’espressione di una cultura politica autoritaria, in totale contrasto con la dichiarata ambizione di favorire partecipazione e trasparenza.

Sul blog di Grillo, si dice che le ragioni di questo rifiuto sono determinate dal timore di fronte a uno stravolgimento degli equilibri interni dei Verdi europei. In realtà, il Gruppo è già abbastanza “vario”, dato che accoglie, oltre ai Pirati, degli esponenti dei partiti regionalisti di alcuni paesi, dalla Scozia alla Catalogna; non abbiamo mai avuto paura della diversità. Direi piuttosto che c’erano perplessità di fronte a un metodo di battaglia politica che fa dell’attacco sistematico, anche personale, e del repentino cambio di fronte una pratica comune, cosa che rende il M5S un imprevedibile compagno di viaggio.

Molti pensano ancora che l’Europa sia solo un posto per grigi burocrati e che la politica sia un’altra cosa. Invece si sbagliano. Nella vicenda di indubbio interesse della collocazione del Movimento 5 stelle nell’Europarlamento, le questioni che si sono poste sono importanti e squisitamente politiche. Dopo una brutta giornata, Grillo e i suoi hanno già cominciato a battere la gran cassa dell’unico partito anti-establishment per giustificare la loro disavventura europea. Sicuramente riusciranno a convincere una parte importante della base, che continuerà a riversare male parole su tutti noi. Sia. Ma la discussione sul ruolo del M5S in Europa non finisce qui. Se non altro perché, per il consenso di cui gode, è rilevante per tutti il fatto che scelga di cedere alla tentazione euroscettica e leghisteggiante, o invece venga a rafforzare il fronte della riforma democratica dell’Unione, accettando magari anche di rimettere in discussione alcuni dei suoi metodi e contenuti. Sta al M5S scegliere da che parte stare in questo momento cruciale della nostra storia comune di italiani ed europei.

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