Oltre agli arresti, ai processi e alle condanne, alle uccisioni di manifestanti e alla revoca della cittadinanza con, spesso, conseguente espulsione dei “clandestini”, le autorità del Bahrein stanno ricorrendo con sempre maggiore frequenza a una forma soft di repressione che risponde alla necessità di non far sapere al mondo cosa succede nel regno-isola del Golfo persico, scosso da una rivolta popolare iniziata nel 2011.

Da giugno, almeno nove persone si sono viste impedire l’imbarco dall’aeroporto internazionale di Manama. In alcuni casi, il divieto è stato notificato a voce direttamente all’interno dello scalo.

Nella maggior parte dei casi, la destinazione finale dei voli su cui non sono mai salite era Ginevra, dove da metà giugno a inizio luglio si è tenuta la 32esima sessione del Consiglio Onu dei diritti umani. Si tratta di occasioni importanti, sia per intervenire nel programma ufficiale che per incontrare giornalisti, fare rete con altre organizzazioni per i diritti umani e prendere parte a eventi paralleli.

Così, il 12 giugno sono stati bloccati mentre erano in partenza per Ginevra tre difensori dei diritti umani: Hussain Rahdi, Ebtisam al-Saegh e Ibrahim al-Demistani. Molto peggio è andata a Nazeeha Saeed, corrispondente dal Bahrein per Radio Monte Carlo e France 24: fermata ai controlli di dogana il 29 giugno, è stata successivamente incriminata perché collaborerebbe con media internazionali senza autorizzazione.

L’ultimo provvedimento è stato preso il 29 agosto nei confronti di Nedal al-Salman, direttrice delle relazioni internazionali e del programma sui diritti delle donne e dei bambini del Centro per i diritti umani del Bahrein. A sua volta, era diretta a Ginevra, dove l’anno scorso era riuscita a prendere la parola alla sessione del Consiglio Onu dei diritti umani.

In altre circostanze, il divieto di recarsi all’estero ha impedito la partecipazione a incontri regionali sui diritti umani.

Il 18 giugno Abdulnabi al-Ekry, scrittore e autore di una ricerca sui movimenti di sinistra nei paesi del Golfo, è stato bloccato poco prima di prendere un volo per gli Emirati Arabi Uniti. Il 7 luglio il giornalista Ahmed Rahdi è stato fermato mentre si stava imbarcando per l’Oman e il 22 agosto è stato impedito all’attivista Enas Oun e all’avvocato Mohammed al-Tajer di volare a Tunisi. Il 13 settembre inizierà la 33esima sessione del Consiglio Onu dei diritti umani.

Le organizzazioni bahreinite per i diritti umani continuano a pretendere il rispetto della libertà di movimento e a chiedere agli alleati più influenti della monarchia (Usa e Regno Unito) di smettere di chiudere gli occhi su quanto accade in un paese nel quale il presidente del Centro per i diritti umani, Abdulhadi al-Khawaja, sta scontando una condanna definitiva all’ergastolo, le sue figlie sono costantemente intimidite e il suo successore, Nabil Rajab, rischia fino a 15 anni di carcere.

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