La Banca d’Italia ha limato le stime di crescita dell’Italia per quest’anno: nelle Proiezioni macroeconomiche pubblicate lunedì il progresso del pil è dato all’1,1% nel 2016 e all’1,2% nel 2017, contro l’1,5% previsto a gennaio per entrambi gli anni. Questo “soprattutto” per effetto di “un più debole andamento dell’economia mondiale”. Il governo, nel Documento di economia e finanza, prefigura un +1,2%. Nel secondo trimestre del 2016, secondo i tecnici di Palazzo Koch, la Penisola crescerà allo stesso ritmo del primo, cioè lo 0,3%. L‘occupazione dovrebbe invece rafforzarsi, aumentando “di circa il 2 per cento nell’arco del triennio di previsione 2016-2018 (di quasi il 2,5 per cento nel settore privato)”. Il tasso di disoccupazione “scenderebbe gradualmente, portandosi al 10,8 per cento nel 2018 (oltre 1 punto percentuale in meno rispetto al 2015)”.

Il quadro di previsione generale, si legge nel documento degli economisti di Via Nazionale, “risente della debolezza dello scenario internazionale, che riflette soprattutto il rallentamento delle economie emergenti, in linea con le valutazioni più recenti delle organizzazioni internazionali. Continuerebbero a sostenere la crescita le condizioni monetarie ampiamente espansive, l’orientamento della politica fiscale e il permanere del prezzo del petrolio su bassi livelli”.

In questo contesto, la crescita dell’Italia sarebbe sospinta soprattutto dalla domanda interna, “sostenuta dall’accelerazione dei consumi, favorita dal progressivo miglioramento delle condizioni sul mercato del lavoro, e dalla ripresa degli investimenti, che beneficerebbe di condizioni finanziarie favorevoli e, per l’anno in corso, degli incentivi alla spesa in beni strumentali introdotti nell’ultima legge di Stabilità“.

I principali fattori di incertezza che gravano su questo scenario sono di natura globale: una prosecuzione della fase di debolezza delle economie emergenti e una ripresa meno intensa di quelle avanzate potrebbero frenare gli scambi internazionali più a lungo di quanto qui prefigurato e “un aggravamento delle tensioni geopolitiche potrebbe tradursi in un aumento della volatilità dei mercati finanziari e dei premi per il rischio“.

“Per contro, – conclude il documento – una maggiore crescita delle componenti interne potrebbe essere associata agli interventi delineati nel quadro programmatico presentato nel Documento di economia e finanza 2016, ma una valutazione dei loro effetti sarà possibile successivamente alla definizione dei dettagli dei singoli provvedimenti”. In questo quadro, “l’inflazione in Italia rimarrebbe ancora pari a zero nella media di quest’anno per poi risalire solo gradualmente (allo 0,9 per cento nel 2017 e all’1,5 nel 2018)”. L’andamento dei prezzi “riflette sia il contributo della componente importata sia quello dei prezzi interni, trainati soprattutto dalla ripresa ciclica dei margini di profitto. Al netto della componente energetica, l’indice dei prezzi al consumo aumenterebbe dello 0,6 per cento nel 2016, dell’1,0 nel 2017 e dell’1,5 nel 2018”.

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