La collina di Masseria del Pozzo, nel comune campano di Giugliano, è il simbolo di uno Stato che, con incoscienza criminale, ha saputo concentrare gli “scarti” – quelli materiali ma anche quelli umani – nel medesimo luogo. Qui sorge la discarica Resit, dove, tra il 1995 e il 2002 sono stati sversati 4 milioni e mezzo di metri cubi di rifiuti provenienti da venti comuni campani in un avvelenamento ambientale che ha visto protagonisti la camorra, colletti bianchi e ceto politico.

campo-rom-675

Nel 2010 il geologo toscano Giovanni Balestri, incaricato dalla Procura della Repubblica di Napoli di stilare una perizia sullo stato di salute dell’area, così scriveva: “Data l’estensione delle contaminazioni lo scenario che se ne ricava dalla gestione dell’area è di disastro ambientale, unitamente all’avvelenamento di acque di falda”. Nella medesima area, nella primavera del 2013 è stata anche confinata una comunità rom di 60 nuclei familiari, circa 400 persone originarie della Bosnia-Erzegovina.

Da circa 30 anni il Comune di Giugliano ospitava questa comunità, che per un quarto di secolo ha abitato sopra un terreno poco distante. Il 12 aprile 2011 la Procura della Repubblica di Napoli aveva deciso lo smantellamento dell’insediamento per motivi di carattere ambientale e sanitario. Dopo diversi spostamenti e soluzioni temporanee, il 28 marzo 2013, con delibera del Commissario Prefettizio, veniva allestito l’insediamento temporaneo di Masseria del Pozzo, realizzato grazie a uno stanziamento di circa 400mila euro.

Qualche mese dopo passai a far visita agli abitanti dell’insediamento, una distesa di baracche e roulotte che galleggiavano in un mare di fango intervallato da fumarole di gas tossico. Era una giornata in cui, a causa del vento, l’aria era insopportabile. L’estate era appena passata con i residenti che avevano combattuto la loro battaglia contro infezioni, asma e pustole che avevano colpito soprattutto i bambini. “Tutti qui si ammalano – mi avevano gridato alcune donne. I bambini non sono più bambini, non giocano. I topi sono stati più fortunati di noi. Sono scappati. Non se ne vedono più”.

Agli appelli di organizzazioni umanitarie era seguito il silenzio, interrotto dalle preoccupanti dichiarazioni di fine 2015 del neo governatore De Luca con l’impegno di “liberare la Campania dai campi rom”. Ma come farlo? La ricetta è semplice: “Con le forze di polizia si va e si sgomberano o si mandano in galera. Non conosco altre regole in un Paese civile”.

Ma il Pd campano non è la Lega di Salvini, e così, il 23 dicembre 2015, con delibera della Giunta Regionale (leggi qui), viene decisa la chiusura del campo di Masseria del Pozzo e la realizzazione di “un moderno eco villaggio composto da 44 moduli abitativi per alloggi unifamiliari per famiglie composte da 5/6 persone per un totale di circa 260 persone”. Il tempo di realizzazione previsto è di 5 mesi per un costo superiore al milione di euro. La Regione Campania prevede un contributo di 900.000 euro mentre i restanti 400.000 sono a carico del ministero dell’Interno.

Non basta chiamarlo “moderno eco villaggio” perché la memoria non vada a Torino, quando nel 2001 l’«area sosta» di via Germagnano doveva rappresentare “un esperimento innovativo nell’ambito della creazione di adeguate aree sosta per i nomadi” o a Roma, dove nel 2012 è stato realizzato il moderno “villaggio della solidarietà” temporaneo di ultima generazione in località La Barbuta, con tanto di videocamere a raggi infrarossi, pannelli solari, condizionatori, innovativi sistemi di smaltimento dei rifiuti reflui. Oggi i due insediamenti per soli rom, costati decine di milioni, sono il simbolo del degrado urbano e del fallimento della politica. A Torino e a Roma gli amministratori di turno si ritrovano in questi mesi a disegnare progetti impegnando ulteriore denaro pubblico per superare i due insediamenti.

A Giugliano, dopo aver speso 400mila euro nel 2013, ora si è pronti a spenderne 1.300mila euro per 44 nuclei famigliari. Quasi 32mila euro a famiglia che potrebbero essere impegnati per progetti di inclusione permanente. Ma a Giugliano, come a Torino e a Roma, i rom sono l’emergenza e dietro l’emergenza si nasconde sempre l’affare.

La voce dei rom di Giugliano è troppo flebile fino a quando continueranno a chiedere una sistemazione stabile chiamata “casa”. Loro non conoscono l’equazione per cui il container sta ai rom come il denaro pubblico sta alla criminalità e la progettazione sociale sta ad amministratori incapaci.

Articolo Precedente

Unioni civili, dalla Bignardi a Jovanotti una lettera-appello ai parlamentari: “Approvare la legge Cirinnà così com’è”

next
Articolo Successivo

Cannabis, Bernardini prosciolta: “56 piantine troppo piccole”. Lei: “Schiaffo per chi tutti giorni viene arrestato”

next