Sono morti probabilmente in 200, intrappolati nella stiva come topi, uomini donne e bambini, tantissimi, molti solo di pochi mesi, che urlavano cercando una disperata via d’uscita negata dai trafficanti di esseri umani che tenendo chiuso lo sportello di bordo li hanno condannati a morte. Sono morti i più poveri, quelli che si potevano permettere solo metà del prezzo del biglietto, e per questo erano stati relegati nella “pancia” buia del peschereccio.

MOLTI HANNO perso la vita solo per il mancato possesso di 35 (o 70) dinari, dai 25 ai 50 euro: il costo del giubbotto di salvataggio che avrebbe consentito loro di restare a galla in attesa dei soccorsi. E i sopravvissuti hanno salva la vita a costo di violenti pestaggi: sono stati picchiati selvaggiamente con calci e pugni, gli arabi anche con le cinghie e i migranti di etnia africana “segnati” con un coltello sulla testa.

Ieri, dopo avere ascoltato la voce dei migranti salvati al largo delle coste libiche e giunti al porto di Palermo a bordo di una nave militare irlandese, la Procura ha arrestato i cinque scafisti dell’ultimo viaggio della morte, quello con il bilancio più tragicamente pesante trasformato in un incubo per quasi 400 migranti: si erano imbarcati in 650 a Zwara, sulla costa libica, a bordo di un peschereccio stipato sino all’inverosimile, con i migranti meno abbienti, quelli cui era stato concesso di pagare metà prezzo del “biglietto” rinchiusi nella stiva, a respirare i fumi di gasolio dei motori fermatisi dopo solo tre ore di navigazione, quando, per cause ancora da accertare, il peschereccio ha cominciato a imbarcare acqua, proprio dalla stiva, forse per il movimento della barca, che oscillava paurosamente sotto il peso delle centinaia di passeggeri, come ritiene Melissa Fleming, responsabile dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati. E quando il mare è entrato nella stiva e uomini, donne e bambini hanno iniziato a urlare di paura chiedendo di uscire, quattro dei cinque scafisti li hanno respinti tenendo chiuso il portello, e picchiando selvaggiamente gli altri per tenerli a bada.

UN INCUBO raccontato nei giorni scorsi ai mediatori culturali che hanno raccolto, sul molo del porto di Palermo, lo strazio di numerose donne siriane in cerca dei loro piccoli annegati, e ripetuto agli agenti di polizia che ha fatto scattare cinque ordini di custodia cautelare per gli scafisti.

In carcere sono finiti gli algerini Ali Rouibah, 24 anni, e Imad Busadia di 23; i libici Suud Mujassabi, 21 anni, Abdullah Assnusi di 24 e Shauki Esshaush di 21. I migranti hanno spiegato come si erano divisi i compiti a bordo: uno comandava l’imbarcazione, assistito da altri due scafisti, gli ultimi due si occupavano di tenere a bada con violenza chi non obbediva agli ordini con una distinzione di “trattamento” per le diverse etnie: gli africani erano “segnati” con un coltello sulla testa, gli arabi picchiati con la cintura dei pantaloni, gli uomini sposati colpiti con calci e pugni. E quando il peschereccio ha iniziato ad affondare l’Sos lanciato da bordo è stato raccolto da una nave della Marina militare irlandese, che ha raccolto 373 migranti rimasti per oltre due ore in acqua, molti salvati dal giubbotto arancione costato 25 euro.

“CERCAVANO i familiari dispersi in mare – hanno riferito i sanitari di Medici Senza Frontiere – e le mamme invocavano i bambini. Questa è una tragedia diversa da tutte le altre”. Sono tutti sbarcati a Palermo, insieme a 26 salme, e accolti dal sindaco Orlando e da un picchetto d’onore. Un’altra decina di essi, feriti in modo non grave, sono stati soccorsi dagli elicotteri della Marina militare e trasportati all’ospedale di Lampedusa, fra loro un uomo con frattura alle gambe e una donna, accompagnata dal figlio di un anno che aveva necessità di una dialisi. Il costo del viaggio, hanno raccontato i sopravvissuti, variava da 1.200 a 1.800 dollari a persona.

Adesso la Procura accusa gli scafisti di omicidio volontario plurimo e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

dal Il Fatto Quotidiano del 8 agosto 2015

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