È arrivato al Colle nella tarda mattinata di ieri all’apparenza spavaldo e sicuro come al solito, Matteo Renzi. A Napolitano, ancora una volta, è andato a dire che lui ha intenzione di andare avanti fino al 2018. Ma i 30 deputati Dem che non hanno votato il Jobs act martedì sera e il crollo di Forza Italia sono elementi di destabilizzazione. E di preoccupazione. Per Napolitano che teme per la tenuta della legislatura. E per Renzi che si trova in un cul de sac. Il governo rischia la palude progressiva e le riforme il rimando alle calende greche. E allora, il premier, accompagnato dal ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi è salito al Colle a chiedere una mano. Le dimissioni imminenti del Capo dello Stato (non si va oltre fine anno o inizio dell’anno nuovo, continuano a ribadire i più vicini al Presidente) rischiano di far fermare chissà fino a quando il percorso. E allora, sullo sfondo resta la richiesta che sta sempre lì sul tavolo, a Napolitano di restare almeno un altro po’. Magari fino a metà febbraio. Fino a quando l’Italicum non sarà in sicurezza. Re Giorgio continua a dire di no.

La situazione è complessa. Senza Italicum, l’arma del voto anticipato è spuntata: è quello il sistema che gli permette di prendere tutto. Ieri al Tg 1, dopo giorni cruciali di inusuale sotto-esposizione mediatica, che rivelano la difficoltà a trovare una strategia sicura, ha ribadito: “Il presidente non ha bisogno di essere rassicurato. Sa perfettamente che se il Parlamento fa le leggi lavorando il sabato e la domenica, e se raggiunge gli obiettivi fissati arriverà alla scadenza naturale del 2018”. Il punto è esattamente questo: fare le leggi, e farle presto. Un obiettivo che non è proprio semplice. Ieri Luigi Zanda ha chiesto al presidente del Senato Grasso che sull’Italicum si possa andare avanti anche durante la Stabilità. Per arrivare all’approvazione a Palazzo Madama entro fine anno (o gennaio, nuova scadenza che s’è dato il premier sempre al Tg1) i tempi tecnici, seppur strettissimi, ci sono. Ma non c’è l’accordo politico. Perché nessuno vuole regalare a Renzi l’arma perfetta per andare al voto e vincere tutto.

Allora, Napolitano ieri ha chiesto al premier di sgombrare il campo dai sospetti di voto, un’ipoteca sulla legislatura, che rischia di avvelenare il clima. Non a caso la nota del Quirinale parla di un percorso “che tiene conto di preoccupazioni delle diverse forze politiche, soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra legislazione elettorale e riforme costituzionali”. La soluzione potrebbe consistere nell’entrata in vigore del neo-Italicum solo dopo l’approvazionedefinitiva della riforma del Senato (che richiederà alcuni mesi). Ieri Calderoli ha presentato un odg che va in questa direzione e la minoranza bersaniana pure. Ma a Renzi questo quanto conviene? Vuol dire avere un’arma spuntata. E dunque, si lavora a un’intesa sulla cosiddetta “clausola di salvaguardia” della legislatura.

Da Palazzo Chigi continuano a ribadire che si può votare con l’Italicum alla Camera e Consultellum al Senato. Quello che può concedere il premier è un accordo politico, più che una legge. Qualcosa che sia vincolante, ma non del tutto. Le elezioni con il Consultellum sono l’ultima ratio. Convengono più ai piccoli, magari agli scissionisti che a lui. Ma quando tutto diventa ingovernabile, il premier potrebbe pure dimettersi e rischiare il tutto per tutto. Sullo sfondo, la partita delle partite, quella del Colle: se il patto del Nazareno regge sulla legge elettorale, Berlusconi può restare in gioco anche su questo. Renzi può provare a scommetterci. Ma regge con Fi a pezzi? E basta, con i giochi di corrente nel Pd? Le grandi manovre sono già in atto. Anna Finocchiaro è pronta a non mettersi di traverso sull’Italicum per poter ambire al Colle; ieri a lavorare per Romano Prodi sono arrivati a Montecitorio Arturo Parisi e Pierluigi Castagnetti; il nome di Gentiloni torna tra i renziani doc; non è tramontato neanche quello di Graziano Delrio. Sullo sfondo Walter Veltroni, Dario Franceschini. Ognuno avrà il suo candidato. Vietnam garantito. Perché, come sintetizza un senatore dem, “Renzi è ancora vincente, ma non onnipotente”.

da Il Fatto Quotidiano del 27 novembre 2014

Articolo Precedente

Legge Stabilità, gli eletti che versano l’obolo al partito pagheranno meno tasse

next
Articolo Successivo

Dimissioni Napolitano, è partito il “toto-addio”: “Forse già a metà dicembre”

next