Scende i gradini che lo portano dalle quinte allo studio come fosse Massimo Ghini prima della prossima fiction, stringe le mani della prima fila come se andasse a ritirare il Telegatto. Senza giacca, solo la quotidiana camicia bianca con cravatta viola chiaro che pare voler sfoggiare solo nelle grandi occasioni: prima di Domenica Live (Barbara D’Urso, Canale 5) si era vista alla conferenza stampa sulla manovra, a Palazzo Chigi. Maniche arrotolate fin sotto al gomito. Accavallatura di gamba che tende all’eleganza. Cercare notizie in quello che dice è invece un’impresa da campioni. Il titolo è che Renzi è dalla D’Urso, a Domenica Live, per la terza volta in pochi anni. La differenza è che parla a un pubblico che forse giornali e telegiornali li frequentano poco. E allora daje con l’ostentazione della non-chalance sotto il concetto di “Io lavoro, gli altri parlano”: “Ci sono editoriali, riflessioni, commentoni che hanno da ridire, ma io penso che vanno lasciati fare, se si divertono, facciano pure…”, “Sono arrabbiati un po’ tutti: regioni, sindacati, magistrati… io non ho la verità in tasca. Noi siamo al governo da 8 mesi e o tutti facciamo uno sforzo insieme restituendo i soldi ai cittadini o non c’è futuro”, “Le Regioni sono arrabbiate? Gli passerà”. Non stupirebbe se aggiungesse “Che mangino brioches”. 

La conduttrice promette all’inizio dell’intervista che non farà la “morbidona” e infatti è un pitbull attaccato ai polpacci. “Sapete qual è il Paese con il più alto tasso di ricchezza”. Smarrimento e stupore in sala. “L’Italia”. Ed ecco il contrasto in scivolata promesso dalla D’Urso: “Ma come, scusa, e siamo messi così?”. E così così lui può giocare con il pubblico: “Sì, perché sapete cos’è il debito pubblico?”. Eccetera. Si sente a casa. La D’Urso è la continuazione di Berlusconi con altri tacchi: Berlusconi – come dice oggi Cicchitto, non la Taverna – “sostiene il governo sottobanco”, la conduttrice del più berlusconiano dei programmi di Canale 5 lo accoglie come ha fatto con il capo azienda le altre volte. Dopo aver partecipato a Quinta Colonna di Del Debbio il patto del Nazareno diventa definitivamente anche televisivo: Berlusconi non gli dà solo i voti, ma anche le tv, le casalinghe della domenica pomeriggio.

Barbara e Matteo si danno del tu, che nemmeno l’ex Cavaliere quando si è seduto su quella stessa poltrona con i braccioli troppo alti. Quando parla la D’Urso (“Agnese si è ritrovata accanto di Obama, di Michelle, come fa?”) il presidente del Consiglio la ascolta con una faccia così concentrata che uno distratto potrebbe sospettare che davanti abbia Metternich. Mentre poi il premier spiega il bonus degli 80 da estendere anche alle neo-mamme finché il bambino non ha 3 anni si volta verso il pubblico e scandisce, paterno e ammiccante: “Dal 2015 gli 80 euro andranno anche alle mamme, o ai papà a seconda dei casi, per i primi tre anni di vita del figlio”, così non potrà essere accusato di fare campagna elettorale “visto che gli 80 euro arrivano a chi ancora non vota”. Ci vorrebbero, secondo un conto approssimativo, un miliardo e mezzo a regime (nel 2018, cioè in piena campagna elettorale), mezzo miliardo già il prossimo anno. Il significato, anche qui, è politico e non c’entrano solo i voti: c’entra un governo che non è un monocolore, come non si stanca di ricordare Alfano, e che deve fare i conti con i “moderati” e con i cattolici. Renzi, insomma, prova a far la pace con la Chiesa, dopo le punzecchiature reciproche con i vescovi.

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Grazie a Matteo Renzi che ha scelto di venire a raccontarsi da me. Potevo non fare un carmelitasmack? #domenicalive #matteorenzi #premier #mediaset #canale5

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Tornano anche le immagini evocative del cinquantenne che si sente solo o della mamma che deve essere orgogliosa di crescere il bambino in Italia perché il nostro è un grande Paese, il più bello di tutti eccetera e tornano gli appelli per un Paese che “deve essere più efficiente”, “basta premi a pioggia”, un po’ di coloritura da presidente di tutti (“E’ tempo di mettere da parte le bandiere politiche”) e la solita capacità di annusare il vento che soffia, anche se solo dopo la bufera: “Bisogna sburocratizzare”, servono “interventi dal Piemonte alla Sicilia. Ma qui sono 30 anni che fanno convegni…” e i ragazzi che spalano fango non possono essere che “bellissimi” e mentre loro spalano, “io piano piano cerco di spalare il fango della burocrazia”. E colpetto a Beppe Grillo: “Non mi andava di andare (a Genova, ndr) a fare la passerella. E’ stato per un senso di rispetto verso quella gente e credo abbia sbagliato chi è andato lì a fare campagna elettorale”.

Tende all’enciclopedico, sfiora la didattica. “Spiegami per bene questa legge di stabilità” gli chiede la D’Urso: “Devi parlare con me come se fossi la comare Cozzolino”. “E’ quella che una volta si chiamava finanziaria” esordisce lui, tipo maestro Manzi. E’ talmente nella parte di chi deve spiegare il più semplicemente possibile le cose che sembrano difficili che quando la D’Urso chiama “tassativo” un blocco pubblicitario, il capo del governo tende il braccio e punta l’indice verso il nulla e esclama: “Pubblicità!”. Poi si stufa per le molte interruzioni, la D’Urso rivendica che “non siamo il servizio pubblico, ne abbiamo bisogno” e Renzi riesce in un colpo a buttarsi a sinistra e a dare una botta – da Maramaldo – all’entità che va sotto il nome di sinistra Pd: “Eh, ma in questi anni non è che vi hanno trattato male eh”. Peraltro quello che rivendicò alla Camera Luciano Violante, inamovibile candidato del Pd alla Corte costituzionale. 

Altra mossetta di sinistra su un tema – le nozze gay – che ormai è stato sdoganato fin dentro Arcore, con Villa San Martino espugnata dalla Luxuria, e quindi figuriamoci se Cologno Monzese non si mette sulle frequenze della Pascale. La D’Urso chiede se “questa legge la facciamo” e lui risponde che “la legge alla tedesca è un buon punto di mediazione e consente di avere alle persone dello stesso sesso i diritti civili. I tempi? Subito dopo la riforma elettorale, che è leggermente slittata ma ragionevolmente andrà entro l’anno, la proposta già pronta comincerà l’esame dal Senato”. Quindi a gennaio. E comunque, su tutto, ecumenismo: “Faccio un appello: capisco le opinioni diverse ma su questo tema evitiamo di aprire l’ennesima polemica ideologica. La proposta alla tedesca è un giusto punto di sintesi”. L’appello è evidentemente ad Alfano e agli altri partiti-microbo che sorreggono il governo al Senato. Soldi alle mamme e alle famiglie e unioni civili soft: al novantesimo sarà 1-1, caro Giovanardi, è il senso. Bisogna vedere se basterà. Nel frattempo resta che il leader del Pd un tempo – due giorni prima che si aprissero le urne delle Europee, quelle santificate dal 40,8% – aveva promesso che si sarebbe occupato anche dei pensionati e che anche a loro nel 2015 sarebbero toccati gli 80 euro. Ma ad oggi, di questo, non c’è traccia. 

C’è da dire che come è sempre accaduto anche con Berlusconi, nello studio della D’Urso c’è un’atmosfera di alta tensione. “I politici hanno fatto le cicale e i cittadini le formiche”. “Bravo!” gridano dal pubblico, applauso. Altro momento complicato per il presidente quando parla del tetto agli stipendi dei manager pubblici, “240mila euro che a me sembrano tanti… Eh, vedo che anche la signora è d’accordo, ha fatto un gesto. Menomale non era inquadrata, signora”. E la battutina non finisce nel vuoto, perché un capo-claque – un assistente di studio o qualcosa di simile – sullo sfondo fa partire l’applauso, sul quale il resto del pubblico non si fa trovare impreparato. “Quando finirai di fare il premier tra 150 anni, vieni a fare il presentatore con me? Guarda che sei simpatico, funzioni…”. E ancora: “Oprah Winfrey (che in settimana è stata a Palazzo Chigi, ndr) ha scritto su Twitter che sei gentile, affascinante, carismatico. Io cosa dovrei scrivere?”. Finisce tutto con un boato e una standing ovation per il mattatore, giusto il tempo di comunicare che gli piacciono le imitazioni di Crozza e Ballantini, di fare gli auguri alla nonna (“E perché non sei con lei?”, “Per colpa tua”) e di dire che il suo cantante preferito è Guccini. A quel punto la D’Urso (ri)manda la pubblicità e annuncia Nino D’Angelo.

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