Maledetto Qatar. Michel Platini inciampa sull’emirato del Golfo e a malincuore si ritira dalla sfida: l’attuale presidente della Uefa non sarà il prossimo presidente della Fifa. Il 29 maggio prossimo, quando a Zurigo una votazione segreta dei 209 delegati Fifa deciderà il nome del nuovo plenipotenziario del calcio mondiale, dall’urna uscirà per la quinta volta il nome di Sepp Blatter, che ha opportunamente tolto ogni limite di età e di mandato. Platini avrebbe avuto dalla sua l’Europa, Blatter, in netto vantaggio, poteva già contare sui voti di Asia, Africa e Centro e Nord America, ma il vero ostacolo per il francese è stato il Qatar. Lo confermano le date: a maggio Blatter fa sapere che si ricandiderà, la settimana dopo Platini annuncia che comunicherà la sua decisione il 27 agosto, a margine della “sua” vetrina del sorteggio Champions, per tutti è sì, ma pochi giorni dopo sul Mondiale del 2022 si abbatte la bufera (per altro ampiamente prevista) delle tangenti. Per Platini è la fine.
 
No, il problema non sono quindi le condizioni di schiavitù in cui versa la manodopera migrante impiegata dall’emirato per costruire i nuovi fantasmagorici stadi, e nemmeno la previsione di oltre un migliaio di morti per il 2022. Neppure il fatto che questi maledetti mondiali si giocheranno in inverno, facendo saltare campionati e coppe perché a 50 gradi all’ombra sarebbe altrimenti impossibile. A tutto questo Blatter e Platini sarebbero passati sopra senza alcun rimorso. Il problema è il mare di corruzione, tangenti e fondi neri che hanno permesso la vittoria dell’emirato per il 2022, di cui già si sapeva, ma la cui deflagrazione è stata così potente da costringere Platini a fare un passo indietro. La Fifa è un’organizzazione non profit che lo scorso hanno ha messo in attivo 1,4 miliardi di dollari, e altrettanto tiene fermo in banca come riserva: davanti a queste cifre, un mondiale può benissimo saltare da un giorno all’altro.
 
E Platini, che con il Qatar ha rapporti troppo stretti – dalla famosa cena dell’Eliseo nel 2010 con l’allora presidente Sarkozy e il neo emiro Al Thani, allora semplice erede, poche settimane prima dell’assegnazione del mondiale al Qatar, fino al figlio Laurent che dall’anno dopo comincia a lavorare per la Qatar Sports Investments, che il Mondiale 2022 lo organizza  – in questa deflagrazione è rimasto pesantemente coinvolto. Anche perché nel frattempo Blatter coi soldi della Fifa (20 milioni) finanziava film agiografici su se stesso e a Brasile 2014 rubava la scena tra spray per le barriere e moviole in campo. Così l’ex delfino, dal 1998 fedele alleato di Blatter e che solo negli ultimi anni se ne era distaccato in previsione di conquistarne l’eredità, dovrà aspettare fino al 2019, quando Blatter avrà 83 anni, per diventare presidente della Fifa.
 
Costretto a fare buon viso a cattivo gioco, in conferenza stampa oggi Platini ha detto: “Ho scelto di seguire il cuore. Voglio finire ciò che ho cominciato, stiamo lavorando ad alcuni progetti molto importanti e io desidero vederli portati a compimento prima di prendere in considerazione l’ipotesi di nuove sfide. Questo non è il momento, non è il mio momento. Non ancora. Anche quando ero un giocatore, ho sempre portato a compimento i miei contratti, ora è lo stesso. Voglio rispettare fino alla fine il contratto che mi lega alla Uefa (…) La Uefa e il calcio europeo non sono mai stati così forti come lo sono oggi e io ho ogni intenzione di salvaguardare questa supremazia”.
Ma resta evidente come sia rimasto scottato dalla bollente sabbia del Qatar, l’ennesimo capolavoro politico di uno degli ultimi satrapi novecenteschi del potere. La geniale mossa del cavallo di Sepp Blatter, uno che dalle molteplici indagini a suo carico è sempre uscito a riuscire indenne, è stata di rovesciare con consumata abilità l’ultima inchiesta addosso al suo unico rivale possibile, che oggi si ritira.
 
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