Da Mediobanca securities al Centre for European policy studies di Bruxelles, tutti prevedono che alla luce dei dati economici peggiori del previsto e degli impegni già assunti dal governo sarà impossibile evitare una manovra correttiva da almeno 10 miliardi. Che potrebbe salire fino a 20-25 miliardi se Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan non otterranno dalla Ue margini di flessibilità, pur nel rispetto sul rispetto dei parametri del Patto di stabilità e crescita. Eppure il ministro dell’Economia, in un’intervista al Corriere della Sera, torna a “escludere” l’ipotesi di una finanziaria autunnale. Quanto al rischio, anzi ormai la certezza, che il prodotto interno lordo cresca meno dello 0,8% stimato nel Documento di economia e finanza e l’Italia si avvicini così al limite del 3% per quanto riguarda il rapporto deficit-Pil, Padoan ribatte che “la regola dice 3%” e anche se “molti Paesi ancora non la rispettano, a partire dalla Francia”, noi invece “la rispetteremo”.

Ottimismo della volontà anche sul fronte degli incassi dalle privatizzazioni, nonostante il mezzo flop della quotazione di Fincantieri e lo slittamento di quella di Poste. Che pure il ministro, a mezza bocca e con un giro di parole, ammette: “C’è l’ipotesi di dedicare un po’ più tempo alla valorizzazione”, spiega. In compenso torna ufficialmente in campo l’ipotesi di vendere quote di Eni ed Enel. Non proprio un’idea nuovo, considerato che giusto un anno fa ad annunciare la stessa cosa era il predecessore Fabrizio Saccomanni. “E’ un’ipotesi al vaglio”, dice Padoan. In ogni caso lo Stato, che oggi ha il 30%, intende mantenere il controllo. Operazione che sarà facilitata dalla possibilità, introdotta dal Dl competitività, di emettere azioni con voto plurimo. Una novità che permetterebbe di collocare sul mercato fino 15% delle due aziende senza perdere la “presa” pubblica. 

Nell’intervista al Corriere il ministro parla ovviamente anche del dibattito sulla flessibilità, ribadendo il refrain sui margini che “già ci sono” e vanno solo “usati al meglio”. Finora, è la spiegazione, la flessibilità “è stata usata con parsimonia anche perché è mancato un chiarimento su quale sia l’impatto delle riforme sulla crescita. Su questo vogliamo lavorare”. Tradotto: le riforme costano ma hanno un impatto positivo crescente nel tempo sull’andamento dell’economia. E “in una zona altamente integrata come l’Europa, se tutti fanno le riforme, c’è un vantaggio per tutti”. Occorre “mettersi d’accordo sui criteri” per misurare questi effetti positivi: “E’ chiaro che se non siamo d’accordo su quanto è lungo un metro non si fa strada assieme”. Il primo momento della verità potrebbe arrivare già martedì, quando si riunisce il consiglio Ecofin, composto da tutti i ministri delle Finanze dei 28. “Si entrerà nel vivo dei grandi temi: ci sarà un ampio dibattito sulla crescita e sulle riforme strutturali, uno dei pilastri della strategia sulla quale vorremmo fare passi concreti nel semestre di presidenza italiana“. 

Padoan ha annunciato anche che venerdì “è stato registrato dalla Corte dei Conti il decreto che avvia la garanzia dello Stato” sui debiti della pa nei confronti delle imprese, questione su cui la Ue ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia. “Sono state stanziate le risorse per il pagamento dei debiti ancora in essere. Ci sono alcuni enti locali molto lenti. Ma faremo in modo che l’arretrato possa essere assorbito entro l’anno”, afferma Padoan.

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