Il più eccentrico: una sega circolare. Il più lussuoso: una Jeep. Il più sfacciato: il libro “Mignottocrazia”. I più sconcertanti: spazzolini da denti personalizzati. I più inquietanti: cartucce da caccia e fuochi d’artificio. Sono solo alcuni degli oggetti comprati da membri di vari consigli regionali con i fondi pubblici assegnati ai gruppi per l’attività politica e istituzionale, e contestati nelle diverse indagini che nel corso del 2012 hanno colpito il Lazio, la Lombardia, il Piemonte e tante altre Regioni. L’elenco comprende poi videogiochi, viaggi, abiti, profumi, cure di bellezza, cene, aperitivi, pasticcini, lecca lecca, gratta e vinci… Piaceri grandi e piccoli, un falò della vanità consumistica dove a bruciare sono i soldi pubblici.

Se può far ridere l’idea che un consigliere regionale si prenda la briga di conservare lo scontrino per farsi rimborsare dai cittadini una lattina di Red Bull – è il caso di Renzo Bossi in Lombardia – lo scandalo diventa serissimo in tempi di crisi nera e di tagli dolorosi al Welfare. E infatti le inchieste che hanno colpito le Regioni hanno dato una spallata decisiva alla politica nazionale. Il caso Fiorito ha provocato la caduta della giunta Polverini nel Lazio e ha dato il colpo di grazia a un Pdl già allo stremo. In Lombardia un’inchiesta simile che ha coinvolto nomi altamente simbolici come Bossi junior e Nicole Minetti ha fatto da sigillo al quasi ventennale regno di Roberto Formigoni, costretto anche lui alle dimissioni per accumulo di scandali, tra corruzione e ‘ndrangheta. E, tornando in Lazio, il caso Maruccio ha contribuito a far precipitare la crisi interna all’Idv di Antonio Di Pietro.

Secondo la Procura della capitale,  l’ex capogruppo Vincenzo Maruccio da un lato si lanciava in un’”attività predatoria” dei fondi, e nello stesso tempo bruciava tra i 100 e i 120mila euro nelle slot machine gestite dal tesoriere del partito. E’ ancora Maruccio il responsabile dell’acquisto, sempre con i fondi pubblici attribuiti all’Idv, di ben 4mila preservativi. Escluso in questo caso l’uso personale, a meno di un clamoroso eccesso di ottimismo, il politico ha spiegato ai magistrati di averli acquistati per distribuirli al Gay Pride 2011. Ma il sexy shop che li ha forniti, ha precisato, non ha rilasciato fattura. Una toppa peggiore del buco, per un partito che ha tra i suoi cavalli di battaglia la lotta all’evasione fiscale.

E chissà come si giustificherà davanti ai magistrati di Torino Andrea Stara di Insieme per Bresso, lista a sostegno dell’ex governatrice di centrosinistra Mercedes Bresso. Tra i 57mila euro spesi con i soldi del gruppo, 4mila sono andati in una sega circolare, un tagliaerba, dei sacchi di torba e un frigorifero. Costi della politica che somigliano terribilmente a costi del giardinaggio. Sempre in tema di passatempi, il suo collega Michele Giovine, dei Pensionati per Cota, si è fatto rimborsare tra le tante altre cose un soggiorno a Malta da 396 euro con data altamente sospetta: 16 agosto 2011. Così come sarà interessante conoscere l’attività politico-istituzionale sottostante a 51 euro di drink consumati nell’isola esotica di Gran Canaria. Ma il “capolavoro” resta quello dell’ancora ignoto consigliere regionale del Piemonte che, secondo la denuncia del collega Roberto Rosso, è riuscito non a spendere, ma a incassare soldi dalla Regione a ricompensa di una settimana bianca trascorsa a casa di Rosso medesimo. Quasi mille euro al giorno grazie a un consigliere comunale compiacente del Sestriere, disposto a firmare un foglio che faceva figurare il politico in “missione”, con conseguente diritto a indennità e rimborso chilometrico.

Spesso oltre al danno (erariale) c’è la beffa (al cittadino). Nicole Minetti, temendo che potesse parlare male di lei, è corsa a comprare il libro “Mignottocrazia” di Paolo Guzzanti. Ma la vestale dei festini di Arcore, piazzata da Silvio Berlusconi nel consiglio regionale lombardo nel listino bloccato del governatore Formigoni, ha pensato bene di metterlo a carico dei contribuenti: 16 euro. Poca roba, ma simbolicamente potente. Nella sua lista della spesa compare anche un Ipad, attrezzo costoso che il Consiglio regionale aveva per altro già fornito (sempre a carico del contribuente) a tutti gli 80 rappresentanti del popolo lombardo.

Ma è sul fronte leghista che si registrano gli acquisti più eccentrici. Che aggiungono scandalo a scandalo, dopo l’inchiesta sui fondi del partito gestiti dal tesoriere Francesco Belsito e sui troppi benefit per “The Family” di Umberto Bossi, poi costretto ad accelerare l’abdicazione in favore di Roberto Maroni. La Dolce vita alla milanese della famiglia Bossi è confermata dai beni rimborsati a Renzo detto Il Trota, tra i quali svettano videogiochi, sigarette, i già citati spazzolini da denti con il nome inciso e, quando si dice il buon esempio, un localizzatore di autovelox. “Tutte le spese di Renzo Bossi sono documentalmente riferibili all’attività politica e non ve ne è alcuna che possa essere ricondotta ad esigenze personali”, ha comunque assicurato il suo legale Alessandro Diddi.

Il collega leghista Pierluigi Toscani ha invece speso 752 euro in cartucce da caccia (addossando poi la colpa alla segretaria che avrebbe equivocato la sua richiesta di cartucce “per la stampante”, e poi per fortuna non le ha installate), lecca lecca, gratta e vinci, “cono medio e coppetta media di gelato”, “Lemonsoda, pizzette, cannoli, ciambelle, torta sbrisolona, zucchero semolato, farina, salsicce, cracker e biscotti, frutta e ortaggi”. E ostriche, per 127 euro. 

In principio, però, fu Fiorito. E’ soprattutto grazie al folle shopping dell’ex capogruppo Pdl in Regione Lazio che gli italiani scoprono, nel settembre 2012, il meccanismo perverso che permette ai consiglieri regionali di utilizzare i fondi dei gruppi senza doverne rendere conto a nessuno. La Casta declinata a livello locale si dimostra se possibile più vorace di quella arroccata in Parlamento, e dalla Capitale una potente scossa d’indignazione si propaga per tutto il Paese. Franco Fiorito, detto er Batman, finisce in carcere. La Procura di Roma gli contesta l’appropriazione di denaro del Pdl per 1.357.418 euro. Tra i beni che gli vengono sequestrati ci sono una villa al Circeo, una Jeep Wrangler da 35mila euro comprata “per l’emergenza neve” a Roma, una Bmw, una Smart e undici conti correnti.

Una valanga, come Tangentopoli. O forse no. Perché ai tempi di Mani pulite c’era almeno la certezza che prendere mazzette fosse un reato grave. Cosa che non è così scontata per l’acquisto improprio di seghe elettriche, cartucce da caccia, auto fuoristrada e tutti i piccoli o grandi oggetti del desiderio finiti nella carte delle inchieste sui rimborsi regionali. Il dubbio lo solleva proprio l’avvocato di Fiorito, il professor Carlo Taormina: “Personalmente ho eccepito la qualificazione giuridica del reato. Secondo me il peculato non sussiste, perché i gruppi ed i partiti sono soggetti privati, quindi si dovrebbe eventualmente discutere di appropriazione indebita”. Una bella differenza, visto che il peculato è punito con il carcere fino a dieci anni e l’appropriazione soltanto fino a tre. I soldi pubblici, argomenta Taormina, nel momento in cui sono affidati ai gruppi consiliari diventano privati. Una magica trasformazione che potrebbe portare con sé l’impunità garantita per legge. 

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