Il successo del vertice lo misuri nello sguardo torvo di Angela Merkel, che dice due battute in tedesco e fugge via. Mario Monti si mette in posa, con tutta la squadra, i portavoce, gli sherpa, i ministri Enzo Moavero Milanesi e Vittorio Grilli. Il premier annuncia: “Le richieste dell’Italia sono state accolte, l’eurozona adesso è più forte”. Dopo tredici ore di vertice, cominciato alle 15 di giovedì, il risultato politico è netto: l’Italia e la Spagna hanno vinto, la Germania (con la spalla della Finlandia) ha perso e la Francia ne è uscita senza danni.

Ricapitoliamo: nella tarda serata Monti e il premier spagnolo Mariano Rajoy mettono il veto su tutti i punti in discussione, soprattutto Tobin Tax e piano crescita da 120 miliardi, per costringere la Merkel a cedere sul cosiddetto meccanismo anti-spread, cioè un uso con meno vincoli dei fondi salva Stati Efsf e Esm (il secondo deve ancora essere costituito). La forzatura ha pagato, alla fine la Merkel ha ceduto. Poi è cominciato una sfiancante trattativa sui dettagli, così che alla fine l’asse Spagna-Italia potesse celebrare la vittoria (a beneficio interno ma soprattutto dei mercati) e la Germania fosse sicura che i danni sarebbero stati contenuti.

MECCANISMO ANTI SPREAD. Monti voleva un intervento dei fondi salva-Stati Efsf e Esm che comprassero i titoli di debito dei Paesi virtuosi ma bersagliati dei mercati, che hanno fato le riforme ma non vedono scendere lo spread. Cioè l’Italia. C’è riuscito: l’Efsf ora e l’Esm quando ci sarà potranno comprare titoli sia sul mercato che direttamente alle aste. Il Paese che vuole questo sostegno dovrà fare richiesta (l’Italia sperava in un aiuto automatico) e firmare un memorandum di intesa. Ma sarà un memorandum molto diverso da quello imposto per esempio alla Grecia, perché si limiterà a ribadire gli impegni presi a livello europeo e a certificare i risultati di risanamento raggiunti.

LE RISORSE. Una delle ipotesi negoziali era di creare il cosiddetto bazooka, capace di fermare la crisi all’istante: dare all’Esm la licenza bancaria e permettergli di attingere fondi illimitati dalla Bce, così gli speculatori avrebbero avuto la certezza matematica di perdere. Ma la Germania ha resistito: non ci sarà l’aumento di dotazione dei fondi chiesto da Monti. L’Efsf vale oggi 440 miliardi, di cui circa 200 impegnati nei programmi di sostegno a Grecia, Portogallo e Irlanda e altri 100 già promessi alle banche spagnole. L’Esm avrà 500 miliardi, assorbendo i 440 dell’Efsf, ma gli Stati devono ancora cominciare a versarli. Questo è un punto di compromesso, pesante ma forse inevitabile. Monti però spera di massimizzare le ricadute positive sullo spread italiano usando l’effetto annuncio: “L’Italia ha ottenuto questi strumenti ma non ha intenzione di utilizzarli”. Così tutti sanno che il debito pubblico è più sicuro ma il governo non subisce lo stigma della richiesta di aiuto.

RICAPITALIZZAZIONE DIRETTA DELLE BANCHE. Passa la linea spagnola, perorata a suo tempo anche da Nicolas Sarkozy: i fondi Efsf e Esm potranno dare soldi direttamente agli istituti di credito, senza passare per la mediazione degli Stati. La Germania voleva che andassero ai governi, perché quelli si possono controllare mentre i banchieri no. Anche qui compromesso, ma a vantaggio spagnolo: ricapitalizzazione diretta con la Bce coinvolta come supervisore rafforzato (i dettagli vanno definiti entro il 2012). Le banche dovranno firmare un memorandum in cui si impegnano a risanarsi.

PRIORITA’ DI RIMBORSO. Dettaglio tecnico ma cruciale: finora l’Esm, il nascente meccanismo di stabilità, era un creditore senior. Cioè lo Stato o la banca doveva rimborsare prima i prestiti dell’Esm poi, se riusciva, gli altri creditori. La conseguenza era che l’intervento dell’Esm avrebbe fatto schizzare il costo del debito escluso dalla corsia privilegiata. Con l’accordo di ieri, l’Esm perde lo status di creditore privilegiato, rendendo più facili le operazioni. Ma le banche spagnole hanno bisogno di soldi subito, non si può aspettare la nascita dell’Esm quindi sarà l’Efsf a finanziarle.

PIANO CRESCITA. L’Italia e la Spagna tolgono il veto, non avevano obiezioni di merito ma era tattica da negoziato. Partirà così il piano da 120 miliardi di euro, gran parte dal bilancio europeo (fondi strutturali cui viene cambiata la destinazione), ricapitalizzazione della Banca europea degli investimenti e project bond per finanziare le infrastrutture. Hollande ci teneva molto, non ha effetti immediati e forse è meno di quel che serviva, ma è un segnale del rinnovato impegno per la crescita dell’Europa.

TOBIN TAX. A questo punto si dovrebbe procedere con il metodo della cooperazione rafforzata: basta che nove stati su 27 siano d’accordo per iniziare ad adottarla. L’imposta sulle transazioni finanziarie (escluse quelle fatte dalle famiglie) potrebbe portare nel bilancio della Commissione fino a 57 miliardi all’anno, rafforzando economicamente l’Unione e scoraggiando al contempo le operazioni più speculative.

Si vedrà la reazione dei mercati (per il momento positiva), ma per Monti è un notevole successo, considerato soprattutto che un Paese ad alto rischio instabilità è riuscito a imporre la propria linea al più virtuoso, la Germania, e a ottenere la facoltà di ricevere aiuti senza condizioni o quasi. Il premier commenta anche l’altro trionfo contro la Germania, quello calcistico: “Sono orgoglioso del successo della nazionale italiana. Domenica sarò a Kiev per la finale”. Con i partner europei l’appuntamento è il 9 luglio, quando l’Eurogruppo, la riunione dei Paesi dell’euro, dovrà stabilire come attuare gli accordi raggiunti in questa lunga notte. Che molti dei partecipanti al summit sperano di poter ricordare un giorno come “la notte che ha salvato l’euro”.

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