“The family”, la famiglia: c’era scritto su una delle cartelle sequestrate dalla cassaforte dell’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito. Era tra la documentazione contabile acquisita dai carabinieri del Noe e dalla Guardia di Finanza nell’ambito del filone napoletano sull’inchiesta. L’ipotesi degli investigatori è che la cartella possa contenere tracce sulle presunte elargizioni ai familiari del leader del Carroccio nell’ambito dell’inchiesta per truffa aggravata e altre accuse. Secondo quanto emerge in queste ore, tuttavia, la “famiglia” potrebbe non limitarsi solo alla moglie e ai figli del Senatur. Ma, in modo più esteso, anche all’ex ministro Roberto Calderoli, alla vicepresidente del Senato Rosy Mauro, al senatore (e segretario d’aula di Palazzo Madama) Piergiorgio Stiffoni.

Il carnet degli assegni: “Umberto Bossi”. Tra i documenti sequestrati ieri a Roma nella cassaforte dell’ex tesoriere c’è anche un carnet di assegni che reca la scritta “Umberto Bossi”. Il carnet, che è relativo al conto corrente della banca sul quale vengono versati i contributi per il Carroccio, è ora all’esame dei pm di Napoli e di Milano. A quanto si è appreso il carnet è stato rilasciato dalla sede genovese della banca Aletti dove sono versati i contributi elettorali della Lega. Gli inquirenti ritengono che dal conto, gestito dal tesoriere finito sotto inchiesta, provengano le somme destinate a spese personali di familiari di Bossi. Nella cassaforte sono state inoltre trovate ricevute che documenterebbero spese affrontate per le esigenze di vario genere di familiari del leader del Carroccio.

“Il ‘nero’ di Bossi al partito”. In una telefonata del 29 gennaio la Dagrada dice a Belsito: “Però tu al capo precisi la cosa del discorso soldi, che Castelli vuole andare a vedere la ‘cassa’ e quelli che sono i problemi, perché comunque tu non è che puoi nascondere quelli che sono i ‘costi della famiglia’, cioè da qualche parte vengono fuori”. E ancora: “Anche perchè o lui, (Umberto Bossi, annotano degli investigatori) ti passa come c’era una volta tutto in nero o altrimenti come cazzo fai tu”. Questa telefonata, annotano gli investigatori, è “indicativa sull’ipotesi di riciclaggio, anche mediante l’utilizzo della ‘cassaforte’ della Lega”.

Nell’intercettazione, si legge ancora negli atti, “si rileva che Nadia parla chiaramente del ‘nero’ che Bossi dava tempo fa al partito. Ovviamente il significato del ‘nero’ è riconducibile alla provenienza del denaro contante che può avere varie origini, dalle tangenti, alle corruzioni o ad altre forme di provenienza illecita e non tracciabile”. Denaro, scrivono ancora gli investigatori, “che poi veniva elargito senza lasciare ‘traccia’ a Bossi ed ai suoi familiari”. Mentre “d’ora in poi, a maggior ragione con le pressioni di Castelli che vuole controllare le spese, Nadia dice che bisogna trovare altre soluzioni per poter continuare a fare ciò”. Quindi, riassumono gli investigatori, “invita Belsito a parlare col ‘capo’, Bossi, per far allontanare Castelli dal comitato amministrativo di gestione ed evitare così i controlli sui conti e sulle ‘uscite’ fatte a favore di Bossi e dei suoi familiari definendoli contabilmente: ‘I costi della famiglia’”.

“Elargizioni anche a Rosy Mauro e Calderoli”. Elargizioni cospicue, spiegano i carabinieri del Noe di Roma nel loro rapporto, sarebbero finite non solo ai familiari di Bossi per “ristrutturazioni, auto, cellulari, schede telefoniche, dentista”, ma anche a favore di Rosy Mauro e del Sinpa (il sindacato padano), della scuola “Bosina” fondata da Manuela Marrone (moglie di Bossi) e al senatore Roberto Calderoli, altro ex ministro leghista.

Sempre agli atti dell’inchiesta gli investigatori scrivono che “rilevanti somme di denaro sono state utilizzate per sostenere esigenze personali e familiari, estranee alle finalità ed alle funzionalità del partito Lega Nord ed a favore di Umberto Bossi, Manuela Marrone, Riccardo, Renzo e Roberto Bossi, Rosy Mauro, Roberto Calderoli, Stiffoni, poi alla scuola Bosina, riconducibili a Manuela Marrone ed al Sinpa ed altri soggetti e strutture citate nelle telefonate ed in corso di identificazione”.

In una telefonata la Dagrada tranquillizza al telefono Belsito sulle somme di denaro a Calderoli. Belsito: “Come giustifico i soldi di Calderoli?”. Dagrada: “Quello non è un grosso problema nell’arco di un anno, non è un problema”. Secondo gli investigatori dalle casse della Lega sono stati sottratti i soldi per pagare 3 lauree, i soldi per il diploma di Renzo Bossi, auto affittate da Riccardo Bossi tra cui una Porsche, le somme per pagare i decreti ingiuntivi di pagamento di Riccardo Bossi, le fatture per l’avvocato di Riccardo Bossi, 300mila euro da destinare alla scuola Bosina di Varese.

“Per entrare nel cda di Fincantieri 50mila euro”. Cinquantamila euro, secondo l’inchiesta, sono finiti al segretario regionale ligure della Lega Francesco Bruzzone. La circostanza emerge da una telefonata tra lo stesso Belsito e il deputato leghista Giacomo Chiappori. I soldi sarebbero stati dati da Belsito a Bruzzone “per farlo entrare nel cda di Fincantieri di Genova, ruolo che effettivamente Belsito ha poi ricoperto”. ”Dopo che l’hai aiutato, che gli haifatto vincere il congresso che non l’avrebbe mai vinto e biribì e biribò e biribò – dice al telefono Chiappori a Belsito, parlando di Bruzzone – questo bastardo si chiama fuori, ‘chi lo conosce Belsito’, perchè ti dico io che l’ha detto, ti dico io che l’ha detto”. “Però – risponde l’ex tesoriere della Lega – 50mila euro che si è preso per Fincantieri se l’è dimenticato questo!….la nomina del Cda eh!”. “Si dimenticano tutto, tutto si dimenticano – conclude Chiappori – questi son dei bastardi”.

Renzo, i faldoni sulla casa e Castelli che “vuole un casino”. Ma c’è un altro profilo che mette sotto la lente uno dei figli, Renzo. “Renzo Bossi e la sua fidanzata, Silvia Baldo, (…) sono stati insieme alla sede della Lega di via Bellerio e si sono portati via i faldoni della casa (ristrutturazioni?) per timore di controlli, visto il periodo critico”. E’ un’annotazione degli investigatori negli atti dell’inchiesta.

“Renzo ha chiamato Marmello – dice Dagrada nell’intercettazione – per vedere se si riusciva a riprendere Luca con loro perché hanno paura per la storia della casa”. I timori dei controlli che hanno indotto Renzo Bossi a portare via i faldoni della casa, probabilmente relativi a lavori di ristrutturazione, emergono da una telefonata del 12 febbraio scorso tra Belsito e la Dagrada.

Degrada: Ecco, quella lì, sono venuti a prendere, Renzo e la fidanzata, tutti faldoni da via Bellerio e li hanno portati via.
Belsito: Ho capito.
Dagrada: Quindi adesso c’hanno parecchia caga.
Belsito: Uhm, però nella caga capisci che l’altro deficiente ci va a nozze.
Dagrada: Infatti, è per questo che ti sto dicendo, visto che comunque lei (Manuela Marrone, moglie di Bossi) di ascendente ce n’ha, dire adesso che questi, che cavolo Castelli c’è da tenerlo d’occhio, sta cercando di scatenare, sotto, sotto, un casino che tutti che vogliono andare a vedere i conti, che vogliono andare a vedere i documenti e questa sarebbe la fine.

Renzo Bossi ha replicato alle agenzie di stampa: “Non ho nascosto alcun faldone, un mese e mezzo fa ho preso nel mio ufficio in via Bellerio due raccoglitori relativi al mio conto bancario personale”.

Le frequentazioni di Renzo. Il giudizio sul “Trota” lo dà sempre la Dagrada, personaggio chiave dell’inchiesta: la donna consiglia a Belsito di farsi tutte le copie dei documenti che dimostrano i pagamenti fatti a favore della famiglia Bossi e di Rosy Mauro e di nascondere gli originali in una cassetta di sicurezza. E avverte: “Quando esce una cosa di questo genere sei rovinato… il figlio di lui (di Bossi, ndr) che ha certe frequentazioni… altro che Cosentino!”.

E’ l’8 febbraio. La Dagrada si riferisce anche alla senatrice Rosi Mauro, vicepresidente a Palazzo Madama e segretaria del Sindacato Padano: “E’ convinta di avere chissà quale potere… Non si rende conto che ormai quest’uomo ha 70 anni… Non ne ha altri dieci davanti, eh!… Per giunta, è vero che continuano a dire ai magistrati di mettere sotto il fascicolo? Ma prima o poi il fascicolo esce, eh!”. E più avanti: “Sì, è così, perchè quando esce una cosa di questo genere sei rovinato! Il figlio di lui (di Bossi, ndr) che ha certe frequentazioni… Altro che Cosentino!”.

“Il fascicolo sulla casa? E’ intervenuto Silvio”. Belsito a quel punto ribatte: “Quindi tu dici che sarà intervenuto il padre”. Dagrada: “E’ intervenuto più Silvio e so che ci sono di mezzo anche alti, ma alti Pd e non è che hanno detto ‘chiudi il fascicolo’ hanno detto ‘manda, ci sono 50 fascicolì, quello era il quinto, gli hanno detto ‘Inizia a farlo scivolare ventesimo’”.

La macchina con la paletta. Poi Dagrada spiega a Belsito che “il figlio di lui” ha la “macchina con la paletta”. Belsito: “Ma ce l’ha ancora?”. Dagrada: “Certo! Paletta e lampeggiante, ci sono le foto! Prese dalle telecamere per eccesso di velocità per giunta”.

“O Belsito pagava o Renzo finiva in galera”. O Francesco Belsito ‘finanziava’ la famiglia Bossi o suo figlio “lo mandavano in galera”. E’ sempre la Dagrada a parlare in alcune intercettazioni telefoniche mentre conversa Belsito: “Adesso gli devi dire: capo, io ti rammento solo una cosa, che i questi anni io ho dovuto tirare fuori, su vostra richiesta, per tua moglie, Riccardo, per Renzo, delle cifre che se qualcuno va a metterci mano fa…. gli devi spiegare che tu vuoi proteggere lui e se altri vanno a vedere queste cose… lui è nei guai. Ma quelle sono cifre, cioè, o tuo figlio lo mandavano in galera… o c’era da pagare”.

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