Gianni Letta apre il caso nel centrodestra – la giornata

Manca poco più di una settimana e le trattative per il Colle dei partiti si intensificano. Il nome in campo rimane sempre e solo uno: Silvio Berlusconi. Ma se il diretto interessato non intende, almeno per il momento, fare passi indietro, i segnali di cedimento si registrano nel suo stesso campo. Ecco perché una delle tappe decisive sarà anche il vertice di venerdì 14 gennaio. Il sostegno degli alleati è “convinto e compatto”, lo ha rassicurato oggi Matteo Salvini. Ma la Lega ha chiesto ormai apertamente di lavorare a un piano b e si intensifica il pressing della coalizione sul Cavaliere perché dimostri da subito, con i numeri, di avere chance di elezione. A far rumore sono le parole di Gianni Letta, il più autorevole dei consiglieri berlusconiani, che invita “i grandi elettori, parlamentari e non”, a “ispirarsi alla lezione” giunta dalla commemorazione in Parlamento di David Sassoli e “guardare agli interessi del Paese e non alle differenze di parte”. Un appello a tutti, ma che in casa Fi in diversi interpretano come rivolto anche allo stesso Cavaliere. Gianni Letta rompe il suo silenzio, pronuncia il suo auspicio per un “clima” di “serenità e armonia”, all’uscita dalla camera ardente di Sassoli. Poi raggiunge Villa Grande, dove trascorre diverse ore con Berlusconi. Tanto è bastato per scatenare i dem: è “un’apertura” secondo il Pd per trattare su un nome condiviso. Tanto che interviene il forzista Gasparri dicendo che “non era una sconfessione”, ma ammette che “la candidatura andrà valutata sul campo”. Chi approva le parole di Letta Gianni è poi Matteo Renzi, e non può essere un segnale da trascurare. Nessun problema tra i due, assicurano da Fi. Nonostante, come ricostruito dall’agenzia Ansa, da settimane le cronache politiche – non smentite – raccontino dei tentativi da parte dello storico braccio destro di convincere il Cavaliere a non andare alla conta in Parlamento, ma fare il regista del nuovo presidente. Sarebbe questo l’auspicio dell’area moderata di Fi, che guarda ai ministri: non escono allo scoperto, per non rompere il fronte azzurro, ma vedono i rischi, anche sulla tenuta del governo, di giocarsi il tutto per tutto.
Intanto a cena Berlusconi ha ospitato Manfred Weber, il capogruppo del Ppe, che gli porta “il totale sostegno della famiglia del Partito popolare europeo”. A villa Grande continua a tenere aggiornato il pallottoliere, con i capigruppo: il centrodestra conta sulla carta circa 450 grandi elettori, ne mancano quindi una sessantina alla maggioranza assoluta, ma ne servono di più, se si vuol stare al sicuro dai franchi tiratori. “Oggi abbiamo tre voti in più, siamo a circa venti voti oltre il centrodestra ma la situazione è molto difficile”, ammette Vittorio Sgarbi, attivissimo al fianco del Cavaliere. Ma è difficile che Berlusconi ceda subito, quindi il vertice con Salvini, Giorgia Meloni e i capi dei partiti centristi non dovrebbe essere risolutivo. Non passa inosservato, in questa chiave, l’annuncio della presenza lunedì a Strasburgo, per la commemorazione di Sassoli, di Mario Draghi, oltre a Enrico Letta e Berlusconi, quasi fosse un crocevia della ‘maggioranza Ursula’. Intanto dal fronte dem e M5s cercano il dialogo: “In queste ore c’è qualche elemento di dialogo positivo, ma siamo appena all’inizio”, dice il segretario Pd, che prosegue i suoi contatti che dovrebbero portarlo a incontrare anche Renzi. E in campo resta Draghi, insistono i dem, dopo che il veto di Salvini sul governo – e sul trasloco del premier al Colle – è caduto.



