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Draghi resta a Palazzo Chigi. Possiamo dire che ci convince il suo governo dei Migliori? No

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Dopo la mattanza di candidature improbabili e indigeste – a parte quella di Sabino Cassese, un costituzionalista di sicura fede democratica e quella di bandiera di Luigi Manconi – la riconferma di Sergio Mattarella a Capo dello Stato è un finale di partita quanto mai rassicurante. Scongiurate le elezioni politiche anticipate o un nuovo governo messo su in fretta, al buio o quasi, in caso di elezione di Draghi al Quirinale, sul medesimo tandem guidato da Mattarella continuerà quindi a pedalare anche l’attuale premier. Una doppia buona notizia per un’Italia in mezzo al guado del Pnrr, le cui risorse vanno spese secondo le regole e i tempi dovuti, o dovranno essere restituite. Vuol dire che ci convince l’attuale “governo dei migliori”?

Al di là dell’importante stima internazionale di cui gode il premier, la risposta non può che essere “no”, per alcune buone ragioni. A partire dall’imbarazzante ministro alla “finzione ecologica” Roberto Cingolani, inadatto a guidare la strategica transizione energetica ed ambientale, come evidenzia anche la mancata esplicita opposizione, a nome del governo, all’inclusione di nucleare e gas metano tra le tecnologie e fonti energetiche certificate green dall’Unione europea; per proseguire con il deludente ministro alle Infrastrutture e mobilità sostenibile Enrico Giovannini, portavoce di Asvis (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile), incline a riesumare progetti sul modello Lunardi; passando per la discutibile gestione centralistica del Pnrr, che vede il governo trattare direttamente con gli enti locali bypassando le Regioni che potrebbero invece contribuire positivamente a garantire una migliore visione d’insieme; fino alla indisponibilità a supportare finanziariamente in modo adeguato la sanità pubblica, mentre cresce indisturbata la spesa militare, che nel 2022 tocca 25,82 miliardi di euro (26,49 miliardi considerando anche i costi indiretti), con un aumento di 849 milioni rispetto alle stesse valutazioni sul 2021, pari al più 3,4% rispetto al 2021 (e al più 11,7% sul 2020 e più 19,6% sul 2019).

Travolti dalle uscite straordinarie per far fronte alla pandemia Covid, “piangono” inascoltati i bilanci delle Regioni che più hanno fatto, a prescindere dal colore politico delle maggioranze che le guidano. Una situazione che mette a rischio le risposte da dare ai cittadini, che vedono allungarsi le liste d’attesa per visite specialistiche e oncologiche, allontanarsi gli appuntamenti per interventi chirurgici, e sottodimensionato il supporto psicologico nelle strutture pubbliche, mentre si diffonde a macchia d’olio nel Paese il disagio psichico innescato dalla pandemia.

Anche la prospettata riforma fiscale criticata da Cgil e Uil evidenzia dei profili di iniquità inaccettabili. Grave anche l’assenza, tra le priorità del Pnrr, del risanamento dell’area padana, un territorio tra i più inquinati d’Europa con gravi ripercussioni sulla salute dei cittadini (si contano decine di migliaia di decessi prematuri ogni anno). Bene quindi Mattarella. Più che migliorabile Draghi.

Il resto dei candidati, veri o presunti, al Quirinale resti là dove fortunatamente si è inabissato. Lasciando dietro di sé, nel centrodestra e nei 5stelle, molto più della proverbiale scia di divisioni, con le leadership di Conte e Salvini oggi ai minimi storici. Dal nostro punto di vista, un’altra buona notizia.

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